Cosa c’entra Lupi

Nell'inchiesta sulla corruzione al ministero delle Infrastrutture non ci sono accuse per il ministro, ma l'esposizione di legami molto stretti e discutibili con gli accusati

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse
09-12-2014 
Politica
Presentazione del collegamento veloce Roma Termini Fiumicino Aeroporto 
Nella foto Maurizio Lupi

Photo Fabio Cimaglia / LaPresse
09-12-2014
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Presentation of the fast connection Roma Termini Fiumicino Airport
In the photo Maurizio Lupi
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 09-12-2014 Politica Presentazione del collegamento veloce Roma Termini Fiumicino Aeroporto Nella foto Maurizio Lupi Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 09-12-2014 Politic Presentation of the fast connection Roma Termini Fiumicino Airport In the photo Maurizio Lupi

L’inchiesta sulle pratiche di corruzione contestate a diverse persone legate al ministero delle Infrastrutture e Trasporti, e che ha fatto arrestare il settantenne ex dirigente Ercole Incalza, è diventata da subito un grande problema politico intorno al ministro Maurizio Lupi, pur non coinvolgendolo al momento giudiziariamente: i magistrati fiorentini titolari dell’inchiesta non hanno presentato accuse nei suoi confronti, ma M5S e SEL hanno presentato una mozione di sfiducia congiunta nei suoi confronti.

Lupi è però responsabile in quanto ministro del controllo o meno su eventuali reati commessi nell’ambito delle attività del ministero, ed è esplicitamente citato nelle carte dell’inchiesta – soprattutto intercettazioni telefoniche – a proposito di fatti che se dimostrati indicherebbero da parte sua comportamenti inaccettabili: tra questi, la pratica di ricevere regali e favori per sé e per suo figlio Luca, e la complicità con Incalza in alcune scelte che avrebbero favorito manager e imprenditori vicini a Incalza, che per i magistrati conduceva da molti anni all’interno del ministero – già da prima che ci arrivasse Lupi – una gestione illecita del proprio potere e degli appalti pubblici.

Maurizio Lupi ha 55 anni, è milanese, e appartiene al partito Nuovo Centro Destra guidato da Angelino Alfano da quando è stato formato con una scissione dal Popolo della Libertà, come si chiamava allora il partito di Silvio Berlusconi. Con Forza Italia era stato eletto deputato nel 2001, dopo una carriera tra la politica e l’amministrazione di enti pubblici a Milano, dove era stato eletto in consiglio comunale con la Democrazia Cristiana nel 1993, ed era stato assessore all’Edilizia dal 1997 al 2001. Lupi è anche un membro di Comunione e Liberazione, un potente movimento cattolico con radicati legami con la politica e l’imprenditoria milanese.

Nel governo Renzi, Lupi è entrato conservando il ruolo di ministro delle Infrastrutture e Trasporti che aveva già avuto nel precedente governo Letta, in forza del suo essere uno dei più importanti politici del maggiore alleato di governo del Partito Democratico – l’NCD – e delle sue precedenti competenze su questo settore. Nei mesi passati era circolato il suo nome come possibile candidato a sindaco di Milano per il centrodestra nel 2016, ma lui ha smentito questa possibilità.

La contestazione più forte nei confronti di Lupi a partire dai documenti dell’inchiesta rivelata lunedì è l’avere approfittato del suo ruolo e di privilegi dati a imprenditori per favorire suo figlio Luca, che oggi ha 27 anni, è sposato da giugno e vive negli Stati Uniti, dove lavora da pochissimo per un famoso studio di architettura, Skidmore, Owings & Merrill, nei cui uffici di San Francisco aveva fatto uno stage nel 2013. In mezzo, nell’ultimo anno, Luca Lupi ha avuto un incarico con lo studio Mor di Genova impegnato su un cantiere nella costruzione di tre nuovi palazzi per uffici dell’ENI a San Donato Milanese: un incarico retribuito 1.300 euro, secondo quanto avrebbe commentato coi giornali il ministro lunedì, e che un’intercettazione dice dovessero essere “duemila euro più IVA mensili”.

