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  • Domenica 5 aprile 2015

Il cattivo giornalismo e il volo Germanwings

Dopo lo schianto dell'aereo sulle Alpi francesi i media hanno diffuso notizie false, preferendo come capita spesso la velocità all'affidabilità

MADRID, SPAIN - MARCH 25: Front pages of Spanish newspapers are on display for a picture the day after a crash of an Airbus A320 airplane flying from Barcelona to Duesseldorf outside the Spanish Parliament on March 25, 2015 in Madrid, Spain. All 144 passengers and six members of flight crew of the Germanwings flight, which is believed to have included 45 Spanish and 67 German nationals, are believed to have been killed after the aircraft rapidly lost height and fell into a remote area of the southern French Alps. (Photo by Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)
MADRID, SPAIN - MARCH 25: Front pages of Spanish newspapers are on display for a picture the day after a crash of an Airbus A320 airplane flying from Barcelona to Duesseldorf outside the Spanish Parliament on March 25, 2015 in Madrid, Spain. All 144 passengers and six members of flight crew of the Germanwings flight, which is believed to have included 45 Spanish and 67 German nationals, are believed to have been killed after the aircraft rapidly lost height and fell into a remote area of the southern French Alps. (Photo by Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)

Tonia Mastrobuoni, corrispondente della Stampa da Berlino, ha scritto un articolo per raccontare come i giornali internazionali si siano occupati del volo di Germanwings precipitato sulle Alpi francesi lo scorso 24 marzo. Secondo Mastrobuoni, «la strage sulle Alpi è stato un continuo, incontrollabile susseguirsi di notizie», che ha contraddetto una delle regole più importanti del giornalismo: quando si dà una notizia è più importante l’affidabilità che la velocità. Sul copilota dell’aereo Andreas Lubitz i giornali hanno scritto tante cose false, spesso smentite dagli stessi procuratori che stanno indagando sull’incidente, come ad esempio che avesse problemi alla vista. E c’è addirittura qualcuno, scrive Mastrobuoni, che ha rimproverato ai procuratori di non aver comunicato subito tutte le informazioni di cui erano in possesso, contestando loro sostanzialmente il fatto di non aver rincorso «i tempi ormai folli del giornalismo».

Ogni volta che un uomo commette una strage senza un motivo apparente, c’è sempre il «momento Iago» o il «momento Raskolnikov». Non c’è cosa che spaventi di più del male inflitto senza una ragione, come accade nell’«Otello» di William Shakespeare, o perché ci si sente al di sopra della legge, come in «Delitto e castigo» di Dostoevskij. Qui il protagonista è convinto di incarnare una «straordinarietà» che «consente alla propria coscienza di scavalcare certi ostacoli», come il dovere morale di non uccidere un altro essere umano.

La lezione di «Gone Girl»

Il dibattito sui motivi che possano aver spinto Andreas Lubitz a trascinare se stesso e altre 149 persone nella morte, però, è offuscato da un elemento inquietante: il modo in cui vengono prodotte le notizie. Dopo una settimana passata nei luoghi della tragedia dell’Airbus, l’unica lezione che se ne può trarre è quella di un magnifico film recente, «Gone girl». La velocità con cui l’opinione pubblica cambia umore, condannando o assolvendo i protagonisti nel giro di ore, ci pone dinanzi a una responsabilità enorme, molto più grande dei cronisti di una generazione fa. Dai primi momenti della tragedia, quando sul web rimbalzò la voce su un sopravvissuto «che si muoveva tra le montagne», la strage sulle Alpi è stato un continuo, incontrollabile susseguirsi di notizie. E in un mondo che somiglia ormai a una gigantesca telecamera accesa, alimentata da voci incontrollabili, ognuno di noi dovrebbe interiorizzare la prima regola di ogni buon giornalista di agenzia. L’affidabilità è tutto, ed è più importante della velocità con cui si dà una notizia. Invece accade l’esatto opposto, per ansia di collezionare il maggior numero di clic. E perché la credibilità è un valore meno oneroso, almeno nel breve termine.

(Continua a leggere sul sito della Stampa)

Foto: Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images