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  • Lunedì 31 agosto 2015

La Cina contro chi diffonde “notizie false”

Un giornalista è stato arrestato – e la sua "confessione" trasmessa in tv – con l'accusa di aver destabilizzato il mercato finanziario

Una copia del settimanale "Caijing", per cui lavora Wang Xiaolu, in primo piano in un'edicola di Pechino, il 10 novembre 2009. (WANG ZHAO/AFP/Getty Images)
Una copia del settimanale "Caijing", per cui lavora Wang Xiaolu, in primo piano in un'edicola di Pechino, il 10 novembre 2009. (WANG ZHAO/AFP/Getty Images)

L’agenzia di stampa Xinhua, controllata dal governo della Cina, ha comunicato che il governo ha “preso provvedimenti” nei confronti di 197 persone che hanno diffuso “notizie false” riguardo il recente crollo del mercato azionario cinese e l’esplosione di Tianjin che ha ucciso più di cento persone. Alcune di queste persone sono state arrestate. Le “notizie false” comprendono il suicidio di un uomo a Shanghai dovuto al crollo della borsa e il fatto che le persone morte a Tianjun fossero più di mille. Fra gli arrestati c’è un giornalista, Wang Xiaolu, che lavora per Caijing, una rivista di affari e finanza con sede a Pechino.

Wang Xaiolu è stato arrestato per avere diffuso «false informazioni» che hanno «causato panico e disordine nel mercato finanziario, che hanno seriamente minato le sicurezze degli azionisti e hanno inflitto grandi perdite sia alla nazione che agli investitori». Secondo quanto dice Xinhua, Wang Xiaolu avrebbe confessato: la tv di stato CCTV ha diffuso una sua intervista in cui si scusa con tutti per il suo comportamento. Wang Xiaolu ha scritto a luglio, quando il mercato azionario cinese aveva già perso moltissimo, che il governo cinese stava cercando un modo per tirare fuori dal mercato i fondi amministrati dallo stato per evitare che si svalutassero. La China Securities Regulatory Commission, una commissione che si occupa di regolare il mercato azionario, aveva subito smentito quanto scritto da Wang. Oltre a Wang sono stati arrestati anche alcuni funzionari della commissione.

Il giornale Caijing, per cui scrive Wang, ha detto che difende «il diritto dei propri giornalisti a fare il loro dovere nei limiti della legge». La rivista è da molti considerata una delle poche pubblicazioni indipendenti in Cina e più volte ha criticato l’operato del governo. Nel 2013 il governo cinese ha introdotto una pena che può arrivare fino a tre anni per chi diffonde notizie false. La pena si applica per quegli articoli che vengono condivisi sui social network almeno 500 volte o letti da almeno 5mila persone. Per dare un’idea, già nel 2009 Caijing era visitato da più di tre milioni di utenti unici al mese.

Lunedì 24 agosto la borsa di Shanghai aveva perso l’8,5 per cento in quella che è stata una pessima giornata per i mercati finanziari di tutto il mondo (molti giornali lo hanno chiamato “lunedì nero”). Il martedì successivo però su uno dei principali quotidiani cinesi, il People’s Daily, non c’era nessuna notizia riguardo il crollo in prima pagina. Anzi, scrive il New York Times, non c’era un singolo riferimento all’andamento della borsa in tutte le 24 pagine del giornale. China Digital Times, un sito che si occupa di diffondere notizie sulla propaganda in Cina, aveva pubblicato quella che sembra essere una direttiva del governo su come gestire le notizie sul crollo del mercato azionario. Nella direttiva viene chiesto di diminuire in modo sostanzioso la copertura mediatica del mercato azionario, di non fare analisi approfondite sull’andamento del mercato e di attenersi ai comunicati ufficiali della China Securities Regulatory Commission.