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  • Martedì 9 giugno 2015

Come cambierà il Nepal

Dopo anni di trattative tese e complicate, i principali partiti politici hanno trovato un accordo – che definiscono "storico" – per riformare la Costituzione

Discussione all'Assemblea sulla riforma costituzionale, Kathmandu, 22 gennaio 2015 (AP Photo/Niranjan Shrestha)
Discussione all'Assemblea sulla riforma costituzionale, Kathmandu, 22 gennaio 2015 (AP Photo/Niranjan Shrestha)

Dopo anni di trattative, i principali partiti politici del Nepal hanno trovato un accordo su una riforma costituzionale che, tra le altre cose, prevede la creazione di un modello federale e la divisione del paese in otto province. Minendra Rijal, ministro dell’Informazione, ha detto che l’intesa è un «importante passo avanti» e che il terremoto dello scorso aprile e la morte di più di 8.700 persone «ci ha motivati ​​a lavorare insieme».

Il compromesso è stato accettato dai quattro partiti più grandi del paese, mentre i più piccoli si sono opposti ed è probabile che cercheranno nei prossimi giorni di organizzare delle proteste. Tuttavia i principali leader politici hanno parlato dell’accordo come di un momento storico: «La situazione di stallo costituzionale è conclusa», ha detto per esempio Narayan Kaji Shrestha, vice presidente del partito maoista. «Ora ci concentreremo sulla ricostruzione».

L’accordo prevede la creazione di enti di governo a livello municipale e di quartiere composti da rappresentanti eletti (finora esistevano delle forme di governo locale, ma non in forma elettiva). Prevede inoltre la creazione di otto distretti ma nessun cambiamento nell’attuale sistema di governo: resterà insomma il primo ministro con poteri esecutivi e un presidente con funzioni soprattutto cerimoniali e di garanzia. Non è stato però chiarito un aspetto fondamentale, cioè la definizione delle frontiere e di quanto potere matureranno i piccoli gruppi etnici attualmente marginalizzati. L’opposizione maoista vuole infatti una divisione che favorisca alcune comunità storicamente emarginate, ma gli altri partiti sostengono che questo possa portare alla frammentazione del paese e all’inasprimento dei suoi conflitti interni. In base all’intesa, infine, la Camera bassa del Parlamento avrà il 60 per cento dei seggi a elezione diretta e il resto espressi con un sistema proporzionale. La Camera alta invece sarà invece composta da membri tutti eletti con il sistema proporzionale. L’accordo su questo punto è stato raggiunto perché gli ex ribelli maoisti hanno accettato un sistema parlamentare rinunciando alla richiesta di un modello presidenziale.

L’accordo sarà incluso in un progetto di riforma che dovrà essere approvato da una maggioranza parlamentare di almeno due terzi. Dinanath Sharma, portavoce dei maoisti, ha detto che il testo sarà pronto a luglio. A quel punto verrà creata una commissione che avrà sei mesi di tempo per definire i confini interni, i nomi delle otto province e per presentare una proposta da mettere ai voti. Diversi analisti pensano comunque che potrebbero volerci degli anni prima di arrivare alla conclusione del processo.

Arrivare a questo accordo è stato molto complicato. Nel 2006 i ribelli maoisti avevano accettato dopo una lunga ribellione di deporre le armi e di partecipare al processo politico democratico. Due anni dopo era stata eletta un’Assemblea Costituente con un mandato di due anni. Questo termine era stato prorogato più volte poiché i partiti non erano riusciti a trovare un accordo sulla nuova costituzione, soprattutto sulla divisione del paese in unità politiche più piccole. Dal 2008, dunque, l’Assemblea Costituente funziona come un Parlamento. Lo scorso gennaio il dibattito sulla riforma era finito con i deputati dell’opposizione maoista che lanciavano sedie e microfoni contro il presidente dell’assemblea. C’erano state proteste anche nelle piazze: a Kathmandu era stato indetto uno sciopero generale, c’erano stati degli scontri con la polizia e decine di arresti.