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  • Sabato 17 ottobre 2015

Quanto viene pagato un articolo online?

Anna Momigliano su Studio ha raccolto pareri diversi e fatto un po' di conti, cercando di andare oltre le discussioni sul "giusto prezzo"

(AP Photo/Emilio Morenatti)
(AP Photo/Emilio Morenatti)

Anna Momigliano ha pubblicato sul sito di Studio una raccolta di interviste a direttori di quotidiani online italiani per capire in che modo i quotidiani online si reggono in piedi dal punto di vista economico. Una delle parti più interessanti dell’articolo contiene dati e riflessioni su quanto fa guadagnare ciascun articolo al giornale che lo pubblica, e di conseguenza quale sia il margine per pagare chi lo scrive: è un problema di cui si discute da anni, senza però molti dati o pareri diversi a disposizione. Secondo i calcoli di Momigliano, «la Rpm, o revenue [entrata] pubblicitaria per mille visualizzazioni, in Italia varia in media tra i 7 e i 15 euro»: significa che un articolo letto da diecimila persone – un numero molto alto, per gli standard italiani – rende all’editore “appena” 150 euro, con le conseguenti ricadute sul compenso che riceve chi l’ha scritto. Fra i giornalisti contattati da Momigliano ci sono Giovanni De Mauro di Internazionale, Christian Rocca di IL, Federico Sarica di Studio e il peraltro direttore del Post Luca Sofri.

La questione è relativamente semplice, ma non per questo facilmente risolvibile. E cioè: 1) c’è fame di buoni contenuti su Internet, e i clic dei lettori lo dimostrano; 2) per forza di cose, i buoni contenuti costano tempo e denaro; 3) in mancanza di un oggetto da vendere e in un sistema italiano in cui i paywall sono difficilmente applicabili, il modello tradizionale vorrebbe che la fonte principale di reddito per i media sia la pubblicità (certo, per i media di carta vendite e abbonamenti sono soltanto una delle fonti di introiti, ma è già qualcosa). Il problema è che, 4), la pubblicità su Internet per il momento non paga a sufficienza, tanto che molte media company, da Internazionale al New York Times, ancora finanziano il web con la carta. 5) A complicare tutto questo ci sono i grandi social network, che stanno sempre più monopolizzando non solo la distribuzione dell’informazione, ma anche il mercato pubblicitario. 6) Come se non bastasse, gli ad blocker rendono il mercato pubblicitario online ancora più difficoltoso.

Abbiamo fatto due conti. Quanto guadagna un editore da un articolo fatto bene? Stando ai dati che abbiamo, la Rpm, o revenue pubblicitaria per mille visualizzazioni, in Italia vari in media tra i 7 e i 15 euro. Dipende dal sito: più hai un pubblico mirato e un tuo prestigio, più sale la Rpm. Significa che per ogni mille clic su un articolo, tra banner vari e pubblicità di “seconda chiamata” (quella di Google, per intenderci), arrivano tra i 7 e i 15 euro. Pensiamo a un sito di alto livello e con un’identità solida: un pezzo forte, con diecimila visualizzazioni, cioè molte, da un punto di vista strettamente monetario vale 150 euro.

Ci vuole poco a capire che non basta per pagare bene chi lo scrive e coprire gli altri costi, come il tempo del redattore che lo edita e posta. «Un editore può pagare un pezzo poco perché, stando così le cose, un pezzo rende poco», concorda Sofri. «Faccio un esempio: io so giudicare che, nel migliore dei casi, un pezzo mi renderà 27, o 34, o 58 euro di introiti pubblicitari, molto più comunemente meno. Questo significa che posso offrire a chi me lo propone 50 euro al massimo. Il problema è che, se è un pezzo che richiede molto lavoro, offrire 20 o 30 o 50 euro non ha semplicemente senso, conviene lasciare perdere». È una delle ragioni per cui il Post commissiona raramente articoli esterni, e quando lo fa, tiene conto di essere in perdita: «Ne può valere la pena, non sono semplici capricci, ma un discorso che uno si fa per tenera alta la qualità dell’offerta».

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