Il video di Mick Fanning che attacca uno squalo

Alcuni esperti contestano che la scena che ha fatto il giro del mondo domenica si possa definire "attacco di uno squalo": casomai il contrario

(World Surf League via AP)
(World Surf League via AP)

Domenica scorsa un video ripreso da una diretta televisiva di una gara di surf in Sudafrica ha avuto una straordinaria diffusione online, con milioni di persone che l’hanno visto e tantissimi siti che l’hanno pubblicato. Il video mostrava i momenti in cui al campione di surf australiano Mick Fanning si avvicinava uno squalo e lo stesso Fanning reagiva al pericolo difendendosi con la tavola e riuscendo ad allontanarsi. I tantissimi siti di news che hanno ripreso la storia hanno parlato di un “attacco” dello squalo (anche il Post), e quasi tutti coloro che l’hanno visto hanno naturalmente associato l’avvicinamento dello squalo a un’intenzione aggressiva e predatoria nei confronti di Fanning.

Ma il sito americano di news Vox ha raccolto mercoledì una serie di pareri di esperti che mettono in discussione la definizione di “attacco” da parte dello squalo e ricostruiscono diversamente l’attitudine e la situazione dal punto di vista dell’animale. Situazione che non si mostra così meno pericolosa per Fanning, ma che suggerisce che si sia trattato più di un attacco di Fanning allo squalo che viceversa.

Ma gli esperti dicono che Fanning potrebbe non essere stato attaccato affatto. E quello che il video mostra è in realtà non tanto l’attacco di uno squalo ma piuttosto una selezione dei molti modi in cui gli umani non capiscono gli squali e sopravvalutano la loro minaccia, contribuendo a mettersi in pericolo.

«I fatti sono che uno squalo, in grande prossimità di una persona, non l’ha morsa, non ha morso la tavola, è scappato via, eppure noi ci siamo scatenati su “attacco di uno squalo”», dice Christopher Neff, che studia il modo in cui l’informazione copre le notizie sugli squali. «Gli squali non si comportano così quando vogliono colpire qualcuno. Non si vedono tutti quegli spruzzi».
E una biologa marina di Cape Town sentita dal Guardian, Alison Kock, pur confermando la pericolosità della situazione, ha detto: «È uno squalo relativamente piccolo, e stando alle immagini che abbiamo visto non sappiamo le sue intenzioni. Sembra che lo squalo volesse uscire da quella situazione rapidamente almeno quanto Mick». Nello stesso articolo Andrew Ingram del National Sea Rescue Institute sudafricano conferma:

«Chiamarlo un attacco è inesatto. Ho guardato molto attentamente il video al rallentatore. Penso che lo squalo si fosse avvicinato a vedere. Si è sentito inseguito e ha cercato di venir via. Se avesse voluto mordere, lo avrebbe fatto. Sono curiosi e intelligenti. Era un animale piccolo e si è spaventato. Se fossi stato in acqua io, ne avrei avuto paura anch’io, ma col senno di poi non penso volesse mordere. Di solito gli squali non vogliono mordere gli umani; sono più gli umani che uccidono gli squali».

Secondo Neff, il racconto di quello che è avvenuto in quei momenti da parte dei media mondiali ha due conseguenze pericolose: rafforzare una sopravvalutazione dell’aggressività degli squali nei confronti degli uomini che può rendere le reazioni in caso di incontri altrettanto pericolose. E confermare un’idea negativa e spaventata nelle opinioni pubbliche che alimenti certe politiche di eliminazione degli squali che rischiano di mettere in pericolo l’esistenza di alcune specie.