• Mondo
  • Mercoledì 1 aprile 2015

I colloqui sull’Iran sono stati prorogati

Dovevano finire stanotte a Losanna ma si è deciso di discutere ancora e questo potrebbe essere l'ultimo giorno utile: cosa c'è in ballo?

A member of the Iranian media walks on an open air chess board at the site of negotiations about Iran's nuclear program, between Iran officials and representatives of the world powers, Monday March 30, 2015 in Lausanne, Switzerland. Negotiations over Iran's nuclear program entered a critical phase on Monday with substantial differences still remaining less than two days before a deadline for the outline of an agreement. (AP PHOTO / POOL, Brendan Smialowski)
A member of the Iranian media walks on an open air chess board at the site of negotiations about Iran's nuclear program, between Iran officials and representatives of the world powers, Monday March 30, 2015 in Lausanne, Switzerland. Negotiations over Iran's nuclear program entered a critical phase on Monday with substantial differences still remaining less than two days before a deadline for the outline of an agreement. (AP PHOTO / POOL, Brendan Smialowski)

Questa mattina riprenderanno i colloqui sul nucleare iraniano a Losanna, in Svizzera, tra l’Iran e i paesi del cosiddetto “5+1”, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU col potere di veto (Stati Uniti, Francia, Cina, Russia e Regno Unito) più la Germania. La scadenza dei colloqui è stata prolungata di un giorno dopo che i paesi coinvolti non sono riusciti a trovare un accordo politico di massima riguardo alcuni punti di cui si sta discutendo a Losanna: tra gli altri, cosa fare dell’uranio arricchito già in possesso dell’Iran e come e quando togliere le sanzioni imposte all’economia iraniana dai paesi occidentali e dall’ONU.

I colloqui sul nucleare iraniano sono da anni uno dei temi più discussi dalla diplomazia internazionale. L’Occidente, Israele e alcuni paesi arabi del Medio Oriente accusano l’Iran di volersi dotare di un’arma atomica, e di continuare a mantenere nel suo territorio delle installazioni adibite ad arricchire l’uranio, processo necessario per sviluppare la bomba. Il governo iraniano ha sempre negato le accuse, dicendo che i progressi sullo sviluppo dell’energia nucleare hanno sempre avuto finalità civili e non militari. I paesi del “5+1” e l’Iran avevano trovato un importante accordo preliminare lo scorso 24 novembre 2013 a Ginevra, in Svizzera: l’accordo prevedeva tra le altre cose che entro il 31 marzo si trovasse un ulteriore accordo politico di massima su alcune questioni rimaste irrisolte, e che entro il 30 giugno si firmasse un nuovo accordo definitivo con tutti i dettagli tecnici.

Il punto che sembra avere fatto saltare l’accordo – e che ha costretto i paesi coinvolti a prolungare di un giorno il termine – ha riguardato il problema di cosa fare dell’uranio arricchito già in possesso dell’Iran: il rappresentante iraniano ha fatto sapere di non voler più consegnare alla Russia parte di questo uranio affinché venga trasformato in “barre” di combustibile nucleare, e non possa così essere usato per fabbricare armi. Il passo indietro dell’Iran ha provocato la dura risposta dell’amministrazione americana di Barack Obama, che sui colloqui sta investendo molto: il portavoce della Casa Bianca, Josh Ernest, ha detto ieri che gli americani si sarebbero ritirati dai colloqui se l’Iran non avesse preso un qualche tipo di decisione politica decisiva sul tema. Il governo americano sta cercando di accelerare l’accordo, perché i Repubblicani – che controllano sia la Camera che il Senato – hanno minacciato di imporre nuove sanzioni all’Iran questa settimana, nel caso in cui non si raggiungesse alcuna soluzione a Losanna: diversi analisti credono però che nuove sanzioni potrebbero far saltare del tutto i colloqui con l’Iran.

I colloqui sono molto difficili per diverse ragioni: Stati Uniti e Iran non hanno relazioni diplomatiche formali da circa 35 anni, cioè da quando l’Iran è diventata una Repubblica islamica, a seguito della rivoluzione dell’ayatollah Ruhollah Khomeini. L’attuale situazione del Medio Oriente e Nord Africa sta rendendo tutto ancora più complicato: per esempio uno dei paesi che più si oppone al nucleare iraniano è l’Arabia Saudita, che da pochi giorni ha cominciato una guerra aperta in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi, appoggiati e finanziati dall’Iran. Gli Stati Uniti, alleati dell’Arabia Saudita e avversari dell’Iran, si sono ritrovati a combattere a fianco delle milizie sciite appoggiate dagli iraniani a Tikrit, in Iraq, contro l’ISIS (o Stato Islamico). Queste due situazioni in particolare potrebbero avere irrigidito le posizioni degli alleati arabi degli Stati Uniti, che potrebbero chiedere agli americani di imporre condizioni più dure per l’Iran nell’accordo sul nucleare.

Non è ben chiaro comunque in che misura le dinamiche della regione stiano condizionando i colloqui, data soprattutto la difficoltà di capire cosa vuole l’Iran. Karim Sadjadpour, accademico iraniano del Carnegie Endowment for International Peace, ha detto: «Una sfida costante nel trattare con l’Iran è che i funzionari iraniani più potenti sono inaccessibili, mentre quelli più accessibili non sono potenti. L’ayatollah Khamenei [la Guida Suprema e la personalità politica-religiosa più potente del paese, ndr] non lascia il paese dal 1989. Qassem Suleimani si trova a Tikrit, non a Losanna [Suleimani è il potente comandante delle forze al Quds, un corpo d’élite delle Guardie Rivoluzionarie e considerato uno degli uomini più importanti del regime iraniano, ndr]». Altri analisti hanno fatto notare però come esistano alcune condizioni particolari che sembrano rendere un accordo probabile: tra le altre, la nuova predisposizione di Cina e Russia, che in passato hanno fatto molta opposizione nei confronti delle proposte occidentali e oggi sono più desiderose di arrivare a un accordo.

foto: un giornalista iraniano in un giardino della struttura che ospita i negoziati a Losanna. (AP PHOTO / POOL, Brendan Smialowski)