Qual è la decisione del consiglio di stato sui matrimoni gay celebrati all’estero

Le loro trascrizioni nei vari comuni italiani sono illegittime: la legge prevede una differenza tra i sessi

Roma, 28 gennaio 2015 (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Roma, 28 gennaio 2015 (FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Il 26 ottobre, il consiglio di stato – l’organo giurisdizionale che si occupa della tutela dei diritti dei privati nei confronti della pubblica amministrazione – ha stabilito che le trascrizioni negli archivi di stato civile dei comuni italiani degli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso contratti all’estero sono nulle. Per i giudici, il matrimonio omosessuale è privo «dell’indefettibile condizione della diversità di sesso fra i nubendi», le due persone che si vogliono sposare.

Il 18 ottobre del 2014 il sindaco di Roma Ignazio Marino aveva fatto la trascrizione nei registri di stato civile dei matrimoni celebrati all’estero di 16 coppie gay che ne avevano fatto richiesta al comune. La decisione di Marino seguiva una soluzione simile già adottata un mese prima dal sindaco di Bologna Virginio Merola, e poi seguita anche dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia e da altri in base a quel principio di reciprocità per cui due persone sposate in Spagna o nel Regno Unito sono sposate anche in Italia, e viceversa.

Nel frattempo, il ministro degli Interni Angelino Alfano aveva espresso parere contrario sostenendo che le trascrizioni erano contrarie alla legge italiana e non avevano pertanto alcuna validità giuridica. Alfano aveva anche fatto circolare un documento tra tutti i prefetti, affinché venissero annullate d’ufficio eventuali trascrizioni nei registri di stato civile di matrimoni gay celebrati all’estero. Nella circolare inviata ai prefetti il 7 ottobre 2014, si evidenziava la non conformità della trascrizioni dei comuni alle leggi italiane. Si diceva inoltre che “la disciplina dell’eventuale equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli celebrati tra persone di sesso diverso” rientra “nella competenza esclusiva del legislatore nazionale”. La circolare riportava anche la “diversità di sesso” come requisito per ritenere giuridicamente valido il matrimonio.

L’allora prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, basandosi sulla circolare del ministero dell’Interno, aveva annullato il provvedimento del sindaco Marino e la stessa cosa aveva fatto il prefetto di Bologna: due coppie e lo stesso Comune di Roma avevano presentato tre distinti ricorsi amministrativi al TAR. E il TAR del Lazio – così come altri quattro TAR – aveva stabilito che l’annullamento delle trascrizioni nei registri comunali dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero poteva essere disposto solo dall’autorità giudiziaria ordinaria (quindi da un tribunale civile) e non dal ministro dell’Interno o dal prefetto.

Il consiglio di stato ha sostanzialmente accolto gli argomenti di Alfano (i matrimoni omosessuali non possono essere trascritti per lo stesso motivo per cui in Italia non possono essere celebrati) e ha ribaltato la sentenza dei TAR: i prefetti hanno il potere di «autotutela sugli atti adottati contra legem dall’organo subordinato». Infine, i giudici hanno stabilito che negli atti europei o nei trattati internazionali non è presente alcun «diritto fondamentale al matrimonio omosessuale» che possa risultare vincolante anche per le autorità italiane. La sentenza è valida per le trascrizioni effettuate in tutti i comuni italiani.

Il ministro Alfano ha accolto con entusiasmo la sentenza, mentre le associazioni per i diritti LGBT, oltre ad aver contestato nel merito la sentenza perché «il verdetto si regge su una interpretazione errata del diritto civile e costituzionale», hanno accusato il giudice Carlo Deodato, relatore della sentenza del consiglio di stato, di aver condiviso sul suo account Twitter proclami e articoli di associazioni prolife e esplicitamente contro il matrimonio gay.