• Mondo
  • Lunedì 30 marzo 2015

L’accordo sul nucleare iraniano salta?

A due giorni dalla fine dei colloqui internazionali a Ginevra l'Iran ha cambiato idea su una cosa importante e centrale, di cui si discuteva da mesi

(L to R) US Secretary of State John Kerry, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov, German Foreign Minister Frank-Walter Steinmeier, French Foreign Minister Laurent Fabius and Chinese Foreign Minister Wang Yi wait for the opening of a plenary session on Iran nuclear talks at the Beau Rivage Palace Hotel in Lausanne, Switzerland, on March 30, 2015. The top diplomats of Iran and the United States, China, Russia, Britain, France and Germany aim by the end of March 31 to agree the outlines of a deal curtailing Iran's nuclear programme. AFP PHOTO / FABRICE COFFRINI (Photo credit should read FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)
(L to R) US Secretary of State John Kerry, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov, German Foreign Minister Frank-Walter Steinmeier, French Foreign Minister Laurent Fabius and Chinese Foreign Minister Wang Yi wait for the opening of a plenary session on Iran nuclear talks at the Beau Rivage Palace Hotel in Lausanne, Switzerland, on March 30, 2015. The top diplomats of Iran and the United States, China, Russia, Britain, France and Germany aim by the end of March 31 to agree the outlines of a deal curtailing Iran's nuclear programme. AFP PHOTO / FABRICE COFFRINI (Photo credit should read FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)

In questi giorni sono in corso a Losanna, in Svizzera, dei nuovi negoziati sul programma nucleare iraniano fra l’Iran e sei tra i più importanti paesi del mondo. Sebbene nei giorni scorsi sembrasse che le due parti fossero vicine a un accordo, nelle ultime ore l’Iran ha fatto sapere di non voler più consegnare alla Russia parte dell’uranio arricchito in suo possesso affinché venga trasformato in “barre” di combustibile nucleare, e non possa così essere utilizzato per fabbricare armi. Questa possibilità era considerata uno dei dettagli chiave dell’accordo, era in discussione da mesi e l’Iran era inizialmente favorevole. Non è chiaro se sia in discussione una nuova proroga della scadenza che l’Iran e i paesi occidentali si sono dati per trovare un accordo, che è stata fissata per domani martedì 31 marzo.

Come già accaduto a più riprese dal 24 novembre 2013, quando fu firmato a Ginevra uno storico accordo di massima sull’interruzione parziale del programma in cambio dell’alleggerimento delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, i paesi che stanno trattando sono quelli del cosiddetto “5+1”, cioè i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU col potere di veto (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Francia, Russia) più la Germania. Fra le clausole dell’accordo di Ginevra, più volte prorogate, è stato stabilito che un accordo di massima venga trovato entro il 31 marzo del 2015 e che i suoi dettagli possano essere definiti entro l’1 luglio. Fra le altre cose, oggi le Guardie della rivoluzione islamica hanno reso noto che un drone dell’esercito statunitense ha due propri istruttori (gli Stati Uniti hanno risposto dicendo che sono stati bombardati solo militanti islamisti).

L’obiettivo dei negoziati è evitare che l’Iran si possa dotare di una bomba atomica, una possibilità che i leader iraniani smentiscono da anni, sostenendo che il loro programma nucleare sia puramente pacifico, ma che non è mai stata completamente esclusa dalle ispezioni internazionali (e anzi è stata in passato avvalorata dall’ONU). Negli ultimi giorni era circolato un certo ottimismo sulla possibilità di trovare un accordo; il capo dei negoziatori iraniani Abbas Araqchi di recente ha definito un accordo «fattibile», Sabato sera il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif aveva scritto su Facebook che c’erano stati dei «progressi verso una soluzione accettabile», ma che rimanevano ancora «importanti questioni» da risolvere. Poi l’Iran si è tirato indietro sull’ipotesi della consegna dell’uranio alla Russia, come ha detto il viceministro degli Esteri iraniano ad alcuni giornali iraniani. Da mesi la Russia si era detta disposta a trasformare l’uranio in barre, di modo che potesse essere usato dall’unica centrale nucleare “civile” dell’Iran, quella di Bushehr. Data la resistenza sul tema da parte degli iraniani, nelle ultime ore si stanno discutendo altri metodi per impedire all’Iran di usare l’uranio per costruire armi nucleari, come per esempio “diluire” il materiale attraverso un procedimento da compiere sempre in Iran.

