La Corte Suprema degli Stati Uniti ha difeso l’utilizzo di un controverso metodo per eseguire le condanne a morte con l’iniezione letale, in Oklahoma

Da alcuni anni, a causa della crescente difficoltà di reperire sostanze adatte per le esecuzioni delle condanne a morte, diversi stati come l’Oklahoma e la Florida hanno adottato una formula che prevede l’iniezione di tre diverse sostanze ai condannati: un sedativo (midazolam), un agente paralizzante (vecuronio bromuro) e del cloruro di potassio in dose letale per fermare il battito cardiaco. Il guaio è che il midazolam si è rivelato una sostanza molto inaffidabile: è rimasto noto il caso di Clayton Lockett, un condannato a morte che il 29 aprile del 2014 è morto dopo tre quarti d’ora di agonia. I querelanti del caso esaminato dalla Corte Suprema, tre condannati a morte dell’Oklahoma, sostenevano che l’utilizzo del midazolam violasse l’ottavo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che vieta l’utilizzo di pene «crudeli».