• Mondo
  • Domenica 28 giugno 2015

Chi era l’attentatore del resort in Tunisia

Si chiamava Seifeddine Rezgui e aveva 24 anni: ora si discute se abbia avuto dei complici e di come sia arrivato alla spiaggia dell'hotel

Venerdì 26 giugno un uomo armato ha attaccato l’hotel Imperial Marhaba di Susa, in Tunisia, uccidendo 38 persone. L’attacco è stato rivendicato dall’ISIS (o Stato Islamico) ed è stato il più grave attentato nella storia del paese. Il governo tunisino ha annunciato la chiusura di 80 moschee definite “radicali” e ha aumentato la sorveglianza di siti archeologici e turistici, anche con l’aiuto dell’esercito. L’attentatore, identificato da un serie di siti e account twitter vicini all’ISIS con il nome di guerra di Abu Yahya al Qirawani, è stato ucciso dalla polizia mezz’ora dopo l’inizio dell’attacco. Abbiamo messo insieme le cose che si sanno di lui e quello che è emerso finora sulla dinamica dell’attentato.

Al Qirawani
Il vero nome di al Qirawani è Seifeddine Rezgui, 24 anni e un diploma di una scuola tecnica. Prima di compiere l’attacco a Susa, Rezgui frequentava l’università di Qayrawan, in Tunisia, dove studiava ingegneria. Possedeva un passaporto ma non lo aveva mai utilizzato per andare all’estero. Non aveva mai avuto problemi con la polizia e non era mai finito su nessuna lista di “sospetti terroristi” delle forze di sicurezza tunisine. Il primo ministro della Tunisia, Habib Essid, ha detto che il suo è stato l’attacco di un “lupo solitario” e che al momento non risulta alcun legame tracciabile tra Rezgui e l’ISIS. Le informazioni emerse finora non spiegano come abbia fatto un “lupo solitario” a procurarsi il fucile d’assalto e delle granate con cui ha compiuto l’attentato.

Di certo c’è che Rezgui non era molto pratico di quelle armi: secondo diversi testimoni intervistati da alcuni siti di news internazionali, si è comportato in maniera piuttosto impacciata soprattutto nei primi minuti dell’attacco. «Sembrava non sapere come maneggiare un’arma così pesante», ha raccontato un testimone al New York Times, mentre un altro ha detto al Wall Street Journal: «Rezgui non riusciva a prendere bene la mira». Quasi tutti i proiettili che ha sparato all’inizio dell’attacco sono finiti nella sabbia. Poi però Rezgui ha ricaricato l’arma e ha cominciato ad avvicinarsi ai turisti sparando loro alla testa e al petto da distanza ravvicinata. Molte altre persone sono state uccise o ferite quando Rezgui ha abbandonato la spiaggia e ha iniziato a camminare verso l’albergo. I testimoni hanno descritto il suo atteggiamento “tranquillo” e “professionale”, come se stesse facendo una “passeggiata” (qui c’è una foto ottenuta in esclusiva da SkyNews che lo ritrae mentre cammina sulla spiaggia, prima di cominciare a sparare). Arrivato alla piscina dell’albergo, Rezgui ha lanciato una granata verso i turisti che stavano cercando di fuggire. Pochi minuti dopo ha lanciato una seconda granata all’interno di un stanza dove si erano nascoste molte persone.

Ci sono dei complici?
Il percorso compiuto da Rezgui è abbastanza chiaro perché molti tunisini, come il bagnino dell’hotel e alcuni venditori ambulanti, lo hanno seguito a distanza senza venire colpiti. Durante l’attacco Rezgui ha parlato solo con alcuni connazionali, dicendo di non essere lì per attaccare loro e di allontanarsi dai turisti. Alcuni testimoni hanno raccontato che Rezgui ha sparato in aria per allontanare gli impiegati dell’hotel che stavano cercando di aiutare i feriti dalla spiaggia a fuggire. Dopo essere entrato nell’hotel, Rezgui è ritornato sulla spiaggia e diversi testimoni lo hanno visto mentre parlava al cellulare prima di gettare il telefono in mare. A quel punto Rezgui si è diretto verso una strada laterale che separa l’hotel Imperial Marhaba da un resort vicino. Diversi tunisini lo hanno seguito cercando di farlo ragionare. Pochi minuti dopo Rezgui ha incontrato alcuni poliziotti tunisini che lo hanno ucciso.

Il fatto che Rezgui possedesse un fucile d’assalto e delle granate e che abbia fatto una telefonata al termine dell’attacco sono i due principali elementi che fanno sospettare che abbia avuto dei complici. Anche il fatto che poco dopo l’attacco alcuni account vicini all’ISIS abbiano pubblicato delle fotografie di Rezgui armato fa pensare che probabilmente l’operazione è stata almeno in parte organizzata. Non sembra ci siano dubbi, invece, che Rezgui sia stato l’unico a sparare. Secondo alcune testimonianze, Rezgui potrebbe essere stato aiutato anche nei primi minuti dell’attacco. Repubblica ha intervistato uno dei turisti che si trovavano sulla spiaggia all’inizio dell’attacco. L’uomo, identificato solo come “Petr, un turista russo”, ha detto che la polizia tunisina ha parlato di alcuni terroristi arrivati a bordo di un gommone. Un altro testimone intervistato dal Washington Post ha parlato di un’imbarcazione sospetta arrivata sulla spiaggia pochi minuti prima dell’attacco. L’uomo però ha specificato di non poter collegare con sicurezza l’imbarcazione all’attacco. Queste informazioni, riportate solo da alcuni testimoni, vanno prese con molta cautela. Secondo gran parte delle ricostruzioni, Rezgui è arrivato sulla spiaggia come un semplice bagnante, tenendo la sua arma nascosta in un ombrellone.