I pannolini di stoffa sono i migliori per l’ambiente?

Probabilmente no, scrive il Washington Post, soprattutto a causa del processo di produzione del cotone

di Kendyl Salcito – Washington Post

21-month old Kasper pushes his stroller through the Bethmannpark in Frankfurt Main, Germany, 20 June 2013. Photo by: Andreas Gebert/picture-alliance/dpa/AP Images
21-month old Kasper pushes his stroller through the Bethmannpark in Frankfurt Main, Germany, 20 June 2013. Photo by: Andreas Gebert/picture-alliance/dpa/AP Images

I pannolini sono stati prodotti per la prima volta in serie nel 1887: erano un rettangolo di cotone lavabile che è rimasto lo stesso per più di 60 anni, finché non ne è uscita una versione usa e getta. Da allora il pannolino di tessuto ha combattuto una battaglia persa contro la sua alternativa più conveniente, e molto più sponsorizzata. Nel 1990 più del 70 per cento dei bambini americani portava pannolini usa e getta; oggi la percentuale è salita al 95 per cento.

Di recente i pannolini in stoffa hanno ricominciato a essere comprati soprattutto da quei genitori che vogliono fare scelte responsabili dal punto di vista ambientale e sociale. «Più verdi» e «più naturali» sono aggettivi con cui i genitori di un forum online di Washington DC descrivono i pannolini di cotone: nel forum si indicano diverse ragioni per cui si dovrebbe tornare a usare i pannolini di stoffa, tra cui ragioni ambientali, costi inferiori sul lungo termine, e benefici alla pelle del bambini, che rimane a contatto con materiali naturali anziché sintetici. Alcuni genitori hanno ammesso che tra le ragioni della scelta c’è anche il senso di colpa e la pressione dell’ambiente circostante. In realtà i vecchi pannolini sintetici potrebbero essere meno dannosi per l’ambiente delle alternative di tessuto, solitamente spacciate come più eco-sostenibili.

Anche se il mercato dei pannolini sintetici e riutilizzabili è in crescita, la maggior parte dei pannolini riciclabili è fatta di cotone: rettangoli di tessuto che si inseriscono in fodere impermeabili. Sia come coltura che come tessuto, il cotone non è né sicuro né rispettoso dell’ambiente, contrariamente a quanto si pensi. La preoccupazione per la sicurezza, legata a sostanze chimiche e coloranti presenti nelle versioni usa e getta, è a discrezione di ciascuno. La fabbricazione di cotone invece richiede così tanto impiego di sostanze chimiche che è stata direttamente collegata a problemi di salute tra gli operai. Per quel che riguarda la sostenibilità ambientale, i dati sul cotone sono terribili. Se “migliore per il pianeta” significa cosa è meglio per i suoi abitanti, c’è tutta una dimensione sociale della produzione di pannolini di cotone che è decisamente più dannosa rispetto agli usa e getta. I fertilizzanti impiegati nei campi di cotone sono tra i maggiori responsabili delle emissioni di gas serra, mentre trasportarlo dalle coltivazioni alle sgranatrici, ai filatoi e ai telai industriali provoca altre emissioni, a cui si sommano i processi ripetuti più volte di riscaldamento e raffreddamento.

Stephanie Hanson, responsabile delle comunicazioni di un’associazione no profit di Washington DC, è anche preoccupata anche della quantità di acqua utilizzata per pulire i pannolini di stoffa, dato che il cotone ne richiede molta per essere lavato. Trenta pannolini di cotone sono sufficienti a coprire circa 4.000 pannolini usa e getta, ma richiedono una quantità d’acqua nove volte superiore a quella utilizzata per i pannolini sintetici. Trenta pannolini di stoffa hanno bisogno di circa 1.221 metri cubi d’acqua per l’irrigazione delle piante, trattamenti vari, la tessitura, la produzione finale e circa due anni e mezzo di lavaggi. Invece l’acqua utilizzata per produrre quei 4.000 pannolini usa e getta è più o meno 141 metri cubi.

