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  • Martedì 22 settembre 2015

L’Unione Europea ha fatto un piccolo passo sulle quote dei migranti

I ministri degli Interni hanno deciso – a maggioranza: è una notizia – di distribuire 120.000 persone che hanno diritto alla protezione internazionale

Centinaia di migranti arrivati col treno a Hegyeshalom, in Ungheria, percorrono a piedi i quattro chilometri che li separano dal confine con l'Austria. (Christopher Furlong/Getty Images)
Centinaia di migranti arrivati col treno a Hegyeshalom, in Ungheria, percorrono a piedi i quattro chilometri che li separano dal confine con l'Austria. (Christopher Furlong/Getty Images)

I ministri degli Interni dell’Unione Europea, riuniti a Bruxelles per la seconda volta questa settimana, hanno deciso a maggioranza la redistribuzione di 120.000 rifugiati tra tutti i paesi dell’Unione, secondo quote proporzionali. La decisione non è ancora definitiva – dovrà essere ratificata mercoledì in un incontro tra i capi di stato e di governo dell’Unione – e non è risolutiva dell’attuale crisi, visto il numero limitato di persone che riguarda: ma è considerato un altro piccolo passo verso un cambiamento dell’attuale sistema dell’immigrazione e dell’asilo nell’Unione Europea – oggi i richiedenti asilo teoricamente devono essere accolti dal paese in cui arrivano – ed è stato deciso in modo piuttosto inusuale a maggioranza e non all’unanimità.

I 120.000 migranti di cui si parla sono tutte persone che hanno diritto alla protezione internazionale (sono rifugiati, insomma) e in questo momento si trovano in Italia (15.600), Grecia (50.400) e Ungheria (54.000, anche se parte potrebbe avere lasciato il paese: eventualmente saranno sostituiti da altri da Italia e Grecia). Le quote sono state stabilite proporzionalmente alle dimensioni dell’economia dei paesi, alla loro popolazione e al numero di richieste di asilo ricevute: questi 120.000 si sommano ai 40.000 decisi in un altro incontro di qualche settimana fa. I trasferimenti dovrebbero cominciare entro i prossimi due mesi; siriani, eritrei e iracheni avranno la priorità sugli altri. I trattati di adesione all’UE del Regno Unito, dell’Irlanda e della Danimarca permettono loro di tirarsi fuori dal piano: solo il Regno Unito ha deciso di farlo, ma ha annunciato che accoglierà in modo indipendente 20.000 rifugiati siriani (i primi sono arrivati già oggi).

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Queste cifre sono molto piccole rispetto alle dimensioni del problema: l’OECD ha detto che quest’anno un milione di persone arriverà in Europa e più di 400.000 si stabiliranno definitivamente; l’ONU ha detto che più di 480.000 migranti sono arrivati nel 2015 soltanto via mare; lo stesso Jean-Claude Juncker ha detto «siamo ridicoli» riferendosi alle discussioni accese per un numero così basso di migranti da distribuire. La decisione però è importante perché rappresenta un altro passo avanti nell’introduzione di un sistema di quote per distribuire i migranti sul territorio europeo – cosa che da tempo chiedono i paesi mediterranei, Italia compresa – e perché è stata inusualmente presa a maggioranza.

Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, infatti, hanno votato contro l’accordo; la Finlandia si è astenuta; la Polonia era data per contraria ma all’ultimo momento ha cambiato idea e ha votato sì. I favorevoli hanno ottenuto quindi una larga vittoria, dal significato soprattutto politico: come scrive il Guardian, questo voto nei paesi dell’Europa centrale potrebbe essere interpretato come “un’operazione di bullismo occidentale e soprattutto tedesco”; dall’altra parte, però, ai nove paesi dell’Europa centrale e dell’est è stato chiesto di accogliere circa 10.000 rifugiati, mentre Germania e Francia ne accoglieranno il doppio (e la Germania ha spontaneamente deciso di accogliere tutti i rifugiati siriani che vorranno chiedere asilo, e potrebbero essere più di 800.000).

I paesi contrari possono ancora fare ricorso sia al Consiglio Europeo che alla Corte di Giustizia Europea (circolano voci non confermate per cui la Repubblica Ceca lo farà) ma non possono rifiutare di attenersi alle decisioni prese a maggioranza dai paesi dell’Unione (anche se il primo ministro slovacco, Robert Fico, ha detto che «non ci saranno quote implementate in Slovacchia finché sarò primo ministro»). I paesi che non si attengono a quanto deciso dalla maggioranza dei paesi membri possono essere soggetti a una sanzione pari allo 0,002 per cento del loro PIL: ma intanto bisognerà vedere se e come i capi di stato e di governo dell’UE confermeranno l’accordo trovato oggi.