Il glifosato è davvero così pericoloso?

Uno degli erbicidi più usati al mondo è considerato "probabilmente cancerogeno" dall'OMS: un giornalista del New Yorker spiega che le cose sono più complicate di così

Sabato 11 aprile, Lega Ambiente e WWF, due delle principali organizzazioni ambientaliste in Italia, hanno organizzato un convegno a Pistoia per parlare dei rischi per la salute di alcune sostanze. In mezzo a quelle più note, come l’amianto, si è parlato parecchio di una sostanza poco conosciuta in Italia: il glifosato, uno degli erbicidi più utilizzati al mondo. Secondo gli organizzatori del convegno, si tratta di una sostanza di “grande pericolosità”, in grado di causare “malattie del sistema endocrino” ma nonostante questo autorizzata all’uso in Italia. Proprio pochi giorni fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze “probabilmente cancerogene”. Venerdì 10 aprile, il giornalista Michael Specter ha spiegato sul New Yorker che lo cose sono un po’ più complicate di così.

Che cos’è il glifosato?
Il glifosato è una sostanza chimica che fu inventata negli anni Settanta da John Franz, un chimico che lavorava per la multinazionale Monsanto. Si tratta di un erbicida totale non selettivo, cioè una sostanza che uccide in maniera indiscriminata quasi qualunque pianta. Fin dalla sua introduzione nel 1974, con il nome commerciale di “Roundup”, il glifosato fu molto utilizzato in agricoltura e in ambienti urbani, ad esempio per diserbare strade, marciapiedi e ferrovie. Il successo del glifosato è dovuto principalmente al fatto che è una sostanza molto meno tossica per l’uomo e molto più degradabile degli erbicidi più usati all’epoca della sua introduzione.

Non solo il glifosato viene facilmente attaccato e “distrutto” dai microrganismi che si trovano nel suolo, ma una volta diffuso ha una scarsa penetrazione verticale nel terreno, cioè non “affonda”, fermandosi in genere intorno ai venti centimetri di profondità. Questo limita, anche se non elimina, la possibilità che raggiunga le falde acquifere e diminuisce il consumo di suolo perché riduce la necessità di arare molto a fondo nel terreno. Il vero “boom” del glifosato scoppiò quando Monsanto cominciò a introdurre varietà di piante resistenti al glifosato: gli agricoltori potevano liberarsi delle piante infestanti semplicemente irrorando di glifosato i loro campi glifosato-resistenti. Da circa 15 anni il brevetto Monsanto è scaduto e il glifosato può essere prodotto e venduto liberamente (la stessa cosa che accade con i farmaci generici). Oggi il glifosato è l’erbicida più utilizzato al mondo, e secondo alcune ricerche è uno dei più utilizzati anche in Italia.

Lo studio dell’OMS
Lo scorso 23 marzo, l’Agenzia Internazionale per la ricerca contro il cancro (IARC), che fa parte dell’OMS, ha concluso che il glifosato è un “probabile” agente cancerogeno. “Probabile” perché, come ha spiegato il capo dello studio IARC a Specter«è più che possibile che sia cancerogeno, ma non ci sono abbastanza prove per sostenere che lo sia. In altre parole significa che dovreste essere un po’ preoccupati». A seguito dello studio, il glifosato è stato inserito nella lista degli agenti cancerogeni di tipo 2A. Nella classificazione IARC soltanto il gruppo 1 raccoglie le sostanze sicuramente cancerogene per l’uomo. Già prima dello studio IARC, il glifosato era stato accusato di essere una sostanza molto pericolosa per l’uomo. Nel 2012 un gruppo di ricercatori guidato dal professor Gilles-Éric Séralini pubblicò uno studio sulla rivista Food and Chemical Toxicology in cui sosteneva che il glifosato causava gravi malattie e tumori nei ratti. Lo studio fu molto criticato per i metodi usati da Séralini nel trattare gli animali e per una serie di dubbi sulla validità dei risultati. Le critiche si sono rivelate in parte corrette e la rivista ha ritirato l’articolo.

Quindi dobbiamo essere preoccupati?
Secondo lo IARC dovremmo essere “un po’ preoccupati”, e nel suo articolo sul New Yorker Specter si domanda “quanto” precisamente dovremmo esserlo. Lo studio di Séralini è stato subito criticato perché contraddiceva il risultato di decine di altri studi pubblicati in precedenza. Come quasi tutte le sostanze che hanno in qualche misura a che fare con gli OGM, il glifosato è stato molto studiato nel corso degli anni. Soltanto sul sito della “US National Library of Medicine” sono presenti più di 1.400 articoli che si occupano del glifosato e dei suoi effetti. In nessuno di questi studi sono state trovate prove di una relazione tra il cancro o qualunque altra patologia e un’esposizione a lungo termine al glifosato. Come ha scritto Spector: «Dopo quasi 40 anni di utilizzo nessuno studio ha individuato un collegamento tra il glifosato e il cancro negli umani».

Il glifosato, come tutte le sostanze chimiche, deve essere utilizzato con moderazione e in futuro continueranno a essere studiati i suoi effetti, ma anche nuovi erbicidi che si degradano ancora più in fretta e che penetrano ancora meno nel terreno. Alla fine, ha scritto Spector, tutto si riduce a un bilanciamento dei rischi: il glifosato potrebbe essere cancerogeno, ma anche guidare un’automobile può portare ad avere un incidente. Portare alle sue conseguenze estreme il principio di precauzione, cioè non fare nulla che comporti il minimo rischio, renderebbe semplicemente impossibile avere una vita normale. Il modo migliore per valutare i rischi del glifosato, dice Specter, è guardare quali sono le altre sostanze che lo IARC ha inserito nella lista 2A: se si vuole vietare per prudenza il glifosato, ci si dovrà preparare a rinunciare anche alle patatine fritte e ai lavori che alterano il naturale ciclo del sonno. Non solo: bisognerà dare un taglio anche al mate, la bevanda nazionale argentina.