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  • Lunedì 30 marzo 2015

Tim Cook contro l’obiezione di coscienza sui gay

Il capo di Apple ha scritto un articolo sul Washington Post per spiegare perché le leggi di alcuni stati USA discriminano gli omosessuali

di Tim Cook – Washington Post

Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, ha scritto un articolo sul Washington Post contro le leggi sulla “libertà religiosa” in via di discussione o approvazione in diversi stati americani. Sono norme permettono alle persone di rifiutarsi di rispettare altre leggi in nome della propria “libertà religiosa”, e assomigliano molto al principio che noi conosciamo come “obiezione di coscienza”: quindi permettono per esempio di non servire un cliente in un negozio se è una donna col capo scoperto o se è gay. Una legge del genere è stata appena approvata in Indiana, tra molte proteste. Apple è una delle più famose aziende tecnologiche al mondo, nonché una delle più grandi per capitalizzazione azionaria; Tim Cook è CEO dal 2011 e lo scorso 30 ottobre ha annunciato pubblicamente la sua omosessualità.

Sta succedendo una cosa molto pericolosa in molti stati del paese.

Un’ondata di nuove leggi, discusse o già approvate in più di venti stati, vorrebbe permettere alle persone di discriminare il prossimo. Alcune di queste, come quella approvata la settimana scorsa in Indiana, che ha generato molte proteste, oppure un’altra approvata in Arkansas, stabiliscono che le persone possono rifiutarsi di servire un cliente o di rispettare una norma anti-discriminazione in nome delle proprie “credenze religiose”.

Altre norme sono persino più trasparenti, nel loro intento discriminatorio. Una legge in discussione in Texas priverebbe del loro stipendio e della propria pensione gli impiegati che rilasciano le licenze matrimoniali alle coppie gay: e questo anche se la Corte Suprema quest’anno dovesse stracciare la legge del Texas che vieta i matrimoni gay. In tutto ci sono in discussione circa 100 leggi statali il cui obiettivo è legalizzare le discriminazioni. Queste leggi razionalizzano l’ingiustizia fingendo di difendere una cosa cara a molti di noi, la libertà. Vanno contro l’esatto principio su cui è stata fondata la nostra nazione, e possono potenzialmente annullare decenni di progresso verso l’uguaglianza dei cittadini.

Le aziende americane hanno capito molto tempo fa che le discriminazioni, in tutte le loro forme, fanno male agli affari. Noi di Apple cerchiamo di arricchire e migliorare le vite dei nostri clienti. Cerchiamo di fare affari in modo equo e rispettoso di tutti. Per questo, a nome di Apple, faccio un passo avanti e mi oppongo a questa ondata di nuove leggi, che vengano approvate o no: e scrivo questo articolo nella speranza che molti si uniscano a noi. Dal North Carolina al Nevada, queste leggi in discussione danneggerebbero l’occupazione, la crescita e la vivacità economica di parti del paese in cui l’economia del Ventunesimo secolo era stata accolta a braccia aperte.

Ho grande rispetto per la libertà religiosa. Da bambino sono stato battezzato in una chiesa battista, e la fede è sempre stata una parte importante della mia vita. Nessuno mi ha mai insegnato che la religione debba essere usata come giustificazione per discriminare il prossimo, e io non lo credo.

Mi ricordo com’è stato crescere nel Sud negli anni Sessanta e Settanta. Non è facile opporsi alle discriminazioni. Non sempre sono facili da riconoscere. Spesso si muovono nell’ombra. Talvolta si fanno scudo proprio delle leggi approvate per proteggerci.

Il nostro messaggio, per tutti nel nostro paese e nel mondo, è questo: Apple è aperta. Aperta a tutti, a prescindere dal posto da cui vengono, da come appaiono, dal dio in cui credono e da chi amano. A prescindere da quello che la legge possa permettere in Indiana or Arkansas, noi non tollereremo mai le discriminazioni.

Uomini e donne hanno combattuto e sono morti per proteggere il diritto del nostro paese alla libertà e all’uguaglianza. Dobbiamo a loro, a noi stessi e al nostro futuro, un impegno a continuare a combattere con le nostre parole e le nostre azioni per proteggere questi ideali. I giorni della segregazione e della discriminazione, i giorni dei cartelli “Solo per bianchi” sulle porte dei negozi, nei bagni e sulle fontane, devono restare confinati al nostro passato. Non dobbiamo mai ritornare a niente che assomigli a quell’epoca. L’America dev’essere la terra delle opportunità per tutti.

Non è una questione politica. Non è una questione religiosa. È una questione che riguarda il trattarci l’un l’altro da esseri umani. Opporsi alle discriminazioni richiede coraggio. Dato che sono in gioco le vite e la dignità di moltissime persone, è tempo per tutti noi di essere coraggiosi.

©2015 The Washington Post