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  • Giovedì 9 aprile 2015

Le risposte mancanti sull’attentato di Boston

Un editoriale del New York Times commenta la condanna di Dzhokhar Tsarnaev, ricordando che ci sono due punti irrisolti sull'attacco durante la maratona del 2013

16 aprile 2013: le prime indagini subito dopo l'attentato alla maratona di Boston (Photo by Darren McCollester/Getty Images)
16 aprile 2013: le prime indagini subito dopo l'attentato alla maratona di Boston (Photo by Darren McCollester/Getty Images)

Nel pomeriggio dell’8 aprile un tribunale statunitense ha giudicato colpevole Dzhokhar Tsarnaev, il 21enne ceceno accusato di aver organizzato l’attentato alla maratona di Boston del 15 aprile del 2013. L’attentato – in cui morirono tre persone e ne rimasero ferite 264 – fu pianificato e realizzato da Dzhokhar Tsarnev e da Tamerlan Tsarnaev, suo fratello maggiore che all’epoca aveva 26 anni e che fu ucciso dalla polizia durante una sparatoria dopo l’attentato. Masha Gessen, una giornalista del New York Times, ha scritto un editoriale in cui spiega che nonostante il verdetto restano ancora alcune domande senza risposta sulla vicenda.

Due domande, soprattutto: la prima, dove furono costruite le bombe? La seconda: com’è possibile che l’FBI non sia riuscita a identificare immediatamente Tamerlan Tsarnaev (ripreso dalle videocamere di sicurezza mentre si preparava all’attentato) e abbia dovuto diffondere alcune sue immagini per chiedere ai cittadini di identificarlo? Questa seconda domanda è motivata dal fatto, spiega Gessen, che Tamerlan Tsarnaev già due anni prima dell’attentato era stato identificato e interrogato in quanto potenziale terrorista ed era quindi persona nota. Per Gessen, le risposte a queste due domande sono “chiaramente essenziali per capire cos’è successo a Boston due anni fa, e, invece, nel corso del processo sono state solamente accennate”.

Gessen continua la sua analisi chiarendo che le risposte alle due domande dovrebbero essere trovate al di fuori del processo:

Un processo penale deve determinare i colpevoli e amministrare la giustizia, non cercare la verità. Verità e giustizia non sono sinonimi. Purtroppo, altre autorità non sono riuscite a spiegare completamente cosa è successo o cosa si può fare per prevenire simili situazioni in futuro.

Assodato che Tamerlan Tsarnaev era già stato sospettato di terrorismo, e dato per certo che le bombe non furono assemblate dai due fratelli nelle loro abitazioni (lo ha stabilito il processo), le conseguenti domande sono queste: è possibile trovare oggi le due risposte? È stato fatto qualcosa per capire chi e cosa ha sbagliato nelle indagini o nelle attività di prevenzione? È stato fatto qualcosa per evitare che problemi di questo tipo si ripresentino in futuro?

Il processo, scrive Gessen, ha portato a una sentenza di condanna (probabilmente Dzhokhar Tsarnaev sarà condannato a morte) ma “non ha dato all’opinione pubblica la cosa più importante: una spiegazione il più completa possibile su cosa è successo”. Secondo Gessen sia il Congresso che l’FBI hanno trascurato le loro funzioni di supervisione, non riuscendo a fornire al pubblico informazioni rilevanti e tali da spiegare le molte questioni irrisolte. Analizzando documenti e resoconti ufficiali Gessen commenta che nemmeno una delle agenzie governative è riuscita a dare ai cittadini americani le risposte alle domande che il processo ha lasciato senza risposta.

Il processo è stato meticoloso, preciso ed efficace, e per Gessen “i legali della corte federale di Boston hanno fatto il loro lavoro straordinariamente bene”. Molto meno convincenti sono invece stati i tanti e diversi errori che prima e fuori dal processo non hanno saputo prevenire, spiegare e agire per evitare che situazioni simili si ripetano in futuro.

Foto: 16 aprile 2013: le prime indagini subito dopo l’attentato alla maratona di Boston (Photo by Darren McCollester/Getty Images)