Alfano non si deve dimettere, stavolta

Il Manifesto spiega perché venerdì a Milano la polizia è stata l’unica a comportarsi saggiamente: mentre il “movimento” si è “asfaltato" da solo

(FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
(FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)

Luca Fazio ha spiegato sul Manifesto il motivo per cui dopo gli scontri di Milano tra alcuni partecipanti alla manifestazione contro l’EXPO e la polizia, il ministro dell’Interno Angelino Alfano non si deve dimettere. Secondo Fazio, la polizia ha fatto bene a cercare di contenere i manifestanti più violenti senza arrivare allo scontro diretto con tutto il corteo. Ieri anche lo scrittore Roberto Saviano aveva detto di pensarla allo stesso modo. Il movimento che ha organizzato la manifestazione, scrive Fazio, ha perso: non è riuscito a controllare le sue componenti più violente e ha finito con lo sconfiggersi da solo (per leggere tutto l’articolo è necessario registrarsi o entrare con Facebook sul sito del Manifesto: è gratis).

Le fiamme si sono appena spente, c’è ancora tanto fumo per le strade di Milano. A freddo, una volta dato sfogo al pre­ve­di­bile sde­gno, qual­cuno dovrà pur avere il corag­gio di ammet­tere una cosa piut­to­sto sem­plice, che ovvia­mente non nasconde il pro­blema, anzi, ne pone più di uno: è andata esat­ta­mente come doveva andare. Lo sape­vano tutti, era pre­vi­sto da mesi. Non è stata una festa la May­Day 2015 e forse il peg­gio deve ancora acca­dere. In que­sto momento ci sta pure la reto­rica della “Milano ferita”, però sarebbe più utile cer­care di abboz­zare qual­che ragionamento.

I fatti sono noti, è stata la mani­fe­sta­zione più spiata e foto­gra­fata degli ultimi anni. Una parte del cen­tro sto­rico di Milano, quella intorno a piaz­zale Cadorna — era pre­vi­sto anche quello — è stata attac­cata con una furia che non si era mai vista. Auto­mo­bili date alla fiamme, fine­strini man­dati in fran­tumi con una rab­bia dispe­rata al limite dell’autolesionismo, lanci di bot­ti­glie con­tro la poli­zia, vetrine infrante, accenni di bar­ri­cate, negozi sfa­sciati. Silen­zio assor­dante, rumori di cose che si spac­cano, nuvole di lacri­mo­geni e adre­na­lina che sale quando poli­ziotti e cara­bi­nieri si inner­vo­si­scono e sem­brano dav­vero inten­zio­nati a fare sul serio.

La con­fu­sione è tanta, ci sono stati fermi ma non è chiaro quanti, si dice una decina di ragazzi. Ci sareb­bero undici feriti tra gli agenti.

Lo spet­ta­colo è deso­lante, sem­brano imma­gini di un film girato in un altro paese, e ne sono stati già fatti di ragio­na­menti sulla rab­bia cieca di chi si limita a spac­care tutto per cer­care di resi­stere in qual­che modo in un con­te­sto dove è facile sen­tirsi tagliati fuori. A vent’anni soprattutto.

Sono delin­quenti? Può darsi, poi si sfi­lano l’impermeabile col cap­puc­cio — per terra ce ne sono decine — e hanno facce da ragaz­zini qua­lun­que. Sono vio­lenti? Sicu­ra­mente, vio­lenti che si acca­ni­scono sulle cose e non sulle per­sone. Lo scon­tro con la poli­zia è solo mimato, vir­tuale come un video­gioco: viste le forze in campo gli incap­puc­ciati non potreb­bero nep­pure pen­sare di avvi­ci­narsi. La loro vio­lenza è anche stu­pida e vigliacca. Un’auto inu­til­mente spac­cata, mica tutte Fer­rari, signi­fica una per­sona col­pita alle spalle e con l’aggravante della casua­lità. Anche i “black bloc” hanno una mac­china par­cheg­giata da qual­che parte.

A pro­po­sito. Qual­che com­men­ta­tore poco razio­nale, non l’editorialista di Libero o de il Gior­nale, a caldo ha detto che la poli­zia ha lasciato fare e che dovrà rispon­dere della gestione della piazza.

Molto sem­pli­ce­mente, invece, la poli­zia ha agito con grande fred­dezza e intelligenza.

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