Ad ogni modo, il New York Times scrive che «anche se un accordo sarà raggiunto nella tarda serata di martedì, i negoziatori statunitensi hanno spiegato che si tratterà solamente di un passaggio intermedio e che un accordo finale richiederà mesi in cui si tratterà sui “dettagli tecnici”: cioè quelli che ancora adesso sono fonte di un costante disaccordo». Nel caso invece i negoziati falliscano, l’ipotesi più probabile al momento è che vengano approvate nuove sanzioni economiche nei confronti dell’Iran. La situazione è complicata dal fatto che l’Iran in questi mesi si trova dalla stessa parte degli Stati Uniti e dell’Occidente nella lotta allo Stato Islamico, mentre invece sostiene il regime siriano sciita molto criticato dagli Stati Uniti; e che allo stesso tempo sia avversario degli Stati Uniti in Yemen.

Chi vuole cosa
Semplificando molto, gli Stati Uniti, la Francia, il Regno Unito, la Cina, la Germania e la Russia chiedono che l’Iran sospenda parte del suo programma nucleare per i prossimi quindici anni, e offrono in cambio un alleggerimento delle sanzioni nei suoi confronti. L’Iran chiede invece che le limitazioni rimangano in vigore per dieci anni e che successivamente sia eliminata ogni restrizione. C’è inoltre una trattativa sul numero previsto di centrifughe per arricchire l’uranio che verrebbero concesse all’Iran, che ne ha chieste 10mila (oggi ne ha circa 19mila). A novembre gli Stati Uniti hanno proposto all’Iran di scendere a 6mila, e Associated Press ha scritto che i negoziatori iraniani in questi giorni si sono detti disposti ad accettare. Un diplomatico occidentale ha detto stamattina ad AFP che i problemi sono rimasti fondamentalmente tre: la durata dell’accordo, l’alleggerimento delle sanzioni e un meccanismo per applicarle di nuovo in caso di violazione.

Da mesi i negoziati sono però bloccati anche su un altro punto: gli Stati Uniti vorrebbero che l’Iran limitasse la sua capacità nucleare al punto che, se decidesse di ignorare gli accordi, gli occorrerebbe almeno un anno di tempo per mettere insieme abbastanza materiale fissile per creare una bomba nucleare. Gli iraniani sostengono però che la richiesta americana limiti eccessivamente lo sviluppo del loro programma nucleare civile. Al momento è stato stimato che l’Iran abbia la possibilità di produrre un’arma nucleare nel giro di due-tre mesi: benché nei negoziati venga spesso citato il periodo di un anno, uno studio citato dal New York Times sostiene che nel caso l’Iran mantenesse 6500 reattori sarebbe in grado di fabbricare un’arma nucleare nel giro di sette-otto mesi.

Come siamo arrivati a questo punto
Negli ultimi trent’anni l’Iran è stato uno dei più grandi problemi della politica estera di diversi stati occidentali. Nel 1979 una rivoluzione fece nascere una Repubblica Islamica in quello che fino ad allora – sotto il governo dello scià, una specie di re – era stato il principale alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Per i paesi occidentali fu un problema non da poco, vista l’importanza che la regione aveva sul piano della produzione ed esportazione di gas e petrolio.

Gli anni successivi al 1979 furono particolarmente difficili per gli iraniani: prima ci fu la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein, che durò 8 anni e che fu uno dei più lunghi, inutili e sanguinosi conflitti della storia del Medioriente; poi iniziò la collaborazione sempre più stretta con alcuni dei regimi considerati nemici o avversari dell’Occidente (Siria, Corea del Nord, Cina) e con alcuni movimenti terroristici mediorientali, fra cui il libanese Hezbollah. Dal 2006 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha imposto diverse sanzioni economiche e commerciali sull’Iran per fermare i tentativi iraniani di costruzione della bomba atomica – tentativi comunque sempre negati dall’Iran, che rivendica il suo diritto a sviluppare l’energia nucleare civile ma è stato spesso opaco nel fornire delucidazioni su impianti e progetti.

L’accordo raggiunto il 24 novembre era stato considerato «storico» proprio per tutta la storia dell’Iran, dal 1979 ad oggi, e per la chiusura del regime degli ultimi decenni. L’accordo è arrivato dopo una serie di recenti aperture diplomatiche verso l’Occidente fatte dal nuovo presidente iraniano, Hassan Rouhani, che sembrano avere stravolto le politiche aggressive del precedente presidente, Mahmud Ahmadinejad. Da mesi, comunque, sia Rouhani sia Obama vengono criticati dai politici con posizioni più intransigenti sia negli Stati Uniti che in Iran. I Repubblicani americani – sulla linea di quanto ritiene il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che da anni insiste sul tema – credono che un accordo di questo tipo potrebbe indebolire la posizione degli Stati Uniti in Medio Oriente e mettere in pericolo paesi alleati come Arabia Saudita e Israele. In Iran invece gli oppositori dell’accordo sono quelli che non condividono la linea più morbida introdotta dal presidente Hassan Rouhani nei confronti dell’Occidente.

foto: FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images