Perché si parla di nuovo della legge Severino

La Corte Costituzionale ha respinto un ricorso di Luigi de Magistris, e in qualche modo la sentenza riguarda anche De Luca e Berlusconi

Luigi De Magistris a Napoli (LaPresse - Marco Cantile)
Luigi De Magistris a Napoli (LaPresse - Marco Cantile)

La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso contro la retroattività della cosiddetta legge Severino presentato dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris: la Corte ha valutato quindi che è legittimo sospendere un amministratore locale dal proprio incarico a causa di una condanna (anche non definitiva) sulla base di una norma approvata dopo la sentenza che ha stabilito quella stessa condanna. Il sindaco di Napoli rischia la sospensione, ma oggi la sua questione potrebbe risolversi; potrebbero esserci delle conseguenze a breve anche per il presidente della Campania Vincenzo De Luca e di riflesso anche per Silvio Berlusconi. Andiamo con ordine.

La decisione della Consulta
La cosiddetta legge Severino, entrata in vigore alla fine del 2012, disciplina l’incandidabilità e la decadenza dei politici eletti. La legge impone «l’immediata sospensione dall’incarico su richiesta del prefetto e del ministero dell’Interno per un periodo di almeno 18 mesi» nei confronti degli amministratori pubblici condannati anche solo in primo grado per una serie di reati, tra cui quelli contro la pubblica amministrazione.

Su alcuni articoli della legge ci sono però dei dubbi di legittimità costituzionale: è la famosa questione della retroattività, il fatto che la legge si possa applicare o no anche a presunti reati commessi prima della sua approvazione. Nei diversi casi presentati finora, l’orientamento dei tribunali amministrativi regionali (TAR) è stato abbastanza univoco: accogliere i ricorsi degli amministratori locali, “sospendere le sospensioni” e rimandare il tutto alla Corte Costituzionale, che sul caso di de Magistris si è pronunciata ieri.

Le motivazioni della decisione si sapranno solo tra qualche settimana. Diversi giornali ipotizzano però che nell’interpretazione della Consulta la sospensione possa essere giustificata da una norma successiva ai fatti per cui si viene condannati perché non si tratta di una sanzione che punisce il condannato una seconda volta, ma una tutela dell’interesse pubblico.

Le conseguenze per De Magistris
Nel settembre del 2014 Luigi de Magistris, ex magistrato e attuale sindaco di Napoli, era stato condannato in primo grado a un anno e tre mesi di reclusione per abuso d’ufficio in conseguenza della sua conduzione dell’inchiesta “Why Not”, portata avanti fra il 2006 e il 2008: era accusato di avere ottenuto, da pubblico ministero, i tabulati telefonici di alcuni parlamentari senza averne legittimità.

De Magistris era stato sospeso dal prefetto di Napoli per effetto della cosiddetta legge Severino e aveva presentato ricorso al TAR. Un mese dopo la sospensione, il TAR della Campania aveva disposto il reintegro di de Magistris (aveva cioè deciso una «sospensiva della sospensione») sollevando una questione di incostituzionalità. La stessa decisione era stata presa dal tribunale civile di Napoli. Entrambi i provvedimenti sospendevano l’efficacia del provvedimento del prefetto fino al giudizio della Consulta: nel frattempo De Magistris ha potuto continuare a fare il sindaco.

La sentenza della Consulta potrebbe però avere poche conseguenze per de Magistris. Oggi, mercoledì 21 ottobre, c’è infatti l’udienza che chiuderà il suo processo in appello: De Magistris potrebbe essere assolto dall’accusa di abuso d’ufficio, vedere prescritto il suo reato o rinunciare alla possibilità della prescrizione. Nei primi due casi cadrebbero i motivi della sospensione.

Le conseguenze per De Luca
Lo scorso gennaio, quando era sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca era stato condannato in primo grado a un anno di prigione per abuso d’ufficio relativo al caso della realizzazione di un termovalorizzatore; la condanna prevedeva anche l’interdizione per un anno dai pubblici uffici. De Luca era quindi decaduto per alcuni giorni dall’incarico di sindaco di Salerno, come previsto dalla legge, ma poi aveva presentato ricorso al TAR contro la sospensione e i giudici del TAR gli avevano dato ragione, reintegrandolo in tempi brevissimi in attesa di una pronuncia definitiva della Consulta.

Nel frattempo De Luca si era candidato per il PD alla presidenza della Campania e aveva vinto le elezioni nel maggio del 2015: la legge Severino impedisce di candidarsi a politici condannati in via definitiva, limitandosi invece a un’eventuale sospensione, successiva all’elezione, in caso di condanne non ancora definitive. Alla fine di giugno, dopo il suo insediamento, De Luca era stato nuovamente sospeso, ma aveva fatto ricorso al tribunale ordinario per chiedere a sua volta la sospensione degli effetti della legge Severino in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale. Lo aveva vinto e aveva potuto cominciare a esercitare le sue funzioni di presidente.

L’udienza della Consulta relativa al ricorso di De Luca non è stata ancora fissata, ma la decisione presa ieri sulla retroattività potrebbe riguardare anche lui. In realtà il caso di De Luca è leggermente diverso da quello di de Magistris (come ha ribadito lo stesso De Luca ieri, dopo l’annuncio della sentenza della Consulta) e il suo ricorso riguarda anche altri aspetti della Severino: la presunta incostituzionalità dell’applicazione retroattiva della legge, la disparità di trattamento tra consiglieri regionali e parlamentari (per questi ultimi non scatta alcuna sospensione in caso di condanna non definitiva) e l’eccesso di delega da parte del governo. La legge che regola incandidabilità e sospensioni è una legge delega, cioè una legge che fissa alcuni paletti entro i quali il governo è libero di legiferare tramite, appunto, i decreti legislativi: per De Luca, nel 2012, ci fu un “eccesso di delega” e il governo andò oltre l’indicazione del Parlamento prevedendo la sospensione anche per l’abuso di ufficio. Dalla sentenza della Consulta sulla retroattivià la posizione di De Luca risulta quindi indebolita, ma non ancora risolta.

Conseguenze per Silvio Berlusconi?
Silvio Berlusconi è decaduto da senatore dopo la condanna in via definitiva a 4 anni di reclusione per evasione fiscale nell’ambito del processo Mediaset. La legge Severino prevede la decadenza dei parlamentari condannati in via definitiva per alcuni particolari reati, compresi quelli per cui è stato condannato con conferma della Cassazione Silvio Berlusconi. La Consulta ha chiarito che per la Costituzione italiana la retroattività è valida, ma l’ex PresdelCons ha presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo.