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  • Venerdì 16 ottobre 2015

La scrittrice intervistata da Obama

E non il contrario: si chiama Marylinne Robinson, vive in Iowa ed è una sorta di teologa puritana

Marilynne Robinson saluta Barack Obama all'imbarco dell'Air Force One all'aeroporto di Des Moines, nell'Iowa.
(AP Photo/Andrew Harnik)
Marilynne Robinson saluta Barack Obama all'imbarco dell'Air Force One all'aeroporto di Des Moines, nell'Iowa. (AP Photo/Andrew Harnik)

Marylinne Robinson è una scrittrice americana, bianca, che Barack Obama ha intervistato – lui ha intervistato lei, non viceversa – e con cui si è fatto fotografare lo scorso 14 settembre a Des Moines, in Iowa, lo stato americano dove lei vive e lavora. La trascrizione della prima parte del colloquio – che si può anche ascoltare su iTunes – è stata pubblicata sul sito della New York Review of Books, un’importante rivista letteraria statunitense, mentre la seconda parte uscirà sul prossimo numero, tra quindici giorni. È un’intervista dal tono colloquiale piuttosto originale, con Obama che fa domande lunghe e Robinson che dà brevi risposte. Obama inizia dicendo: «Ci è venuta questa idea: perché non fare quattro chiacchiere con qualcuno che mi piace proprio e vedere cosa ne esce? E tu eri la prima della lista». «Molte grazie», risponde Robinson. Obama prosegue: «Come sai, te l’ho già detto, io amo i tuoi libri. Alcuni ascoltatori possono non averli letti finora, il che è una buona cosa, perché, mi auguro, dopo questa conversazione usciranno di casa e li compreranno».

Marilynne Robinson è nata a Saindpoint, nell’Idaho, nel 1943. Ora vive ad Iowa City e collabora con molte riviste statunitensi, tra cui Harper’s MagazineNew York Review of Books e Paris Review of BooksNon ha scritto tantissimo, alcuni saggi e quattro romanzi: Housekeeping (1980), Gilead (2004) – per cui nel 2005 ha vinto il Pulitzer –, Home (2008), e Lila (2014). Soltanto due sono già stati tradotti in italiano: Gilead e Casa. Entrambi sono ambientati nella cittadina di Gilead, che si trova in Iowa, sono pubblicati da Einaudi nei Supercoralli, e tradotti da Eva Kaupmann. Il terzo romanzo della trilogia, Lila, uscirà il 10 novembre (sempre per Einaudi e tradotto da Kaupmann).

lila

«Il tuo primo libro che ho preso, proprio qui in Iowa, è stato Gilead – le dice Obama – uno dei più meravigliosi che hai scritto. In quel periodo ero in campagna elettorale, e quando mi spostavo da una città all’altra avevo molti tempi morti. Quindi noi due abbiamo avuto una “Iowa connection“, perché Gilead è ambientato in Iowa». Obama continua dicendo: «Te l’ho detto: uno dei miei personaggi preferiti è un pastore di Gilead che si chiama John Ames, che è gentile ed educato, e un pochino confuso su come riconciliare la sua fede con i guai che la sua famiglia deve affrontare». I guai del reverendo Ames dipendono dal fatto che sta per morire. Per questo decide di scrivere una lettera al figlio di sette anni e raccontargli la storia della famiglia, del nonno e del bisnonno, anche loro pastori a Gilead. Casa, l’altro romanzo di Robinson pubblicato in Italia, è incentrato sulla figura di un altro pastore, Robert Broughton – che in Gilead è il migliore amico di John Ames – e sul ritorno a casa di suo figlio Jack, che mancava da vent’anni e tutti credevano morto. Lila, l’ultimo romanzo della trilogia, racconta l’amore tra John Ames e la sua seconda moglie.

Uno dei temi più presenti e centrali nel lavoro di Robinson è la religione. Robinson è una seguace del congregazionalismo, una corrente della Riforma protestante che si ispira al pensiero di Giovanni Calvino e fa parte del puritanesimo e prevede il sacerdozio anche per le donne. Robinson – che tiene anche prediche nella Congregational United Church of Christ a Iowa City – è stata anche definita da Rowan Williams, 104° arcivescovo di Canterbury e capo della religione Anglicana, «uno dei più importanti romanzieri di lingua inglese del mondo». La religione è al centro anche dell’intervista con Obama, che a un certo punto le chiede: «posso definirti una teologa?».

Obama inizia l’intervista dicendo di aver terminato di recente Fear, un saggio scritto da Robinson in cui affronta, attraverso l’ottica del cristianesimo, «il ruolo che la paura può giocare nella nostra politica, nella nostra democrazia e nella nostra cultura». Nel saggio Robinson spiega che la democrazia si fonda sulla fiducia che si ha negli altri esseri umani, sulla convinzione generale che le persone cerchino di agire per il bene, e su come a suo parere l’essenza stessa della democrazia possa essere minacciata dal complottismo: dall’idea cioè che dietro ogni azione ci siano motivi “sinistri”, reconditi e inconfessabili, in fin dei conti cattivi. Questa fiducia negli altri, per Robinson, è la “buona fede”, fede anche in senso religioso: credere che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza di Dio significa credergli e rispettarlo. Per Robinson, dunque, la democrazia è la forma a cui, per natura, tende la religione. Chi interpreta la propria fede in un’ottica di contrapposizione – e quindi, di paura – «non ha preso la religione sul serio».

Nella lunga intervista Obama e Robinson parlano anche di molte altre cose: l’infanzia della scrittrice e in particolare i suoi genitori, i nonni di Obama in Kansas, gli uffici postali, le scuole e il pronto soccorso, e la distanza tra il modo in cui la politica è rappresentata dai mass media e le persone che dovrebbe rappresentare. Si parla, cioè, di politica a partire dagli uomini, da quello che sentono e da come si comportano, della loro umiltà o prepotenza, onestà o disonestà, e in fin dei conti dalla loro (e nostra) bontà o cattiveria.

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Nella seconda parte del colloquio, pubblicata nel numero del 19 novembre 2015, Barack Obama e Marylinne Robinson parlano di libri, lettura e di come il sistema delle notizie tenda a offrire un’immagine del presente falsata, ma soprattutto così potente da fare scomparire quello che le persone sono e sentono davvero. Il colloquio si conclude, com’era iniziato, con l’affermazione che la democrazia si fonda sulla fede negli altri, sul credere che le loro azioni siano fondamentalmente buono e non nascondano ragioni recondite e cattive.