• Sport
  • Giovedì 12 marzo 2015

La terza vita di Martina Hingis

La storia di una delle tenniste più forti degli anni Novanta: ha vinto tutto da giovanissima, si è ritirata due volte, è tornata a giocare e qualche settimana fa ha vinto di nuovo uno Slam dopo 17 anni

Martina Hingis sorride dopo un punto ottenuto assieme a Flavia Pennetta contro Ekaterina Makarova e Elena Vesnina durante la finale del doppio femminile degli US Open del 2014, 6 settembre 2014 (Julian Finney/Getty Images)
Martina Hingis sorride dopo un punto ottenuto assieme a Flavia Pennetta contro Ekaterina Makarova e Elena Vesnina durante la finale del doppio femminile degli US Open del 2014, 6 settembre 2014 (Julian Finney/Getty Images)

Francesco Paolo Giordano racconta sull’Ultimo Uomo la vita e le vittorie della tennista svizzera Martina Hingis, una delle più forti degli anni Novanta. Hingis oggi ha 34 anni e gioca prevalentemente in tornei di doppio: ma nel 1999, a soli 18 anni, aveva già vinto cinque Slam, cioè i tornei internazionali più importanti, e l’anno prima era diventata prima nel ranking mondiale delle tenniste. A partire dagli anni Duemila, però, Hingis ha avuto una carriera complicata: si è ritirata nel 2003 a 23 anni – un’età in cui la maggior parte dei tennisti è all’apice della propria carriera – per poi tornare al professionismo nel 2006. Nel 2007 è stata però trovata positiva alla cocaina durante il torneo di Wimbledon. Si è ritirata una seconda volta quell’anno e le storie sul suo conto sono passate sui giornali dalle pagine di sport a quelle di gossip. È tornata al professionismo una seconda volta, nel 2013, e qualche settimana fa ha vinto il torneo di doppio misto agli Australian Open. Erano 17 anni che non vinceva uno Slam.

Nel 1999 Martina ha solo 18 anni, ma ha già vinto cinque tornei Slam in carriera. Punta al sesto in finale al Roland Garros, sarebbe il suo primo titolo sulla terra parigina. Ha già giocato una finale a Parigi, nel 1997, il suo anno d’oro: lì avrebbe realizzato il Grande Slam, se solo non si fosse messa di mezzo una carneade come Iva Majoli, che sorprende tutti sconfiggendola in due set. Adesso invece sta giocando contro Steffi Graf, più vecchia di lei di undici anni, che ha cominciato a vincere tornei quando Martina andava alle elementari. Però è lei, svizzera di origini slovacche, chiamata così in onore di Martina Navratilova, a tenere in pugno il match. È avanti 6-4 2-0. Forse è finalmente la sua giornata: magari ci vorrà un’altra mezz’ora, forse qualcosa di più, sembra comunque solo questione di tempo prima che vinca l’unico Slam che manca alla sua giovane carriera. Ma lì accade qualcosa.

Graf è al servizio, Martina risponde col dritto. La palla cade nei pressi della linea, arriva la chiamata del giudice di linea: è out. A veder bene, la palla sembra dentro, e anche la piccola svizzera ne è convinta: si avvicina alla rete per verificare meglio in prima persona. L’arbitro di sedia Anne Lasserre scende dal suo seggiolone: cerca il segno, non lo trova. Dà per buona la chiamata del giudice di linea. A quel punto Martina entra nel campo avversario e continua a muoversi intorno al punto incriminato in cui è rimbalzata la palla. Non è permesso, e così riceve un penalty point: in un colpo solo perde due 15. Non si dà pace, per lei la palla è dentro, si siede sulla sua panchina, come se non volesse più riprendere a giocare. Il pubblico comincia a fischiare, i supervisor entrano in campo per parlare con lei e convincerla a tornare in campo. Solo a quel punto Hingis torna sui suoi passi, sorridendo nervosamente. La gente ammassata sugli spalti del Philippe Chatrier continuerà a riempirla di fischi, schierandosi apertamente con la tedesca.

Da lì, Hingis si aggiudicherà appena cinque game e il titolo finirà nelle mani di Steffi Graf, vittoriosa per 4-6 7-5 6-2. Al servizio sotto 2-5 nel terzo set, Hingis annulla un primo match point dell’avversaria con un servizio da sotto, lo stesso colpo con cui Michael Chang diciassettenne aveva mandato in tilt Ivan Lendl sempre sullo Chatrier, esattamente dieci anni prima. Ma stavolta, invece di esaltarsi per la tenacia dell’adolescente che batte il campione, il pubblico è offeso dall’oltraggio alla veterana, e continua a fischiarle contro.

Terminato l’incontro con una gelida e impersonale stretta di mano alla sua avversaria, Martina scompare. Si infila negli spogliatoi, l’organizzazione del Roland Garros si allarma: serviranno le rassicurazioni di mamma Melanie perché Hingis torni in campo per la premiazione. Ha gli occhi gonfi, la faccia bagnata dalle lacrime: il pubblico, impietoso fino a dieci minuti prima, si scioglie e la applaude. In mezzo al campo, Graf, attorniata dai fotografi, spende un pensiero per l’avversaria scossa: «Non essere delusa, hai un futuro meraviglioso davanti». Ripensa a lei, Steffi Graf, preconizzando una carriera altrettanto prosperosa per la ragazzina capricciosa. Dopo quella partita, la tedesca avrebbe giocato solamente altri due mesi, poi avrebbe detto addio al tennis. Ecco perché, nella cornice parigina, dice: «È la vittoria più bella della mia carriera». Sa bene perché: non vincerà altri titoli Slam nel singolare. La sua avversaria, quella dal futuro meraviglioso, neanche.

(Continua a leggere sull’Ultimo Uomo)