Da dove arriva il terrore degli spoiler?

È un concetto recente, nato e alimentato da internet: e forse più che con le serie tv ha a che fare col tempo che passa e la paura di non riuscire a stargli dietro

di Jacob Brogan – Slate

Google può aver rinnegato da tempo la sua promessa di non essere il male – “don’t be evil” era un suo popolare slogan, agli inizi – ma sta ancora cercando di fare qualcosa di buono. In un brevetto depositato di recente, la società si è detta interessata a eliminare uno dei principali motivi di lamentela dei suoi utenti: incappare in uno spoiler, cioè nell’anticipazione non richiesta di una parte fondamentale della trama di un film, di un programma o di una serie tv. Piuttosto che rendere internet più sicuro, però, questo sistema in realtà si limita a minacciare il sintomo di una più vasta malattia, prodotta dalla rete stessa.

In un’epoca di discussioni senza fine, gli spoiler sono l’unica cosa che riesce a farci tacere. Provate a parlare di cosa succede a Mance Rayder nell’ultima puntata di Game of Thrones e tutti quelli che non l’hanno vista vi diranno di stare zitti. Continuate a parlarne e tutti si allontaneranno da voi, colpevoli di non aver rispettato la più importante delle norme sociali contemporanee: il sacro dovere di non fare spoiler.

Nel descrivere il brevetto di Google, il Guardian rivendica che gli spoiler «sono in giro da quando è stata raccontata la prima storia». Ma è davvero così? No. L’idea dello spoiler è sorprendentemente recente e nel suo essere così contemporanea ha a che fare con le nostre ansie sul futuro. In un articolo di Buzzfeed molto documentato, Ariane Lange fa notare che la diffusione degli avvisi sugli spoiler coincide con la diffusione dei decoder che permettono di registrare i programmi in digitale, dello streaming online e di altre tecnologie che consentono di variare il tempo di trasmissione e fruizione di un programma. Sebbene Lange ha certamente ragione a collegare il tasto che permette di mettere in pausa con la nascita dello spoiler, la nostra paura può avere a che fare non tanto con il controllo che apparentemente ci dà quel tasto, quanto con i dispositivi che ci permettono di premerlo.

Prima del Ventesimo secolo, la parola inglese “spoiler” era usata soprattutto in riferimento alla Bibbia di re Giacomo (cioè la versione ufficiale e standard della Bibbia tradotta in inglese), dove aveva il significato di “devastatore”. Nel libro di Geremia, per esempio, si legge: «Il devastatore verrà in ogni città; nessuna città sarà risparmiata. Sarà devastata la valle e la pianura desolata, come dice il Signore». Qui la distruzione è maledetta ma è anche divina, sia perché viene dall’alto sia perché è inevitabile.

Anche se il termine biblico ha valenza profetica, sembra che non si sia riferito alle rivelazioni non volute fino all’arrivo di internet. Molte fonti fanno risalire uno dei primi utilizzi del termine “spoiler” con l’attuale significato al numero dell’aprile 1971 della rivista umoristica National Lampoon. Secondo Nate Freeman del sito culturale The Awl, lo spoiler fa un’apparizione significativa nel 1982, durante una delle prime discussioni online a proposito del secondo film della saga di Star Trek: un utente a un certo punto aveva scritto in maiuscolo “SPOILER ALERT” prima di rivelare alcuni dettagli della trama di un film che era uscito solo quattro giorni prima.

Nei successivi quindici anni il termine si sarebbe diffuso in molte comunità e forum online. In un podcast dedicato a X-Files, Kumail Nanjiani ha rintracciato le occorrenze del termine nelle prime discussioni sulla serie tv, andata in onda nel 1993 proprio mentre internet si stava diffondendo sempre di più. «Seguo la nascita e lo sviluppo delle regole sugli spoiler su internet. Iniziai a notarlo quando nei forum vedevo scritte cose tipo: “Non scrivere niente nel titolo. Segnala con precisione quando anticipi qualcosa della trama”», spiega Nanjiani, riferendosi a uno dei primi episodi.

All’inizio, osserva Nanjiani, alcuni commentatori erano presi alla sprovvista dal termine “spoiler” e lo trattavano come un oscuro modo di dire di internet o un gergo legato a X-Files, più che a quella fondamentale regola di civiltà che sarebbe poi diventato. Nel gennaio del 1995 un commentatore ha esemplificato questa tendenza chiedendo «Che diavolo è uno spoiler?». Nel suo podcast Nanjiani ne cita un altro che scrive: «Ehi, sto guardando la serie da un po’ e mi chiedo se mi sono perso qualcosa. Cosa sono gli spoiler?». Col passare del tempo sempre più persone si sono infilate nei forum e il termine è diventato familiare. Continuando a cercare nelle conversazioni archiviate, si scopre che negli anni la parola appare con sempre maggior frequenza, fino a diventare un aspetto essenziale del vocabolario base di ogni discussione.

