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  • Sabato 6 giugno 2015

In Turchia si è votato un nuovo Parlamento

È cominciato lo spoglio delle schede: secondo i primi risultati parziali il partito del presidente Erdoğan è andato molto male

(BULENT KILIC/AFP/Getty Images)
(BULENT KILIC/AFP/Getty Images)

Aggiornamento 18:35 – Secondo i primi dati parziali, l’AKP è sotto al 50 per cento e intorno ai 250-270 seggi su 550. I curdi dell’HDP avrebbero oltrepassato la soglia di sbarramento. Se questi risultati saranno confermati queste elezioni sarebbero una grave sconfitta politica per il presidente Erdoğan e metterebbero fine a un periodo durato 13 anni in cui il suo partito ha governato da solo. Con questi numeri, infatti, per formare un governo sarà necessario una coalizione. Al momento sono stati contanti il 47,66 per cento dei voti, quindi il risultato potrebbe ancora cambiare.

Oggi in Turchia si è votato per le elezioni parlamentari, le più «incerte da dieci anni a questa parte» secondo Selin Girt, corrispondente da Istanbul della BBC. Lo spoglio è già cominciato e i primi risultati sono attesi nel corso della sera di domenica. Di recente il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP la sigla in turco), il partito al governo di orientamento islamico moderato e guidato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, è sceso molto nei sondaggi. Anche se negli ultimi anni l’AKP ha dominato la politica turca, le elezioni potrebbero rimetterne in discussione il ruolo nel paese. Uno dei problemi che potrebbe dovere affrontare l’AKP è legato alla legge elettorale in vigore in Turchia. Una piccola differenza di voti potrebbe determinare scenari molto diversi tra loro: può portare a una larghissima maggioranza in Parlamento o alla necessità di formare un governo di coalizione, che sarebbe il primo da 13 anni a questa parte.

L’obiettivo di Erdoğan è di ottenere una maggioranza che garantisca al suo partito i due terzi dei parlamentari, in modo da poter modificare la Costituzione senza dover passare per un referendum. Erdoğan è accusato dai partiti di opposizione di limitare la libertà di stampa e di voler trasformare la Turchia in un’autocrazia. I sondaggi dicono invece che l’HDP – il Partito dei curdi, la più grande minoranza etnica del paese che spesso si è scontrata con il governo – è in crescita e che potrebbe ottenere un risultato storico. Un buon risultato dell’HDP potrebbe anche impedire la vittoria alle elezioni del partito di Erdoğan. L’incerta situazione politica delle ultime settimane ha contribuito a produrre un clima di grande tensione in tutta la Turchia, con attacchi alle sedi dei partiti e persino attentanti durante i comizi dei candidati.

La riforma della Costituzione
Il punto più importante da tenere d’occhio durante le elezioni di domenica è se l’AKP riuscirà a ottenere la maggioranza di due terzi dei parlamentari che gli serve a modificare la Costituzione senza bisogno di passare per un referendum. Erdoğan parla di riformare la Costituzione da diverso tempo, ancora prima che venisse eletto presidente lo scorso anno con il 52 per cento dei voti. Non ha mai specificato cosa vorrebbe che contenesse la nuova Costituzione: ha solo detto che serve per trasformare il paese in una “presidenza esecutiva”. La Turchia attualmente è una democrazia parlamentare dove sulla carta il presidente – come in Italia – ha un ruolo soprattutto simbolico: in realtà Erdoğan viene considerato il politico più potente di tutto il paese. La riforma di Erdoğan sembra avere l’obiettivo di trasformare il paese in una repubblica presidenziale, “formalizzando” una situazione già esistente.

L’opposizione accusa da tempo Erdoğan di avere tendenze autoritarie. Nel 2013 Erdoğan ordinò una durissima repressione delle manifestazioni anti-governative cominciate nel parco Gezi a Istanbul e ha fatto bloccare più volte Twitter e YouTube in tutta la Turchia. Il governo ha avuto anche un atteggiamento durissimo nei confronti dei giornalisti. Più di cento persone sono state denunciate nell’ultimo anno per aver offeso il presidente della Repubblica – cioè lo stesso Erdoğan. Questa settimana un procuratore ha chiesto l’ergastolo per un direttore di giornale che aveva pubblicato la notizia di come i servizi segreti turchi avessero armato alcuni jihadisti siriani.

