C’è una cura per la malattia che trasforma i muscoli in ossa?

Un gruppo di ricercatori è riuscito a inibire la molecola responsabile della "fibrodisplasia ossificante progressiva", ma per ora solo sui ratti

Lo scheletro di una persona affetta da fibrodisplasia ossificante progressiva (Wikimedia)
Lo scheletro di una persona affetta da fibrodisplasia ossificante progressiva (Wikimedia)

Un gruppo di ricercatori ha identificato una molecola che ritengono sia la principale responsabile della fibrodisplasia ossificante progressiva (FOP), una malattia genetica rarissima che porta i muscoli e altri tessuti molli a irrigidirsi e ossificarsi: in sostanza ad assumere una consistenza comparabile a quella delle ossa.

Questa malattia interessa poche migliaia di persone in tutto il mondo, ma i suoi effetti sono devastanti: di solito si presenta nell’adolescenza ed entro i 30 anni chi ne è affetto non riesce più a camminare ed è costretto su una sedia a rotelle. L’ossificazione interessa vari tessuti, compresa la muscolatura che regola la respirazione: con il suo progredire diventa sempre più difficile respirare e la maggior parte dei pazienti non supera i 40 anni di età. Benché interessi una percentuale bassissima della popolazione mondiale, la FOP è comunque molto studiata perché – essendo molto specifica – si pensa che possa aiutare a comprendere meglio i meccanismi delle malattie genetiche.

L’identificazione della molecola responsabile della FOP è merito di Aris Economides e del suo gruppo di ricerca, che lavorano per conto della Regeneron Pharmaceuticals, una società di New York specializzata in biotecnologie e che ha una divisione che si occupa dello studio delle malattie legate all’apparato scheletrico. La causa genetica che porta alla FOP era stata identificata nel 2006: una mutazione del gene ACVR1 porta l’organismo a produrre una versione iperattiva di una proteina che ha il compito di regolare la crescita dei tessuti ossei a livello cellulare. All’epoca non si era però capito quale fosse il meccanismo che portava alla FOP. Ora Economides e colleghi hanno scoperto che a innescare la crescita ossea fuori controllo è un ligando, una molecola che in condizioni normali attiva la proteina che fa crescere i tessuti ossei: nella versione difettosa dovuta alla mutazione genetica, la proteina non interpreta bene il segnale del ligando e continua a dire alla sua cellula di riferimento di moltiplicarsi e creare nuovo tessuto osseo.

In una serie di test di laboratorio, Economides ha utilizzato un farmaco per bloccare l’interazione tra la proteina e il ligando somministrandolo ad alcune cavie con FOP: nella maggior parte dei casi i ratti sono rimasti sani, confermando la responsabilità della molecola nella malattia. Il problema è che la proteina ha a che fare con un sacco di ligandi diversi per varie funzioni e bloccarli tutti sarebbe rischioso negli umani, perché potrebbe inibire altre funzioni cellulari molto importanti. I ricercatori hanno preso in considerazione altri studi sulla FOP e alla fine hanno identificato un ligando che in precedenza era stato scartato perché ritenuto irrilevante nelle dinamiche che portano alla malattia: l’activina A.

Il gruppo di ricerca ha quindi iniziato a testare varie soluzioni per inibire l’activina A nei test sui ratti. Per farlo ha utilizzato un anticorpo monoclonale, un particolare tipo di anticorpi identici fra loro ottenuti dalla clonazione di cellule immunitarie in laboratorio, già prodotto da Regeneron. I risultati sono stati molto incoraggianti: le cavie con FOP hanno smesso di produrre nuovo tessuto osseo superfluo. La scoperta è stata annunciata sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, ma sarà necessario ancora del tempo prima che si possano avviare test clinici su esseri umani. I ricercatori dovranno prima valutare gli effetti nel medio e nel lungo periodo del farmaco e capire se una terapia di questo tipo possa portare a effetti collaterali nell’organismo umano.