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  • Sabato 3 ottobre 2015

Il caso del sacerdote gay e il Vaticano

Krzysztof Charamsa ha detto al Corriere di avere un compagno, per il Vaticano non potrà più svolgere alcuni suoi incarichi: e domani comincia il Sinodo dei vescovi

Krzysztof Charamsa, a sinistra, e il suo compagno Eduard. (AP Photo/Alessandra Tarantino)
Krzysztof Charamsa, a sinistra, e il suo compagno Eduard. (AP Photo/Alessandra Tarantino)

Krzysztof Charamsa, sacerdote cattolico, teologo e membro della Congregazione per la dottrina della fede – un’importante istituzione della chiesa cattolica –, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera di essere gay e di avere un compagno. Charamsa, polacco di 43 anni, ha detto al Corriere: «Voglio che la Chiesa e la mia comunità sappiano chi sono: un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso della propria identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l’astinenza totale dalla vita d’amore, è disumana». Sabato mattina, in risposta all’intervista pubblicata sul Corriere, il Vaticano ha detto che Charamsa non potrà più svolgere alcuni dei suoi incarichi a causa delle sue dichiarazioni (anche se avesse avuto una compagna, e non un compagno, Charamsa avrebbe violato le regole del sacerdozio). Federico Lombardi, capo della Sala Stampa Vaticana, ha detto:

«Certamente mons. Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano»

Charamsa ha risposto in una conferenza stampa dichiarando di avere pronto un libro, in italiano e polacco, in cui racconta la sua esperienza: «Devo parlare di ciò che ho subito al Santo Uffizio, che è il cuore dell’omofobia della Chiesa cattolica, un’omofobia esasperata e paranoica»-. Il Santo Uffizio, è l’antico nome con cui era indicata la Congregazione per la dottrina delle fede fino agli anni Sessanta. Fu il Santo Uffizio a condannare Giordano Bruno e Galileo Galilei.

Il caso di Charamsa è arrivato in un momento delicato per Papa Francesco. Domani inizierà a Roma il Sinodo dedicato alla famiglia, una riunione a cui partecipano centinaia di vescovi da tutto il mondo e che discute di temi importanti per la chiesa cattolica. Il Sinodo è un’assemblea consultiva, nel senso che il Papa non è vincolato dalle sue decisioni, ma è comunque considerato un organo le cui opinioni sono molto importanti. Tra i temi che saranno discussi ci saranno il trattamento riservato all’interno della Chiesa ai credenti divorziati, l’aborto, l’atteggiamento da tenere nei confronti delle coppie omosessuali e in generale il rapporto fra Chiesa e società sui concetti di famiglia e sessualità. Nell’ultimo sinodo, terminato un anno fa, i vescovi si erano divisi in maniera piuttosto netta proprio sui due temi più delicati: il riconoscimento delle coppie gay e la comunione ai divorziati.

La dichiarazione di Charamsa – e la risposta del Vaticano – è l’ultimo di una serie di episodi recenti che stanno facendo discutere del rapporto tra la Chiesa e i temi della famiglia e della sessualità. Nell’ultima settimana ci sono state parecchie polemiche a causa dell’incontro tra Papa Francesco e Kim Davis, una funzionaria americana che ha trascorso cinque giorni in prigione per essersi rifiutata di applicare la legge sui matrimoni tra persone dello stesso sesso. Venerdì, dopo giorni di discussioni, la sala stampa vaticana ha precisato che l’incontro è stato un “saluto di cortesia molto breve” e che non deve essere considerato un sostegno alla posizione di Davis. La sala stampa ha precisato che in quei giorni il Papa ha tenuto un’unica “udienza” vera e propria: quella con Yayo Grassi, un suo vecchio alunno, alcuni suoi amici e il suo compagno.

Yayo Grassi ha 67 anni ed è un imprenditore argentino che si occupa di servizi di catering. Grassi ha incontrato il papa nella Nunziatura, una specie di ambasciata vaticana a Washington. I due si sono conosciuti cinquant’anni fa, quando Grassi era uno studente al Colegio de la Inmaculada Concepción, un liceo gestito dai gesuiti (lo stesso ordine a cui appartiene il papa) nella città argentina di Santa Fe. All’incontro, insieme a Grassi e ad altri suoi amici, era presente anche il suo compagno. Grassi ha detto di aver visitato il papa a Roma una prima volta nel settembre del 2013. Quando ha saputo che il Papa avrebbe visitato Washington, Grassi ha chiesto all’ambasciatore vaticano se sarebbe stato possibile incontrarlo di nuovo.

Grassi ha raccontato che l’incontro a Washington è durato tra i quindici e i venti minuti. Il Papa ha detto che avrebbe pregato per lui e il suo compagno e ha chiesto loro di pregare per lui. «Non credo che il Papa volesse dire qualcosa di speciale. È stato solo l’incontro tra un suo vecchio studente e un suo amico stretto». Il New York Times ha notato però la scelta delle parole usate dal comunicato stampa del Vaticano, quello in cui si parlava di Davis e si annunciava che l’unica “vera” udienza era stata quella con Grassi «e la sua famiglia». “Famiglia”, ha sottolineato il New York Times, in questo caso stava ad indicare il compagno di Grassi.