L’entusiasmo di Renzi per la Colombia

È «piena di colori, entusiasmo, vita» ha scritto il presidente del Consiglio nel "diario di bordo" del suo viaggio in America Latina

Fonte immagine: Flickr
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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi è in visita in questi giorni in vari paesi dell’America Latina. È partito dall’Italia venerdì 23 ottobre e terminerà il suo viaggio oggi, il 28 ottobre. Matteo Renzi è stato in Cile, Perù, Colombia e Cuba e su Facebook sta tenendo un “diario di bordo” in cui racconta le sue impressioni su ogni posto visitato. In Colombia, dove si trova in questi ultimi giorni di viaggio, Renzi ha partecipato ad una conferenza economica che si è tenuto a Bogotà, la capitale del paese, ha visitato una scuola italo-colombiana, ha incontrato il presidente colombiano Juan Manuel Santos, e ha visitato il Congresso. Parlando della Colombia nel suo “diario di bordo” Renzi l’ha descritta così:

Che paese fantastico è la Colombia. Piena di colori, entusiasmo, vita. E sono rimasto molto colpito dal fatto che, innanzitutto, mi hanno accolto studenti e dirigenti di due scuole italiane (Leonardo da Vinci e Alessandro Volta): davvero si capisce da certi particolari che l’educazione è tutto e che il nostro futuro sta nella scelta di valorizzare il capitale umano.

La nostra presenza culturale qui è sempre stata molto forte: sono stato il secondo fiorentino a mettere piedi nel Congresso colombiano, ma solo perché il primo fu … l’architetto che lo costruì, Cantini. Invece la presenza economica e commerciale ha margini di miglioramento pazzeschi. Possiamo e dobbiamo fare di più e credo che la missione guidata dal viceministro Carlo Calenda produrrà ottimi risultati. Intanto Enel ha concluso i lavori di una enorme diga, a Quimbo, con la quale fornirà il 5% dell’elettricità dell’intero paese, confermandosi un’eccellenza mondiale nell’idroelettrico e nelle rinnovabili.
Ma la cosa che più mi ha colpito è stata ascoltare il racconto di italiani che hanno scelto la Colombia mezzo secolo fa. Per esempio il signor Sebastiano, che ha lasciato la Puglia alla fine della riforma agraria e ha raggiunto Bogotà. Per anni ha sofferto, facendo il campesino e cercando di tirare avanti. Ma non si è mai arreso e nel 1980 la svolta, con una piccola azienda che è cresciuta sempre di più. Adesso ha 35 società e oltre settemila dipendenti, risultato che non avrebbe mai creduto possibile da giovane perito agrario di Andria. Una terra che ti permette di inseguire i sogni e magari realizzarli è una terra che merita un grande rispetto. E ascoltando Sebastiano – come altri – ho pensato alla capacità di accogliere persone diverse, lontane, differenti. Noi viviamo spesso sottomessi alla paura, alla demagogia. Penso a quando i migranti erano i nostri nonni, ai loro incubi, alle loro difficoltà. E alla gratitudine verso chi li accoglieva. Naturalmente la Colombia vive una stagione di grande intensità politica. Io stimo molto il presidente Santos, uomo coraggioso: siamo due fan della terza via clintoniana. Ma come dice Juan Manuel lui e io siamo sostenitori della “Terza via con allegria”.
La Colombia di Santos ha scelto la pace e non è facile perché è come scrive il grande Garcia Marquez in Cent’anni di solitudine: “È più facile cominciare una guerra che finirla”. Santos sta provando a mettere la parola alla guerra interna, con le Farc. Lo considero un gesto di grande intelligenza e coraggio in un paese in cui praticamente non esiste una famiglia che non abbia una vittima, un sequestrato, una ferita personale da questo conflitto pluridecennale. Mi diceva il presidente: sai, Matteo, non è facile tracciare il confine tra pace e giustizia. Ma quando finisci una guerra questa è la cosa più importante: tracciare un confine tra pace e giustizia. Ho garantito l’impegno dell’Italia nel post conflitto, a cominciare dallo sminamento (la Colombia è il secondo paese al mondo per mine disseminate e l’Italia è leader mondiale nello sminamento, altro record tricolore che non tutti conoscono).
Questa parte del mondo sta scrivendo una pagina di storia. Lo dimostra l’accordo con le Farc in Colombia. E lo dimostra Cuba dove concluderò la missione. È come se in queste zone del mondo la storia facesse gli straordinari. E la politica riprendesse la dignità in un mondo che altrimenti sembra dominato solo dai numeri, le statistiche, l’economia. La politica può cambiare le cose come sta accadendo in Colombia. E come accade a Cuba da dove scriverò domani l’ultima pagina di questo diario di viaggio.