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  • Giovedì 23 luglio 2015

Cos’è il caso Sandra Bland

Una donna di 28 anni è morta in cella in Texas dopo essere stata fermata per non aver messo la freccia, e il comportamento della polizia è di nuovo sotto accusa

Una donna posa un mazzo di fiori davanti a una fotografia in ricordo di Sandra Bland collocata nei pressi della Prairie View A&M University a Prairie View, in Texas (AP Photo/Pat Sullivan)
Una donna posa un mazzo di fiori davanti a una fotografia in ricordo di Sandra Bland collocata nei pressi della Prairie View A&M University a Prairie View, in Texas (AP Photo/Pat Sullivan)

Da una settimana media e opinione pubblica negli Stati Uniti discutono molto del caso di Sandra Bland, una donna nera di 28 anni arrestata con l’accusa di avere reagito violentemente contro un poliziotto che l’aveva fermata e morta in una cella in Texas tre giorni dopo l’arresto: secondo le versioni ufficiali, suicidandosi. Familiari e amici dicono che Bland non aveva particolari problemi e stava per iniziare un nuovo lavoro: per questo motivo si chiedono che cosa sia potuto succedere nei tre giorni di carcere di Bland e se ci sia stata una responsabilità da parte della polizia, a partire dall’agente che la fermò per strada il 10 luglio scorso per una violazione minore del codice della strada. Le accuse contro la polizia si sono intensificate negli ultimi due giorni dopo la pubblicazione di alcuni video che mostrano i momenti dell’arresto di Bland.
Il tema è molto seguito perché entra nel sempre più intenso dibattito sulle azioni discriminatorie e spesso violente della polizia nei confronti dei neri, e che nell’estate del 2014 ha portato a grandi momenti di tensione in seguito ai fatti di Ferguson, nel Missouri.

L’arresto
Sandra Bland era originaria di Chicago, Illinois, e si trovava in Texas per iniziare un lavoro come tutor presso un’associazione di studenti della Prairie View A&M University, un’università a servizio delle minoranze. Stava guidando la sua automobile nei pressi di Prairie View, nell’area metropolitana di Houston, quando è stata fermata dall’agente di polizia Brian Encinia con l’accusa di non avere messo la freccia prima di spostarsi da una corsia a un’altra della carreggiata. Un video pubblicato mercoledì dal dipartimento di Pubblica sicurezza mostra l’intera scena, ripresa da una telecamera montata sul cruscotto dell’auto della polizia di Encinia (dal minuto 2).

Nella prima parte del video si vede l’agente che si avvicina all’automobile di Bland, che come previsto dalla legge resta seduta in auto con il finestrino dal lato del guidatore abbassato per poter parlare con il poliziotto. A Bland viene spiegata la contravvenzione e annunciato che sarà emessa una multa, inizialmente i rapporti sono tutto sommato cordiali. Encinia si allontana qualche minuto per fare qualche controllo e quando torna Bland appare innervosita per l’attesa e soprattutto per la multa che dovrà pagare. Le cose si fanno meno concilianti: l’agente chiede a Bland di spegnere la sigaretta che sta fumando, ma lei risponde “sono nella mia aiuto: perché dovrei spegnere la mia sigaretta?”. A questo punto Encinia chiede a Bland di scendere dall’auto, ma Bland si rifiuta di farlo e dice all’agente che la sua richiesta non ha nessuna base ed è illegittima. Encinia prova a farla uscire tirandola di peso fuori dall’auto, Bland oppone resistenza e l’agente tira fuori il suo taser minacciando di usarlo e dicendo altre frasi aggressive contro Bland.

Bland scende dall’auto e viene ammanettata dall’agente: l’arresto avviene fuori dall’inquadratura, ma è possibile sentire Bland che si lamenta per il trattamento che sta ricevendo. Encinia viene raggiunto da un’agente che lo aiuta con l’arresto, mentre Bland tra le altre cose lo accusa di averle tenuto “la testa a terra” aggiungendo poi “ho l’epilessia, figlio di puttana”. Encinia dice alla collega: “ha iniziato a strattonarmi, poi mi ha dato un calcio, quindi l’ho messa a terra”. Nel video questo presunto attacco contro l’agente non è visibile, né lo è in un altro video dell’arresto eseguito da una persona che si trovava nei paraggi. Mercoledì sera sono stati contestati alcuni tagli che si vedrebbero nel video diffuso della polizia, confermando comunque un grande clima di diffidenza.

In prigione
Dopo l’arresto, Bland è stata portata nella prigione di Waller County con l’accusa di avere assalito l’agente di polizia Encinia. Dopo quasi tre giorni in cella, in attesa che il suo caso fosse sentito da un giudice (c’era un fine settimana di mezzo), secondo i responsabili della prigione Bland è stata trovata morta nella sua cella: si sarebbe suicidata utilizzando un sacchetto di plastica per indurre il soffocamento. Gli esami preliminari dell’autopsia sembrano confermare questa versione, ma potrebbero essere necessari altri test richiesti dai legali che rappresentano la famiglia Bland.

La polizia locale ha diffuso un secondo video che mostra le immagini registrate da una telecamera di sicurezza all’interno della prigione nei 90 minuti prima che Bland fosse trovata morta. Il video è stato diffuso per dimostrare che in quel periodo di tempo nessuno è entrato nella cella. Il problema è che le immagini mostrano solamente un corridoio di accesso alle celle e i media statunitensi hanno sollevato qualche dubbio circa la sua autenticità. Il sospetto è che possa essere stato alterato in qualche modo prima di essere diffuso: le memorie del sistema di sorveglianza su cui è stato registrato l’originale sono state consegnate all’FBI, che avrà il compito di verificare se ci siano stati interventi di qualche tipo sulle registrazioni.

In seguito al suo presunto suicidio, amici e familiari hanno avviato una campagna online per chiedere più trasparenza sul caso di Bland. Tra le varie iniziative c’è una petizione su Change.org che chiede al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, quindi a un organismo del governo federale, di intervenire per approfondire la vicenda. È stata anche richiesta l’esecuzione di un’autopsia indipendente per appurare se effettivamente la morte sia stata per soffocamento e non indotta in qualche altro modo.

Benché parenti e amici lo abbiano escluso, ci sono alcuni elementi che fanno ipotizzare che in passato Bland avesse avuto qualche problema. Sui social network confidò ai suoi contatti di avere sofferto di depressione e di un disturbo post traumatico da stress. Nei documenti della registrazione dell’arresto si parla di un tentativo di suicidio, effettuato quando Bland scoprì di avere perso un bambino.