Lo studio Mor è di proprietà della famiglia belga della moglie di Stefano Perotti, imprenditore fiorentino di 57 anni arrestato lunedì che l’inchiesta indica come il principale destinatario delle scelte illecite di Ercole Incalza, e suo complice negli abusi sugli appalti: la sua società è coinvolta in tantissime grandi opere, soprattutto a Milano (suo padre Massimo fu presidente della Cassa del Mezzogiorno e direttore generale dell’ANAS, e venne arrestato nelle inchieste di “Tangentopoli” negli anni Ottanta). Nelle carte si dice che il 30 gennaio 2014 «Perotti informa il cognato Giorgio Mor che è riuscito a convincere i dirigenti Eni per avviare l’attività di progettazione loro affidata, gli prospetta che ha il “bisogno” di dover impiegare proprio per questa attività un “ragazzo” che verrà pagato dallo stesso Stefano Perotti». Successivamente, sostengono i magistrati, al figlio di Perotti venne il timore che la scelta possa essere notata: «Va rimarcato che il 24 febbraio 2014 Philippe Perotti, figlio di Stefano Perotti, come misura di precauzione in seguito alla pubblicazione di un articolo, invia al padre Stefano un messaggio richiedendo l’opportunità di allontanare Luca Lupi dal cantiere Eni, e di adottare le dovute cautele nelle comunicazioni sia telefoniche che per posta elettronica: “Bisogna pensare a tirar fuori Luca da Eni. Evitiamo il problema”». L’articolo di cui si parla era uscito sul Fatto.
In un’altra intercettazione Giulio Burchi – un altro manager coinvolto nell’inchiesta – commenta che «ha poi diritto di lavorare anche questo ragazzo adesso… però è lo schifo di vedere questo… questo veramente monopolio di tutti i lavori di Perotti».

Le accuse dei magistrati fiorentini sostengono anche che Perotti abbia regalato per la laurea a Luca Lupi un orologio “del valore di 10mila euro”, che Franco Cavallo – amico di famiglia dei Lupi e da poco nominato presidente di Centostazioni, gruppo Ferrovie dello Stato – abbia incarichi di consulenze per Perotti e abbia pagato dei vestiti ordinati da Maurizio e da Luca Lupi, e che la famiglia Lupi sia stata ospite almeno un weekend a casa dei Perotti. Racconta Elisabetta Soglio sul Corriere della Sera di martedì che il ministro Lupi e Perotti si conoscono – e le rispettive famiglie si frequentano – dal 2001: Perotti è anche lui di Comunione e Liberazione ed è stato amministratore delegato della società del settimanale ciellino Tempi.
Lupi è intervistato su Repubblica martedì.

C’è anche la questione del contratto che Perotti fa avere a suo figlio con Giorgio Mor.
Come lo spiega?
«Mio figlio si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode. Dopo sei mesi in America presso uno studio di progettazione, nel febbraio dello scorso anno gli hanno offerto un lavoro. Ci ha messo un anno, come tutti, ad avere il permesso di lavoro e da marzo di quest’anno lavora a New York. Lo scorso anno ha lavorato presso lo studio Mor per 1.300 euro netti al mese in attesa di andare negli Usa».
Il punto è: su sua richiesta?
«Se avessi chiesto a Perotti di far lavorare mio figlio, o di sponsorizzarlo sarebbe stato un gravissimo errore e presumo anche un reato. Non l’ho fatto. Stefano Perotti conosceva mio figlio da quando, con altri studenti del Politecnico, andava a visitare i suoi cantieri. Sono amici, così come le nostre famiglie».
Motivo per cui Perotti per la laurea gli ha regalato un rolex da 10 mila euro?
«L’avesse regalato a me non l’avrei accettato».

In un’altra intercettazione il ministro Lupi dice a Ercole Incalza: «Dopo che hai dato la sponsorizzazione per Nencini lo abbiamo fatto viceministro. Ora parlagli e digli che non rompa i coglioni. E comunque complimenti, sei sempre più coperto». Nencini è Riccardo Nencini, socialista, alleato del PD di Pier Luigi Bersani alle ultime elezioni politiche, che oggi dice al Corriere che si tratta di millanterie, che lui conosce Renzi da quando erano ragazzi e Incalza lo ha rivisto dopo anni quando è stato nominato viceministro.

In altre intercettazioni Lupi dà garanzie a Incalza sull’approvazione di emendamenti favorevoli al mantenimento di strutture del ministero, conversazioni che possono essere lette come normali dinamiche dell’impegno ministeriale ma che i magistrati usano per alludere a un potere di Incalza e dei suoi interessi nelle scelte del ministro. A un certo punto Lupi promette a Incalza che “se viene abolita la Struttura tecnica di missione viene giù il governo”. Su questo rapporto il consigliere del ministero Gaspari dice in un’altra telefonata che “Maurizio crede di fare qualcosa. Ma fa quello che gli dice quest’altro”.