Invecchiando diventiamo più intelligenti?

Secondo un nuovo studio alcune capacità cognitive – come riconoscere lo stato d'animo delle persone – migliorano dai 40 anni in poi

Albus Silente in una scena dei film di Harry Potter
Albus Silente in una scena dei film di Harry Potter

Siamo abituati a pensare che più invecchiamo più si indeboliscono la nostra forza fisica e, anche se più lentamente, le nostre capacità intellettuali. Un nuovo studio pubblicato a marzo – e discusso di recente sul Wall Street Journal – mostra però che le capacità intellettuali variano nel tempo e che alcune si sviluppano pienamente solo in tarda età.

Da tempo molti gli scienziati analizzano l’intelligenza umana non come un blocco compatto ma come una serie di abilità cognitive raggruppate in due grosse aree: l’intelligenza fluida, che consiste nella memoria a breve termine e nella capacità di risolvere nuovi problemi, e l’intelligenza cristallizzata, che si serve delle competenze, esperienze e conoscenze accumulate. Secondo gli studiosi l’intelligenza fluida raggiunge il suo picco alla fine dell’adolescenza, mentre quella cristallizzata si sviluppi più tardi. Il nuovo studio suggerisce una visione meno dicotomica: l’intelligenza fluida raggiunge il picco più tardi, anche fino ai 30 anni, mentre le abilità cognitive si sviluppano, si assestano e poi declinano in diversi momenti della vita.

Lo studio è stato pubblicato a marzo sulla rivista statunitense Psychological Science ed è stato condotto da Joshua Hartshorne del Massachusetts Institute of Technology (MIT) e da Laura Germine del Harvard and Massachusetts General Hospital. Hartshorne spiega che «circolano due idee in contraddizione: invecchiando si diventa più lenti, e invecchiando si diventa più saggi». Secondo Hartshorne i risultati dello studio dimostrano che «a ogni età si migliora in qualcosa, si peggiora in qualche altra, e ci si stabilizza in un’altra ancora. Probabilmente non esiste un’età in cui siamo al massimo nella maggior parte delle nostre abilità, o al peggio in tutte». Germine aggiunge che la ricerca «dipinge un quadro diverso su come cambiamo durante la vita rispetto a quello descritto finora dalla psicologia e dalle neuroscienze».

Nel 2011 Germine pubblicò uno studio che dimostrava che la capacità di riconoscere le facce migliora fino ai trent’anni prima di declinare gradualmente, e non raggiunge il picco nella tarda adolescenza come invece si pensava. Nello stesso periodo Hartshorne scoprì che anche la memoria visiva a breve termine si sviluppava appieno all’inizio dei trent’anni e non durante l’adolescenza. Gli studiosi decisero quindi di approfondire le loro ricerche e analizzarono i dati dei test sulla memoria e sul quoziente intellettivo (QI) condotti su 2.500 persone di 13 diverse fasce d’età all’inizio degli anni Novanta. Suddivisero le varie capacità cognitive così da capire in quale età raggiungevano il picco massimo: «abbiamo scoperto che non c’è un unico picco per tutte le abilità. I picchi erano un po’ ovunque», dice Hartshorne. A quel punto Hartshorne e Germine continuarono le ricerche attraverso i loro siti internet, gameswithwords.org e testmybrain.org, con test da risolvere in pochi secondi che analizzavano quattro principali capacità cognitive. Internet gli permise di raggiungere 48.537 volontari di un’età compresa tra i 10 e gli 89 anni.

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I risultati delle ricerche mostrano che molti aspetti dell’intelligenza maturano attorno ai 30 anni e non iniziano a declinare dai 18-19 anni in poi, come si pensava. Per esempio la memoria a breve termine migliora fino ai 25 anni, si assesta fino ai 35 e poi inizia a declinare. La velocità nel processare parole e immagini si sviluppa a pieno nell’adolescenza, ma quella di ricordare i volti lo fa verso i 30 anni, e lo stesso accade alla memoria di lavoro, cioè la capacità di ricordare e rielaborare le informazioni.

I due studiosi hanno scoperto che l’intelligenza emotiva migliora in età matura: la capacità di riconoscere le emozioni delle persone osservando solo una foto dello sguardo raggiunge il massimo a 40 anni e non diminuisce fino oltre i 60. Anche il vocabolario che utilizziamo cresce fino ai 70 anni, e non a 50 come si pensava: quest’ultimo dato però potrebbe essere legato al miglioramento dell’istruzione delle persone sottoposte ai test. «Considerato il modo in cui abbiamo deciso di definire l’intelligenza, allora le persone diventano sempre più intelligenti», commenta Hartshorne.

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Questa ricerca è una delle tante che negli ultimi tempi stanno cambiando le convinzioni sulle capacità cognitive dell’età adulta. Un anno fa, per esempio, lo studio di un gruppo di scienziati ha sostenuto che le carenze cognitive degli anziani erano dovute all’accumulo di conoscenza: il cervello da vecchi è più lento perché deve cercare tra più informazioni. Lo studio di Hartshorne e Germine è stato accolto in modo generalmente positivo dalla comunità scientifica, anche per la sua notevole vastità.

In molti l’hanno però criticato perché non segue lo sviluppo delle stesse persone nel corso della loro vita, ma analizza persone diverse in diverse fasce d’età, trascurando fattori importanti come la cultura e l’ambiente circostante. «Penso che ci sia altro lavoro da fare per dimostrare che hanno ragione», ha detto Denise Park, professore del comportamento e scienza del cervello alla University of Texas A Dallas. «Ma questo è uno studio importante e avrà molto impatto sul campo». Gli stessi Hartshorne e Germine considerano la loro ricerca un punto di partenza che necessita di molti altri dati e studi: hanno inventato nuovi test per comprendere meglio lo sviluppo dell’intelligenza sociale ed emotiva e le abilità di linguaggio, e stanno lavorando per rendere pubbliche le loro scoperte. «Abbiamo dimostrato che le teorie esistenti erano tutte sbagliate. Ora la domanda è: qual è quella giusta? Per rispondere dobbiamo fare molti altri studi e raccogliere molti altri dati».