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  • Giovedì 18 giugno 2015

Il Parlamento di Hong Kong ha bocciato la proposta cinese per le elezioni del 2017

Avrebbe imposto una rigida preselezione per il ruolo di governatore locale: è una vittoria per il movimento “Umbrella Revolution”

La deputata pro-democrazia Claudia Mo con un ombrello giallo prima del voto in aula sulla riforma chiesta da Pechino, 18 giugno 2015 (AP Photo/Vincent Yu)
La deputata pro-democrazia Claudia Mo con un ombrello giallo prima del voto in aula sulla riforma chiesta da Pechino, 18 giugno 2015 (AP Photo/Vincent Yu)

Il Parlamento di Hong Kong, il Legco, ha respinto un piano di riforme voluto dal governo centrale di Pechino riguardo il contestato sistema elettorale di Hong Kong, una delle regioni amministrative speciali della Repubblica Popolare Cinese. Il piano, relativo alle prossime elezioni locali del 2017, era stato presentato nell’agosto del 2014 e prevedeva, tra le altre cose, l’imposizione di alcuni candidati scelti dal governo cinese tra cui eleggere il governatore locale. Fuori dal parlamento, in attesa del voto, sono state organizzate proteste e occupazioni, come quelle anti-governative che si erano tenute lo scorso anno.

La riforma, preparata dal Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo cinese, avrebbe costretto i circa cinque milioni di elettori di Hong Hong a votare il loro governatore locale scegliendolo tra due o tre candidati preselezionati da una speciale commissione nominata da Pechino (e sarebbero stati gli unici candidati ammessi). La riforma, per essere approvata, doveva ottenere il sostegno di almeno due terzi del Consiglio legislativo di Hong Kong, ma ha ottenuto 28 voti contrari su 70 e otto favorevoli. La maggior parte dei parlamentari vicini al governo ha abbandonato l’aula quando era ormai chiaro che la riforma non sarebbe passata.

Il risultato del voto ha soddisfatto le richieste delle manifestazioni di massa iniziate nel settembre del 2014 e durate circa due mesi e mezzo. Il movimento di protesta – che era stato definito “Umbrella Revolution” per via dei suoi simboli – era formato da varie organizzazioni: la Hong Kong Federation of Students, un’altra organizzazione studentesca, “Scholarism”, il cui leader Joshua Wong era anche diventato sulla stampa internazionale il personaggio più raccontato della protesta, e infine gli attivisti di Occupy Central, un movimento locale di disobbedienza civile che nel giugno del 2014 aveva organizzato un referendum non ufficiale per chiedere elezioni libere. Le manifestazioni avevano portato a occupazioni e a centinaia di arresti.

Molti degli oppositori del provvedimento voluto dalla Cina che hanno dato il loro voto contrario nell’ultima votazione al Parlamento di Hong Kong avevano partecipato alle proteste dello scorso anno e avevano sostenuto che le restrizioni imposte da Pechino avrebbero lasciato gli elettori senza una scelta reale. Il New York Times ha scritto che si tratta comunque di una vittoria parziale, visto che le elezioni del governatore locale del 2017 si svolgeranno con le modalità attuali, ovvero attraverso l’elezione da parte di una maxi commissione che sceglierà il candidato.