• Mondo
  • Martedì 19 maggio 2015

I treni dovrebbero avere le cinture di sicurezza?

L'incidente ferroviario di Philadelphia ha riaperto una vecchia discussione che riguarda sia la sicurezza che i costi

(Foto di Mark Makela/Getty Images)
(Foto di Mark Makela/Getty Images)

Dopo l’incidente del treno che martedì scorso è deragliato a Philadelphia causando la morte di otto passeggeri – su un totale di 243 – è stata riproposta sulla stampa statunitense una vecchia e spinosa questione: i treni dovrebbero essere dotati di cinture di sicurezza? Il New York Times scrive che questa settimana il governo statunitense dovrebbe riprendere in considerazione il tema: almeno secondo quanto ha detto Ray LaHood, ex ministro dei trasporti.

La questione riguarda principalmente due aspetti: da una parte il ruolo delle cinture di sicurezza nella diminuzione dei rischi durante gli incidenti ferroviari (una questione studiata da fisici e ingegneri) e dall’altra il loro impatto in termini di costi (questione studiata dagli economisti).

Il primo aspetto viene considerato di solito in relazione agli incidenti automobilistici. Nella maggior parte degli incidenti automobilistici la fonte di rischio è data dalla velocità e dall’ostacolo contro cui si va a sbattere. Quando una macchina viaggia ad alta velocità e si scontra con un altro oggetto si genera una decelerazione improvvisa, che provoca a sua volta il movimento veloce e improvviso degli oggetti presenti nella vettura (esseri umani compresi): le cinture di sicurezza in questo caso trattengono il corpo e evitano che si trasformi in una specie di proiettile, pericoloso per se stesso e per gli altri. In questi casi quindi è dimostrato che le cinture di sicurezza diminuiscano effettivamente i rischi. Negli incidenti ferroviari invece le dinamiche sono diverse: i treni deragliano e, considerate le loro dimensioni, la decelerazione che li interessa durante l’impatto (che nella maggior parte dei casi è laterale e non frontale) è inferiore rispetto a quella delle automobili: in questi casi quindi le cinture non garantiscono in generale una diminuzione del rischio e dei danni come accade per le auto.

Si arriva così direttamente al secondo aspetto, cioè l’impatto delle cinture in termini di costi. Il governo statunitense ha valutato che munire tutti i treni di cinture di sicurezza costerebbe troppo, visto che non è stata dimostrata ancora la loro efficacia e visto che, stando alle dinamiche tipiche degli incidenti ferroviari, le cinture di sicurezza di cui andrebbero dotati i treni non sono quelle degli aerei ma quelle delle macchine, e richiederebbero quindi un cambio complessivo anche dei sedili.

Rimane escluso da questi due aspetti un altro fattore rilevante: la tutela della libertà dei passeggeri, che sono abituati a potersi muovere e camminare liberamente durante il viaggio (cosa che possono fare perfino sugli aerei, escluse le fasi di decollo e atterraggio).

Al di là delle casistiche generali, però, l’incidente di martedì ha riaperto la discussione perché secondo i primi risultati dell’indagine condotta dal National Transportation Safety Board (NTSB) – l’agenzia federale che si occupa della sicurezza dei trasporti – il treno stava andando a una velocità di circa 170 chilometri orari, anziché rispettare il limite di 80 chilometri orari previsto per quel tratto di ferrovia. Le dinamiche dell’incidente di Philadelphia sono inusuali: la velocità del treno ha fatto sì che i passeggeri al momento dell’impatto rotolassero lateralmente, causandosi delle ferite che le cinture avrebbero evitato. «In questo caso quindi le cinture avrebbero probabilmente diminuito i rischi dell’impatto – anche se non lo si può affermare con certezza – ma non si può dire lo stesso di molti altri casi», scrive il New York Times.