Non è un caso che il termine spoiler si sia sempre più utilizzato in riferimento alle storie di fantascienza, un tipo di narrativa che di solito drammatizza il nostro rapporto ambivalente con i giorni a venire. Il suo utilizzo è cresciuto mano a mano che quelle storie sono diventate più spaventose: se lo Star Trek del Ventitreesimo secolo è perlopiù utopistico, l’incombente Ventunesimo secolo che stavano per affrontare Mulder e Scully in X-Files lo era molto meno (il sottotitolo in inglese del primo film tratto dalla serie è Fight the Future, cioè Combatti il futuro). Abbiamo iniziato a preoccuparci degli spoiler quando abbiamo iniziato a preoccuparci di cosa sarebbe successo, tanto più quanto quel futuro appariva vicino.

A volte discutiamo animatamente di spoiler quando ci rivolgiamo a fantasie del passato. Game of Thrones è un esempio particolarmente azzeccato dell’interazione tra il tempo e gli spoiler. Dato che la serie tv è modellata fedelmente sui libri da cui è tratta (anche se questo potrebbe cambiare), quelli che hanno letto i libri arrivano a ogni episodio sapendo molte cose di quello che succederà. Questo minaccia di sovrapporre spoiler su spoiler nelle discussioni sulla serie tv, dato che i lettori anticipano con entusiasmo eventi che i semplici spettatori non potrebbero prevedere. Presto la situazione potrebbe essere invertita, dato che la trama della serie tv proseguirà cronologicamente oltre quella dei romanzi. I creatori della serie tv hanno detto che la svilupperanno a partire dalle linee guida fornite dall’autore della saga George R. R. Martin: significa quindi che quelli che preferiscono i libri rischieranno di incappare in spoiler prima ancora che vengano pubblicati i libri che li conterranno. Al contrario, quelli che invece preferiscono guardare la serie tv saranno più al sicuro di prima e potranno guardarla mentre le cose vengono raccontate per la prima volta.

Cosa ancora più importante: il grande spostamento degli spoiler di Game of Thrones ha a che fare con i problemi legati alla velocità, che sono il cuore della spoilerfobia. Alcune parti della realizzazione della nostra cultura – come per esempio la produzione televisiva nell’era in cui gli episodi delle serie si guardano uno dopo l’altro, senza interruzioni – si stanno muovendo più rapidamente di prima. Altri, come il faticoso compito di scrivere un romanzo mastodontico, si muovono molto più lentamente. Quando i fan temono che Martin possa morire prima di finire la sua epica saga, si preoccupano in realtà che non si stia sbrigando abbastanza.

A questo punto non dovrebbe sorprendere che il terrore degli spoiler si esprima al meglio nell’era di internet. Le discussioni su internet avvengono alla velocità della luce. Nessuno lo sa meglio di quei primi utenti che hanno reso popolare la cultura anti-spoiler. Un tempo discutere di fantascienza con pochi appassionati significava scrivere su una fanzine o attendere un raduno regionale. Poi arrivò internet e diede agli utenti un accesso quasi immediato l’uno all’altro. Ma la tecnologia non soltanto si muove rapidamente, anche si diffonde rapidamente. I primi utenti di internet hanno avuto un vantaggio: mentre tutto si velocizzava, anche loro cambiavano più velocemente. Tutti noi siamo diventati più consapevoli del passare del tempo, come nel movimento intermittente e ipnotico di un video in time-lapse. Gli avvertimenti sugli spoiler segnano questa consapevolezza, come tacite ammissioni che mentre qualcuno corre in volata gli altri si limitano a tenere il passo.

Quelli che hanno anonimamente scritto la voce “spoiler” su Wikipedia osservano, come fosse un dato di fatto, che «godersi una storia dipende in gran parte dalla suspense con cui vengono rivelati i dettagli della trama nel dipanarsi della narrazione». Tuttavia alcune ricerche del 2011 riportate proprio su quella pagina suggeriscono che potremmo goderci di più una storia se sapessimo cosa sta per succedere. Forse è perché gli spoiler ci consentono di prepararci quando sta per arrivare qualcosa di grosso. Non è il contenuto di uno spoiler che ci preoccupa, ma il semplice fatto che qualcosa possa essere rovinato.

Nel suo significato moderno, la parola spoiler deriva probabilmente dall’imperativo “dont’ spoil it for me”, “non rovinarmelo”. Il verbo inglese to spoil significa “non lasciar andare qualcosa a male, per esempio che il latte inacidisca o il pane indurisca. Il cibo va a male quando il tempo si allontana da noi. In questo caso la cultura anti-spoiler è il sintomo di una situazione generale: del mondo in cui la tecnologia trasforma la nostra percezione del tempo.

Il terrore degli spoiler, quindi, deriva da un’esperienza simultanea dell’accelerazione e da un sentimento di rallentamento: la cultura globale – e quindi anche la nostra – sembra muoversi più rapidamente che mai, mentre noi cerchiamo di starle dietro. Gli spoiler che temiamo sono dispacci da un futuro che è già qui, un futuro che sarà già passato nel momento in cui arriva.

© Slate 2015