• Moda
  • Martedì 13 ottobre 2015

Come vanno gli affari di LVMH

Bene con l'aiuto dell'euro, e degli alcolici: nella moda le cose sono meno incoraggianti

Una vetrina di Louis Vuitton nel 2011 a Londra
(Dan Kitwood/Getty Images)
Una vetrina di Louis Vuitton nel 2011 a Londra (Dan Kitwood/Getty Images)

Gli affari del gruppo LVMH, sigla per Moët Hennessy Louis Vuitton, vanno bene soprattutto con l’aiuto della volatilità delle valute internazionali: lo evidenziano i dati delle vendite pubblicati dalla stessa società, che presentano un andamento particolarmente positivo nel settore del vino e dei superalcolici, mentre la moda continua a fare più fatica. Sono i due settori su cui si distribuiscono essenzialmente le attività del gruppo. In generale LVMH ha registrato una crescita complessiva nelle vendite del 16 per cento nell’ultimo trimestre e i ricavi organici, cioè quelli conteggiati a prescindere dagli incentivi dei cambi internazionali, sono cresciuti del 7 per cento (LVMH non pubblica dati trimestrali sui profitti).

LVMH è una holding francese operante nel settore dei beni di lusso e controlla una sessantina di marchi di prestigio in tutto il mondo, che vanno dalla moda agli accessori fino a vino e liquori passando per orologi, gioielli e cosmetici. Possiede ad esempio Louis Vuitton, Kenzo, Celine, Fendi, Marc Jacobs, Givenchy, Moët & Chandon, Dom Pérignon, Hennessy, tra gli altri. È stata creata nel 1987 con la fusione di due firme, Louis Vuitton e Moët Hennessy per l’appunto.

I dati diffusi da LVMH mostrano che le entrate sono cresciute del 16 per cento solo nell’ultimo trimestre: un risultato a cui LVMH è arrivata grazie alla debolezza dell’euro e alla vendite soprattutto nel settore del vino e dei superalcolici, che hanno bilanciato il rallentamento subito dalla moda.

Il Wall Street Journal spiega che nell’ultimo trimestre LVMH ha ottenuto entrate di 8,58 miliardi di euro di entrate guidate da una crescita nella divisione dei liquori, che include marchi come Moët Champagne e Hennessy cognac: solo questo settore ha avuto un aumento del 26%, pari a 1,2 miliardi di euro, nel trimestre da inizio luglio a fine settembre. La crescita organica nella divisione vino e alcolici è stata del 16 per cento.
LVMH ha anche detto che il solo volume di Hennessy cognac è cresciuto del 12%, sempre nel terzo trimestre, grazie ad una forte domanda in Cina e a un momento positivo di vendite negli Stati Uniti.

L’ampio divario tra crescita organica e complessiva (7 per cento contro 16 per cento) evidenzia come un basso valore dell’euro abbia aiutato l’industria del lusso in Europa. Con un cambio favorevole, le vendite all’estero valgono ancora di più una volta riconvertite in euro, mentre la volatilità delle valute spinge gli acquirenti cinesi verso l’Europa occidentale e il Giappone, visto che i prezzi di borse e altri accessori sono significativamente più alti nel loro paese, a causa delle tasse e del cambio.

Ed è proprio la volatilità delle valute, unita agli effetti della campagna anti-corruzione di Xi Jinping, a rendere meno soddisfacenti i guadagni del settore della moda, che ha mostrato una crescita organica solo del 3%, pari 2,94 miliardi di euro, minore rispetto al 5 per cento della prima metà dell’anno e minore anche delle stime che la davano intorno al 6 per cento.
Quella cinese è una situazione in comune a molte aziende del lusso come Gucci e le altre del gruppo Kering, Prada, ma anche Ermenegildo Zegna, che hanno in Cina il loro mercato principale e devono confrontarsi con la sua economia rallentata e le misure anti-corruzione che hanno frenato gli acquisti.

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