Erdoğan è stato anche accusato di corruzione e di sprechi. Tra la fine del 2013 e il 2014 una grande inchiesta sulla corruzione ha coinvolto molti alleati del presidente che ha risposto rimuovendo, trasferendo o licenziando decine di funzionari di polizia e magistrati responsabili di aver condotto l’indagine. Poco prima di essere eletto presidente della Repubblica, Erdoğan ha fatto costruire un nuovo palazzo presidenziale con più di mille stanze che oggi è uno dei palazzi più grandi del mondo. L’opposizione lo ha accusato di megalomania e di aver sprecato il denaro pubblico. Questi gesti eccentrici, insieme ai frequenti attacchi di ira (una volta è stato ripreso mentre picchiava un contestatore), hanno spinto diversi critici a sostenere che Erdoğan non sia più del tutto in possesso delle sue facoltà mentali.

Come andranno le elezioni?
A causa del particolare sistema elettorale turco, una piccola differenza nel voto potrebbe determinare due scenari completamente diversi: un parlamento senza maggioranza, oppure un AKP con più di 330 seggi su 550, una super maggioranza. I due scenari sono determinati dal fatto che la Turchia ha un sistema elettorale proporzionale con una soglia di sbarramento al 10 per cento, la più alta del mondo. La differenza sarà fatta dall’HDP, il principale partito dei curdi, minoranza che rappresenta, secondo le stime più ampie, il 20 per cento della popolazione turca.

È la prima volta che l’HDP si presenta alle elezioni: in precedenza i curdi si sono quasi sempre candidati come indipendenti per evitare di dover affrontare la soglia di sbarramento al 10 per cento. Attualmente i sondaggi danno l’HDP proprio intorno al 10 per cento. Se l’HDP dovesse superarla, otterrà probabilmente 50 seggi, abbastanza da togliere la maggioranza dei voti all’AKP e da costringerlo, per la prima volta dopo 13 anni, a formare un governo di coalizione. Se invece dovesse fallire, i suoi voti saranno distribuiti in maniera proporzionale tra le altre forze politiche, aumentando così le possibilità che l’AKP raggiunga la maggioranza dei due terzi. La possibilità che l’HDP oltrepassi la soglia di sbarramento è percepita come un avvenimento storico, osteggiato tanto da Erdoğan quando dalle forze nazionaliste e di estrema destra. Diversi uffici del partito e comizi dei suoi leader sono stati attaccati nelle ultime settimane. Venerdì 5 maggio una bomba ha ucciso due persone che assistevano a un comizio del leader del partito e ne ha ferite altre 100.

E gli altri partiti?
Gli ultimi sondaggi danno l’AKP poco sopra il 40 per cento, quasi dieci punti sotto il risultato ottenuto alle politiche del 2011. Il Partito Repubblicano (CHP), un partito laico e socialdemocratico, è dato intorno al 25 per cento, mentre il Partito Nazionalista (MHP), una formazione della destra nazionalista laica, è dato intorno al 13 per cento. Erdoğan e il suo partito hanno costruito il loro consenso su un boom economico che è durato per quasi dieci anni e che, in certi momenti, ha fatto raggiungere alla Turchia un tasso di crescita vicino al 10 per cento. Nel 2014 la crescita è rallentata fino a poco più del 3 per cento, la disoccupazione ha smesso di abbassarsi e la lira turca ha perso in 12 mesi un quinto del suo valore contro il dollaro. Il rallentamento dell’economia, unito alle accuse di corruzione e di spreco di denaro pubblico, hanno probabilmente contribuito ad erodere i consensi di Erdoğan.

Di recente si sono anche inasprite le divisioni all’interno del partito di Erdoğan. L’AKP è una coalizione di molte forze politiche che fino a questo momento sono rimaste unite soprattutto grazie al carisma e alla capacità di Erdoğan di raccogliere voti. Daniel Dombey ha scritto sul Financial Times che in questo momento in cui la parabola di Erdoğan sembra cominciare la sua fase discendente, le divisioni interne al partito stanno lentamente emergendo. Ad esempio, il primo ministro Ahmet Davutoglu sottolinea spesso come in caso di riforma della Costituzione dovranno essere previsti “pesi e contrappesi” per limitare l’autorità del presidente. Secondo Dombey sono pochi i leader del partito davvero entusiasti davanti alla prospettiva di dover gestire un Erdoğan con ancora più poteri. Quindi, anche se l’AKP dovesse ottenere la maggioranza dei due terzi, non è detto che le cose andranno come Erdoğan si aspetta che vadano.

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