Poi c’è l’acqua che viene inquinata dal cotone, dato che è una delle piante per cui vengono utilizzati i pesticidi più pesanti. In India è destinato al cotone circa il cinque per cento del terreno destinato all’agricoltura, ma è responsabile ogni anno del 54 per cento dei pesticidi impiegati in tutto il paese. Questi pesticidi si infiltrano nel terreno e alla fine ritornano in qualche modo alle persone: nel tè, nelle bibite e nell’acqua che bevono. L’industria del cotone ha anche una storia dolorosa e prolungata. Nei principali paesi produttori di cotone – Cina, India, Stati Uniti, Pakistan, Brasile e Uzbekistan – il cotone è legato alla diminuzione dei ricavi dei produttori, all’insicurezza alimentare e allo sfruttamento dei lavoratori.

Questo non vuol dire che i pannolini usa e getta siano promossi a pieni voti per quanto riguarda l’impatto ambientale o sociale. Oggi sono fatti soprattutto di plastica e polimeri ultra-assorbenti. La richiesta di plastica in tutto il mondo è tale che, se un tempo veniva ricavata dal petrolio, ora sono in corso nuovi processi di produzione per realizzarla. Negli Stati Uniti i pannolini usa e getta finiscono soprattutto nelle discariche, dove producono metano, un gas serra venti volte più potente dell’anidride carbonica. Alcune marche di pannolini monouso cercano di risolvere questo problema vendendo pannolini che possono essere utilizzati come concime. Se i genitori non li utilizzano a casa, questi pannolini eco-sostenibili sono responsabili quanto i normali Pampers delle emissioni di gas serra nelle discariche delle città.

I recenti miglioramenti dei pannolini usa e getta spostano l’equilibrio ecologico dalla loro parte. Le aziende che li producono hanno drasticamente ridotto la quantità di petrolio e polpa di cellulosa usata, limitando l’utilizzo dei prodotti derivati dagli alberi e la quantità di materiale che finisce nelle discariche. Negli Stati Uniti il dipartimento governativo che si occupa dell’ambiente sta cercando di convertire il metano in energia e combustibile in circa un terzo delle discariche nazionali, con l’obiettivo di espandere ulteriormente il progetto. Inoltre marche come Pampers e Huggies hanno iniziato a utilizzare alberi soltanto da foreste gestite in modo responsabile e certificato. Huggies sta sperimentando un’iniziativa per usare i pannolini come concime in Nuova Zelanda, e la sta proponendo anche in alcuni paesi europei e in Australia. Per non essere da meno, negli ultimi cinque anni Pampers ha ridotto gli scarti di produzione del 78 per cento, le emissioni di anidride carbonica del 9 per cento, il consumo di energia dell’8 e quello di acque del 4 (come riporta Heather Valento, portavoce della casa madre Procter & Gamble).

Che i genitori scelgano pannolini usa e getta o di stoffa, comunque, la buona notizia è che entrambe sono scelte sempre più responsabili per i consumatori, per il pianeta e per le persone che prendono parte alla produzione. Huggies e Pampers – due tra le più grosse aziende di pannolini a livello mondiale – sono in gara per migliorare i loro risultati a livello sociale e ambientale, mentre i pannolini di cotone stanno adottando lentamente e con passo barcollante la stessa tendenza.

Mentre la produzione convenzionale di pannolini di stoffa è quasi impossibile da registrare, i fornitori responsabili stanno promuovendo i certificati di eticità. Il Global Organic Textile Standard (GOTS) certifica i processi di produzione biologica del settore tessile e richiede inoltre che le condizioni di lavoro siano favorevoli ai lavoratori e che l’utilizzo d’acqua rispetti standard molto severi. Controllare che i parametri vengano rispettati è piuttosto difficile ma i consumatori possono almeno sapere che un fornitore di pannolini di stoffa si sta impegnando a eliminare il lavoro minorile, lo sfruttamento, l’utilizzo di pesticidi e le pratiche di irrigazione inefficienti. Inoltre cercare di aumentare la trasparenza e la responsabilità nella catena di produzione del cotone può spingere anche i genitori che vogliono limitare gli sprechi a scegliere i pannolini di stoffa che si rivelano “socialmente responsabili”. Le industrie tessili sono componenti importanti dello sviluppo economico, e i consumatori che chiedono condizioni di lavoro sicure e stipendi onesti per coltivatori e operai contribuiscono ad assicurare che da questo sviluppo traggano tutti beneficio, non soltanto i ricchi proprietari delle aziende.

© Washington Post 2015
Foto: Andreas Gebert/picture-alliance/dpa/AP Images