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  • Martedì 19 maggio 2015

I rohingya sono ancora in mezzo al mare

Alcune centinaia di profughi sono stati salvati dai pescatori, dopo giorni di respingimenti Malesia e Indonesia dovrebbero accogliere loro e gli altri

Migranti a bordo di una barca a sud dell'isola thailandese Koh Lipe, il 14 maggio 2015. (CHRISTOPHE ARCHAMBAULT/AFP/Getty Images)
Migranti a bordo di una barca a sud dell'isola thailandese Koh Lipe, il 14 maggio 2015. (CHRISTOPHE ARCHAMBAULT/AFP/Getty Images)

Aggiornamento del 20 maggio 2015
Circa 400 migranti sono stati recuperati da alcune navi di pescatori nello Stretto di Malacca, al largo della provincia di Aceh in Indonesia, dopo essere stati più volte respinti dalle autorità della Thailandia e della Malesia. Il recupero è avvenuto intorno alle 21 (ora italiana) di martedì e i migranti sono stati portati a Simpang Tiga nella parte orientale della provincia di Aceh. Tra le persone portate a terra dovrebbero esserci anche i migranti rohingya abbandonati per giorni sulla loro nave, e di cui si erano occupati i media internazionali la settimana scorsa facendo conoscere la loro storia.

Si stima che nella zona di Aceh negli ultimi giorni siano arrivati circa 1.500 migranti, per lo più rohingya, mentre non è stato ancora possibile fare una stima precisa di quante persone si trovino ancora in mare sulle barche usate con l’intento di raggiungere l’Indonesia. Nella mattina di mercoledì, il governo della Malesia si è impegnato a offrire rifugio ai migranti.

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Migliaia di persone di etnia rohingya, partite circa dieci giorni fa dal Myanmar, si trovano ancora in mezzo al Mare delle Andamane e le loro – già scarsissime –scorte di cibo e acqua si stanno esaurendo definitivamente. I paesi del sudest asiatico si sono rifiutati di offrire il loro aiuto ai profughi; la Birmania, paese di origine dei rohingya, non vuole assumersi la responsabilità dell’accaduto. I trafficanti che li hanno portati via dal loro paese li tengono praticamente in ostaggio e aspettano che i loro parenti paghino un riscatto che probabilmente non potranno mai permettersi. Solo le Filippine, nonostante la distanza geografica, hanno mostrato segni di disponibilità nei confronti dei rohingya.

I rohingya sono tra le etnie più discriminate al mondo ed è proprio a causa di questa discriminazione che hanno deciso di intraprendere un viaggio lungo, costoso e pericoloso. Vivono prevalentemente in Birmania e sono di religione musulmana, mentre la maggioranza dei birmani è buddista: sono poco meno di un milione in un paese di circa 50 milioni di abitanti. La maggior parte vive nello stato di Rakhine, nella parte occidentale del paese, dove rappresenta circa un quarto dei quattro milioni di abitanti. Oltre alle discriminazioni, portate avanti legalmente dal governo che nel 1982 gli ha revocato la cittadinanza accusandoli di essere immigrati dal Bangladesh, i rohingya devono affrontare anche una serie di tensioni etniche con il resto della popolazione del Rakhine, un gruppo che si chiama a sua volta rakhine e che è stato anch’esso discriminato dal governo.

Queste condizioni di separazione e discriminazione li spingono periodicamente ad abbandonare il paese. Nessuna organizzazione è riuscita ancora a stabilire con certezza e precisione quante barche di rohingya siano in mare in questo momento; si pensa che ci siano almeno 6 mila persone a rischio e le Nazioni Unite hanno stimato che negli ultimi tre anni almeno 120 mila profughi rohingya sono scappati dalla Birmania. Ban Ki-moon, diplomatico sudcoreano e segretario generale delle Nazioni Unite, ha chiesto ai leader dei paesi del Sudest asiatico di accogliere i profughi in nome del diritto internazionale e dell’obbligo di soccorso in mare, ma Malesia, Thailandia e Indonesia si sono rifiutate di offrire i loro aiuti.

Thailandia
Un pescatore thailandese ha raccontato alla CNN di aver visto uno dei barconi e ha detto che “a bordo ci sono moltissimi bambini”. La stessa nave di cui parla il pescatore sembra essere scomparsa: nessuno la avvista da giorni. Gli abitanti dell’isola di Koh Lipe la settimana scorsa hanno raccolto cibo e generi di prima necessità da portare ai migranti, ma sono stati subito ammoniti dai militari thailandesi che pattugliano le acque. Nonostante ciò la Thailandia parteciperà all’incontro che si terrà a Kuala Lumpur domani per parlare della situazione con i governi della Malesia e dell’Indonesia. L’incontro dell’organizzazione ASEAN (associazione delle nazioni del Sud-est asiatico) si terrà invece il prossimo 29 maggio e, dopo anni di noncuranza, affronterà finalmente il tema dei rohingya.

Indonesia
Nonostante il portavoce delle forze militari indonesiane abbia detto alla CNN che “le navi militari controllano le acque indonesiane e non faranno entrare nessuno”, secondo un rapporto della UNHCR i pescatori indonesiani hanno salvato circa 1.300 profughi e li hanno portati in un campo di accoglienza di Langsa nella provincia di Aceh.

Malesia
Il ministro malese ha detto che «la Malesia non può permettersi di aprire le porte ai profughi, perché accoglierne alcuni significa dare un segnale sbagliato anche agli altri e dare il via a un fenomeno inarrestabile». La Malesia collaborerà con gli altri paesi per gestire la situazione e ospiterà il summit di domani.

Filippine
Negli ultimi giorni ha iniziato a circolare la notizia di un possibile aiuto ai profughi rohingya da parte delle Filippine. Il governo filippino però ha smentito l’ipotesi, dicendo che i migranti non saranno accolti ma che verrà fornita loro l’assistenza umanitaria necessaria. Il viaggio per raggiungere le Filippine però è lungo e potrebbe essere molto rischioso.