Le novità su “Mafia Capitale”, per punti

Gli ultimi aggiornamenti messi in ordine, con i nomi dei principali indagati e le accuse

L'ex consigliere regionale Luca Gramazio durante l'arresto, Roma, 4 giugno 2015 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
L'ex consigliere regionale Luca Gramazio durante l'arresto, Roma, 4 giugno 2015 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Giovedì 4 giugno un’operazione di polizia conseguente all’inchiesta giudiziaria conosciuta come “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale” ha portato all’arresto di 44 persone in Sicilia, Abruzzo e soprattutto nel Lazio. Diciannove sono state portate in carcere e venticinque agli arresti domiciliari, altre 21 risultano indagate. Le accuse formulate dalla procura sono diverse e spaziano dall’associazione di tipo mafioso alle false fatturazioni, passando per la turbativa d’asta, la corruzione e il trasferimento fraudolento di fondi di denaro. Al centro c’è un presunto giro di affari e corruzione legato ai flussi migratori e alla gestione dei campi di accoglienza per i migranti. Tra gli arrestati ci sono consiglieri regionali e comunali sia di destra che di sinistra, funzionari pubblici e manager di cooperative. Le principali cose da sapere, per punti:

– L’inchiesta giudiziaria “Mondo di mezzo” oMafia Capitale aveva già portato a inizio dicembre 2014 all’arresto di 37 persone (e a 101 indagati) per una presunta associazione mafiosa composta principalmente – ma non solo – da esponenti politici di destra e dalla criminalità organizzata romana, che controllavano appalti e finanziamenti pubblici con metodi mafiosi. Il reato al centro dell’inchiesta era appunto l’associazione di stampo mafioso, regolata dall’articolo 416 bis, ed era la prima volta che questa imputazione veniva contestata a persone non appartenenti a organizzazioni con diretto riferimento a mafia, camorra e ‘ndran­gheta.

– I nomi principali emersi durante la prima fase dell’inchiesta erano due: Massimo Carminati, ex terrorista di estrema destra in passato vicino alla banda della Magliana, e Salvatore Buzzi, fondatore della cooperativa di ex carcerati “29 Giugno”. Entrambi sarebbero stati a capo dell’organizzazione romana. Qualche giorno fa il gip ha disposto il giudizio immediato per Carminati e altri 33 imputati coinvolti nella prima fase di arresti. Il processo inizierà a novembre.

– Gli arresti di ieri sono legati alla prima fase dell’inchiesta e sono stati eseguiti dal ROS coordinato dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dai pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli. L’ordinanza di custodia cautelare del gip Flavia Costantini è lunga 428 pagine.

– I documenti dei magistrati parlano di «una struttura mafiosa, cerniera tra ambiti criminali ed esponenti degli ambienti politici, amministrativi ed imprenditoriali locali». Scrive il Corriere della Sera: emerge «l’esistenza di un apparato amministrativo infiltrato e al soldo di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati e dei rispettivi collaboratori. Le contestazioni riguardano fatti recenti, ricostruiti — grazie alle intercettazioni — nel corso degli ultimi mesi e in qualche caso addirittura in seguito alla prima retata del 2 dicembre scorso». Tra i fatti contestati ci sono le aggiudicazioni per una serie di appalti per gestire i profughi, la manipolazione delle assegnazioni per gli immobili in vendita del comune, assunzioni di parenti e amici. I fatti sono stati sintetizzati dai giornali con un’espressione utilizzata in una conversazione telefonica intercettata in cui Salvatore Buzzi parlava di far “mangiare la mucca”: la mucca, stando alla metafora di Buzzi, veniva nutrita attraverso gli appalti e ai politici coinvolti veniva garantita l’adeguata «mungitura», cioè le tangenti.

– La lista delle persone arrestate si può leggere qui. Secondo i documenti, l’«articolato meccanismo corruttivo» emerso durante questa seconda fase faceva capo a Luca Odevaine, vice capo di gabinetto della giunta Veltroni già arrestato lo scorso dicembre che «in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, è risultato in grado di ritagliarsi aree di influenza crescenti» in questo specifico settore. Le nuove accuse a carico di Luca Odevaine nascono da una specie di «doppia vendita» delle proprie funzioni: oltre che a Buzzi e alle sue cooperative, come era già emerso nella prima fase dell’inchiesta, aveva «rapporti di natura corruttiva con esponenti del gruppo imprenditoriale La Cascina», cooperativa vicina a Comunione e liberazione. Odevaine avrebbe ricevuto tangenti per favorire l’assegnazione del Centro assistenza di Mineo (10 mila euro e 20 mila dopo l’assegnazione della gara). Avrebbe poi stabilito una specie di tariffario basato sul numero di migrati accolti nei centri di cui favoriva l’assegnazione. Come spiega il gip Flavia Costantini: «Individua il criterio di calcolo delle tangenti dovute in base al numero di immigrati ospitati nei centri, arrivando a prospettare un vero e proprio “tariffario per migrante ospitato”».

– Nelle decine di intercettazioni raccolte in cui Luca Odevaine parla dell’aggiudicazione dell’appalto per il Centro di Assistenza di Mineo c’è anche il nome dell’attuale sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, ex Forza Italia e ora Nuovo Centrodestra. Castiglione è anche l’ex presidente della Provincia di Catania. Secondo il Corriere della Sera è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Catania per turbativa d’asta.

– Altre persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta sono Luca Gramazio, consigliere regionale di Forza Italia nel Lazio che si era dimesso subito dopo la prima fase dell’inchiesta e che, secondo i magistrati, svolgeva «una funzione di collegamento tra l’organizzazione la politica e le istituzioni: avrebbe ricevuto tangenti per 100 mila euro; Mirko Coratti ex presidente del Consiglio comunale di Roma e esponente del PD che si era autosospeso dal partito lo scorso dicembre; Daniele Ozzimo, ex assessore alla Casa del Comune di Roma, del PD; i consiglieri comunali Massimo Caprari (esponente di Centro Democratico, formazione di Bruno Tabacci) e Pierpaolo Pedetti (PD), presidente tra l’altro della commissione Patrimonio e politiche abitative.

– Dall’ordinanza emerge nuovamente il nome di Gianni Alemanno, già indagato a dicembre per associazione mafiosa. Alemanno avrebbe chiesto aiuto a Buzzi – che a sua volta avrebbe coinvolto il clan ‘ndranghetista dei Mancuso – per la campagna elettorale al Parlamento europeo del maggio 2014. Stando a quanto si legge negli atti, «a fronte di una richiesta di sostegno da parte di Alemanno, sin dalla fine del mese di marzo 2014, in vista delle elezioni europee del 25 maggio 2014, Buzzi aveva espressamente richiesto, tramite Giovanni Campennì, appoggio all’organizzazione criminale calabrese (di cui quest’ultimo è ritenuto espressione), per procurare voti all’ex sindaco di Roma». Alemanno ha negato.