La chiusura del McDonald’s di San Babila

Era l'erede di Burghy, dove negli anni Ottanta nacquero i "paninari" italiani, e lo smobilitamento politico del centro di Milano

Il comico Enzo Braschi nella sua interpretazione del "paninaro" per il programma televisivo Drive-In, nel 1981 (Girella/Lapresse)
Il comico Enzo Braschi nella sua interpretazione del "paninaro" per il programma televisivo Drive-In, nel 1981 (Girella/Lapresse)

Piero Negri racconta martedì sulla Stampa la storia del fast food di piazza San Babila a Milano, dove si formò il fenomeno estetico-sociale dei “paninari” negli anni Ottanta, e che ora McDonald’s ha deciso di chiudere.

Il finale è arrivato all’improvviso, di domenica pomeriggio: intorno alle 14,30, a fine turno, ai quasi cinquanta dipendenti del McDonald’s di piazza San Babila a Milano è stato comunicato che il ristorante avrebbe chiuso per sempre. Il contratto d’affitto non verrà rinnovato.
Una bella scocciatura per chi lavora lì, che sarà trasferito altrove, la fine di un’epopea per una generazione intera, quella cresciuta negli Anni Ottanta, l’ultima generazione dall’immaginario condiviso. Qui, tra i primissimi Anni Ottanta e domenica scorsa, sorgeva il primo fast-food di Milano. Qui, all’incrocio tra corso Europa e largo Toscanini, con vista su piazza San Babila, si incontravano i paninari milanesi.
Scarpe Timberland, stivali Frye, calze Burlington, jeans Americanino o Emporio Armani, felpe Best Company, i proverbiali Moncler, giubbotti «bomber» oppure Schott, borse Naj Oleari, moto Zündapp KS125WK oppure Vespa PX 125 o le Jeep Renegade come oggetti massimi del desiderio. Ebbene sì, i paninari si definivano con gli oggetti che consumavano e questa era la grande novità.

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