La storia del bambino senegalese e del crocefisso

Se ne parla da qualche giorno sui giornali italiani, che attribuiscono a motivi religiosi l'aggressione del bambino a una compagna di scuola: ma le cose non sembrano andate proprio così

Negli ultimi giorni i giornali italiani hanno parlato molto di un fatto di cronaca avvenuto a Terni, in Umbria. Secondo le ricostruzioni di questi ultimi giorni, un bambino senegalese di 12 anni da poco arrivato in Italia ha dato una gomitata a una sua compagna di classe perché la bambina non voleva togliersi il crocefisso che portava al collo. La notizia è stata ripresa da diversi politici, come ad esempio il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, ma sulla ricostruzione dei giornali ci sono molto dubbi.

Nelle ricostruzioni fatte da alcuni giornali non è chiaro ad esempio il motivo per cui si è parlato di una motivazione religiosa dietro all’aggressione: alcuni – come il direttore del quotidiano online UmbriaOnhanno scritto che questo dettaglio faceva parte della ricostruzione dei carabinieri, mentre altri lo hanno attribuito allo stesso bambino, che avrebbe borbottato qualcosa nel corso dell’aggressione. Altri ancora hanno scritto che la bambina in passato era già stata minacciata perché indossava il crocefisso. Le uniche a fornire questa ricostruzione sono state la bambina coinvolta nell’aggressione e sua madre: in un’intervista a Repubblica, la stessa bambina ha spiegato: «in precedenza, era successo che Amadou mi aveva sputato, poi il 4 maggio mi aveva dato un altro pugno. Indicava spesso i due crocefissi che abbiamo in classe (prima media, ndr), e poi faceva segno di no con la mano. Voleva che mi togliessi la collanina, me lo ha detto chiaramente».

Il personale della scuola, invece, ha raccontato una storia molto diversa. Secondo la preside e la vicepreside dell’istituto, la religione non c’entra nulla con l’aggressione. Le due dirigenti hanno raccontato che tra i due bambini c’erano già stati screzi nei giorni precedenti e che probabilmente l’episodio della gomitata è stata una conseguenza di normali litigate e dinamiche tra adolescenti. Ma il bambino non parla italiano, quindi è molto difficile che abbia potuto riferirsi al crocefisso o altre questioni religiose. D’altro canto, le sue difficoltà con la lingua, hanno raccontato le due dirigenti, sono il motivo principale dei suoi problemi ad integrarsi e probabilmente sono la causa principale dell’episodio. Secondo i giornalisti di Umbria 24, diversi studenti hanno confermato questa versione.

Per confermare che la religione non c’entra con l’episodio, la vicepreside ha raccontato che alcuni giorni fa il bambino ha abbracciato una maestra che portava un crocefisso al collo. In una foto pubblicata dal Corriere della Sera si vede il bambino giocare tranquillamente in un oratorio proprio sotto a un altro crocefisso. Il Corriere riporta anche le parole che il bambino avrebbe detto a un mediatore culturale: «Da giorni [la bambina aggredita] e altri due ragazzi della prima media mi prendevano in giro, dicevano brutte parole, alzavano le mani, lei stessa molto più alta di me giovedì mi aveva dato una botta in fronte e io l’avevo detto alla maestra, ma invano. Così alla fine ho deciso di rispondere da solo a quelle botte e all’uscita di scuola l’ho colpita. Tutto qui». Anche il padre del ragazzo, in un’intervista a Repubblica, ha negato che l’episodio possa avere a che fare con la religione.