Dentro il padiglione Zero

È il primo che ci si trova davanti arrivando sul Decumano e uno dei più visitati, e ha dentro moltissime cose diverse

(foto Il Post)
(foto Il Post)

Il padiglione Zero è la prima struttura che i visitatori si trovano davanti appena entrati a Expo, è impossibile non vederla: si trova sulla destra del Decumano e ha una grande scritta in latino che dice “Divinus halitus terrae”, cioè “il respiro divino della terra”. Dato che è il primo padiglione, c’è sempre molta gente che entra e si mette in fila per vederlo, ma il percorso all’interno è scorrevole e non si fanno code lunghissime.

Il padiglione è stato progettato da Michele De Lucchi e realizzato dall’artista visivo Giancarlo Basili; copre una superficie di circa 5mila metri quadri. L’idea alla base è rappresentare nelle varie sale un viaggio attraverso la storia alimentare dell’uomo, ma si lega anche al tema delle Nazioni Unite “Sfida Fame Zero. Uniti per un mondo sostenibile”: vicino a ogni esposizione ci sono dei pannelli con una storia legata al tema presentato, che spiegano l’importanza dell’impegno costante per sfamare il mondo.

La prima stanza in cui si entra è quasi spiazzante: i visitatori probabilmente non si aspetterebbero di trovarsi davanti a un enorme archivio di legno, elegante e pieno di cassettoni, che ricorda molto una vecchia biblioteca. Qui è conservata la memoria dei vari riti e delle pratiche dell’alimentazione che si sono succedute nei secoli dell’umanità. Proseguendo si passa sotto un arco per arrivare nella sala successiva, in cui la parete dell’archivio viene utilizzata per proiettare immagini dedicate a caccia, pesca, coltivazione e allevamento. Nella stessa sala è stato ricostruito un grande albero, alto 23 metri, che “buca” il soffitto ed esce oltre il tetto, per sottolineare il dominio della natura sull’uomo.

C’è poi un’installazione molto scenografica che raccoglie i semi utilizzati nelle principali coltivazioni del mondo. I semi sono posizionati sul muro, in contenitori retroilluminati di plexiglass, che ricordano molto un quadro. La sala seguente è dedicata agli animali: ci sono riproduzioni di alcune delle specie che gli uomini hanno allevato o cacciato nel corso dei secoli, dai pesci appesi al muro al bufalo che cacciavano gli uomini preistorici, alle oche e ai conigli. Si passa poi alla sala degli attrezzi, dove sono esposti strumenti e utensili, insieme a un grande mulino, utilizzati per coltivare la terra. Proseguendo si entra in un grande vaso, circondato da anfore e otri provenienti da vari musei, che simboleggiano la conservazione e il trasporto dei cibi nei secoli.

Dopo aver raccontato ai visitatori la storia della caccia, dell’allevamento e dell’agricoltura, si passa all’epoca dell’industrializzazione dell’alimentazione, con un plastico grande circa 320 metri quadrati che mostra come l’uomo ha modificato l’ambiente circostante e ha cambiato il modo di produrre il cibo. Più avanti, nella sala della Borsa, c’è un “muro digitale” che raccoglie le fluttuazioni dei valori e il flusso senza sosta del consumo degli alimenti in tutto il mondo. Una delle installazioni più impressionanti è quella dedicata allo spreco del cibo: ci si trova davanti a una gigante “collina” formata dagli scarti quotidiani, uno dei temi chiave di Expo 2015. Il padiglione Zero si chiude con due sale che vogliono dare speranza: una è dedicata agli esempi positivi di comunità di agricoltori e industrie alimentari, mentre l’altra contiene un video con cinque storie dei migliori progetti di cooperazione per lo sviluppo.