L’economia russa continua ad andare male

I dati dicono che il crollo del prezzo del petrolio, le sanzioni internazionali e ora anche la svalutazione dello yuan stanno mettendo in grossa difficoltà il paese

Persone in attesa di fronte un negozio di cambio a Mosca, in Russia, il 3 agosto, 2015. 
Foto: VASILY MAXIMOV/AFP/Getty Images
Persone in attesa di fronte un negozio di cambio a Mosca, in Russia, il 3 agosto, 2015. Foto: VASILY MAXIMOV/AFP/Getty Images

Secondo gli ultimi dati diffusi dall’istituto di statistica della Russia, gli stipendi nel paese hanno subìto a luglio una perdita di valore del 9,2 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. La misurazione è stata fatta sugli stipendi aggiustati considerando l’inflazione: quelli che in gergo vengono chiamati “salari reali”, che misurano a grandi linee il potere d’acquisto. Le vendite al dettaglio – quelle effettuate dai negozianti ai consumatori finali – sono diminuite dell’8,1 per cento nei primi sette mesi del 2015. Il PIL è crollato del 3,4 per cento soltanto nella prima metà dell’anno. La Russia in questo momento è considerato il paese meno produttivo d’Europa secondo i dati dell’OCSE: cioè quello che produce meno PIL a parità di ore lavorate.

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Gli investitori internazionali non sembrano fidarsi molto delle possibilità di recupero in tempo breve dell’economia russa: nell’asta per la vendita dei titoli di stato del 19 agosto sono stati comprati circa il 60 per cento dei titoli disponibili perché evidentemente gli investitori si aspettavano un tasso d’interesse più alto di quanto il ministero delle Finanze russo fosse disposto a offrire. Anche i contratti derivati che scommettono sull’andamento futuro del mercato prevedono un peggioramento della situazione russa.

Secondo le proiezioni degli analisti, fra i cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), le principali economie emergenti, la Russia è quella da cui aspettarsi il maggiore calo di vendite per le aziende.

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La brutta situazione dell’economia russa – di cui si scrive molto e da mesi – dipende in larga parte anche dal contesto internazionale: la situazione è stata aggravata dal crollo del prezzo del petrolio, dalla svalutazione dello yuan e dalle sanzioni imposte in seguito alla crisi ucraina.

Innazitutto, la Russia è un grande esportatore di materie prime, in particolare di gas e petrolio: per quanto riguarda l’energia è il primo paese esportatore al mondo. Finché il prezzo del petrolio è salito, il PIL della Russia è cresciuto; ora che il petrolio è in crisi, il mercato delle esportazioni russo ne risente molto.

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Inoltre, in seguito alla decisione della Cina di non tenere più fisso il valore dello yuan e al suo immediato deprezzamento, le monete di molte altre economie strettamente legate a quella cinese hanno subìto un forte deprezzamento della valuta nazionale. Tra queste c’è anche la Russia con il rublo. Questo è accaduto perché se due paesi intrattengono intense relazioni commerciali e uno dei due svaluta pesantemente la propria moneta, gli equilibri del loro commercio si alterano ed è necessario che anche la valuta del secondo paese si svaluti perché il commercio torni ad essere conveniente per entrambi. Fino all’anno scorso ci volevano tra i 25 e i 35 rubli per comprare un dollaro, oggi ce ne vogliono circa 66. Questo deprezzamento è alla base della riduzione del potere d’acquisto dei salari mostrato nei dati di luglio 2015.