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  • Martedì 12 maggio 2015

Sull’immigrazione l’UE fa sul serio?

Cosa sappiamo del documento che sarà presentato domani, con proposte di quote per distribuire i migranti tra gli stati membri, e perché non sono tutti d'accordo

La Commissione Europea sta lavorando a un documento con alcune nuove proposte per cambiare il modo in cui gli stati europei gestiscono il fenomeno dell’immigrazione, accogliendo parte delle richieste formulate nelle ultime settimane dal governo italiano anche in seguito al grave incidente in mare del 19 aprile scorso, in cui si pensa possano essere morte diverse centinaia di migranti. In seguito al naufragio era stato organizzato un vertice straordinario europeo dal quale erano uscite solo indicazioni di massima, che ora la Commissione sta provando a rendere più concrete.

Quote
Il documento sarà presentato mercoledì 13 maggio, ma da un paio di giorni circolano informalmente notizie che ne anticipano il contenuto. Nella bozza della Commissione si fa esplicito riferimento alla necessità che gli stati membri condividano nella pratica il problema, accogliendo i migranti secondo quote prestabilite: si parla infatti di un “meccanismo di distribuzione per le persone che chiaramente necessitano di protezione internazionale per assicurare una partecipazione equa ed equilibrata di tutti gli stati membri a questo sforzo comune”. Oggi invece gli accordi in vigore prevedono che i rifugiati debbano essere accolti dal primo paese in cui arrivano. Per ora non ci sono riferimenti espliciti al numero di persone che potrebbero essere interessate: secondo alcune stime dovrebbero essere almeno 20mila, ma secondo i giornali italiani nella controproposta che sta preparando il governo italiano si parla di almeno 25mila migranti.

È probabile inoltre che dopo il documento di domani la Commissione decida di prendersi altro tempo e che chieda agli stati membri interessati di avanzare le loro proposte entro la fine di maggio. Nella bozza si parla anche della necessità di approvare nuove leggi in ambito europeo “per garantire un sistema di trasferimento obbligatorio e automatico in caso di afflusso massiccio” entro la fine di quest’anno. Il nuovo meccanismo non convince il Regno Unito e diversi paesi dell’est Europa, mentre per ora sembra essere condiviso dal governo tedesco, interessato a tenere sotto controllo i flussi migratori.

Hotspot
Uno dei punti più controversi della bozza della Commissione riguarda i cosiddetti “hotspot”, i luoghi dove si propone di fare lavorare insieme gli agenti della polizia di frontiera con i tecnici e gli esperti di Frontex (l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea), Europol e EASO (l’Agenzia europea per il diritto d’asilo). La collaborazione tra autorità europee e nazionali dovrebbe essere indirizzata più che altro a “identificare rapidamente, registrare e fotosegnalare i migranti in arrivo”.

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Critiche
Diversi stati membri, Italia compresa, non condividono questa impostazione perché porterebbe a cedere parte della propria autonomia in tema di gestione dei flussi migratori. Il ministro dell’Interno italiano, Angelino Alfano, ha commentato ricordando che “l’Italia è uno stato sovrano” e che le forze dell’ordine manterranno la loro autonomia. Più in generale, sull’impostazione del piano europeo, ha contestato il fatto che per ora non si sia parlato con precisione di quanto denaro la Commissione sia disposta a stanziare per affrontare il problema dell’immigrazione: “L’Europa dimostri di essere aperta e solidale, perché sin qui abbiamo fatto tutto da soli”.

Richiedenti asilo
Quasi tutto quello di cui si sta parlando in questi giorni riguarda i “richiedenti asilo”, quindi una particolare categoria di migranti: le persone che scappano da un conflitto o che comunque rischiano la tortura o la prigione se tornassero nel paese da cui sono andati via, e quindi hanno diritto a essere accolte in Europa. La gestione dei richiedenti asilo è regolamentata da “Dublino III” che – semplificando – impone ai migranti che ne hanno titolo di fare richiesta d’asilo nel primo paese dell’Unione Europea in cui arrivano (chi sbarca in Italia può quindi chiedere asilo politico solo al governo italiano). Se la domanda viene accolta si ottiene lo stato di rifugiato, con tutele e aiuti compresi (non sempre) un sussidio, un’abitazione, corsi di lingua e aiuti per l’integrazione.

In teoria, la regola “il primo paese dove arrivi è quello dove fai domanda” mette in una condizione di svantaggio i paesi sulla frontiera dell’Unione Europea visto che sono quelli dove arriva la maggior parte dei migranti. In realtà i paesi con il più alto numero di rifugiati – sia in termini assoluti sia in proporzione alla popolazione – sono Germania e Svezia, due paesi piuttosto lontani dalle frontiere (l’Italia è al terzo posto). Questo è possibile perché, contrariamente a quanto si crede, soltanto una parte dei rifugiati arriva via mare mentre molti arrivano in aereo, spesso con regolare visto turistico, che lasciano poi scadere diventando “irregolari”. È più corretto dire, quindi, che il sistema di Dublino ha portato a una concentrazione di rifugiati sia in alcuni paesi di frontiera, come l’Italia, ma soprattutto in alcuni paesi non di frontiera, come Germania e Svezia, che per motivi storici, economici e culturali hanno attirato un numero maggiore di rifugiati.