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  • Lunedì 9 marzo 2015

Che aria tira in Spagna

Il País dice che si sta entrando «in uno scenario politico completamente inedito»: secondo i sondaggi due nuovi partiti – non solo Podemos – stanno smantellando il bipartitismo

Spain's anti-austerity party Podemos leader Pablo Iglesias looks on prior to delivering a speech, during the closing rally of a political campaign for the municipal elections in Madrid on February 8, 2015. AFP PHOTO / PEDRO ARMESTRE (Photo credit should read PEDRO ARMESTRE/AFP/Getty Images)
Spain's anti-austerity party Podemos leader Pablo Iglesias looks on prior to delivering a speech, during the closing rally of a political campaign for the municipal elections in Madrid on February 8, 2015. AFP PHOTO / PEDRO ARMESTRE (Photo credit should read PEDRO ARMESTRE/AFP/Getty Images)

Il 2015 sarà per la Spagna un anno molto intenso per la politica. Il prossimo 22 marzo si svolgeranno in Andalusia le elezioni regionali; a maggio ci saranno le amministrative e poi, molto probabilmente a novembre, si voterà invece per le elezioni politiche. A capo del governo c’è oggi Mariano Rajoy, conservatore, del Partito Popolare in carica dalla fine del 2011. Da diversi mesi i sondaggi e i dibattiti interni raccontano che, chiunque vincerà, alla fine dell’anno si avrà nel paese una situazione comunque ben diversa rispetto a quella del bipartitismo che ha dominato la politica spagnola negli ultimi anni. Nel suo editoriale di ieri, domenica 8 marzo, il quotidiano El País ha scritto che la Spagna si sta avviando «a entrare in uno scenario politico completamente inedito».

Cosa dicono i sondaggi
Secondo l’ultimo sondaggio elettorale pubblicato da El País lunedì 9 marzo e condotto tra il 3 e il 4 marzo dall’istituto Metroscopia, Podemos risulta il primo partito del paese superando il Partito socialista spagnolo e il Partito popolare. Podemos è un partito di sinistra, anche se la definizione di per sé è incompleta (ci arriviamo), non ha nessun parlamentare e non governa da nessuna parte: i dati mostrano però che è al 22,5 per cento, con i socialisti del PSOE al 20,2 e il PP di Rajoy al 18,6. Ciudadanos, formazione guidata da Albert Rivera, giovane catalano che si oppone all’indipendentismo regionale, è al 18,4. Seguono Izquierda Unida al 5,6 e il partito Unione, Progresso e Democrazia (UPyD, nato da una scissione dal PSOE) al 3,6.

spagna voto

Il quotidiano spagnolo scrive che ci sono quattro partiti (due tradizionali, il PP e il PSOE, e due emergenti, Podemos e Ciudadanos) che si contendono circa l’80 per cento dei voti: sono molto vicini tra loro e la distanza tra il quarto e il primo non supera gli otto punti percentuali. Se queste cifre dovessero essere confermate, nessuno raggiungerebbe la maggioranza assoluta e sarebbero necessarie delle alleanze. Questi dati confermano anche che Podemos e Ciudadanos entreranno presto nel panorama politico spagnolo, mettendo fine al bipartitismo di PSOE e PP verso i quali, sempre secondo i dati, c’è un forte scontento. Il 72 per cento degli intervistati ha detto infatti di non approvare la gestione del governo negli ultimi tre anni e l’82 per cento di non aver condiviso nemmeno l’azione del principale partito di opposizione.

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Per quanto riguarda le figure dei leader dei diversi partiti, la situazione è quella che segue. Alberto Garzón è segretario di Izquierda Unida e deputato; Pedro Sánchez è segretario del PSOE; Albert Rivera è il leader di Ciudadanos; Pablo Iglesias di Podemos; Rosa Diez è membro del Congresso dei Deputati e portavoce di UPyD; Mariano Rajoy è primo ministro e leader del PP.

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Un’analisi
Bisogna tenere conto che le elezioni sono ancora lontane: le cose possono ancora cambiare. Questi ultimi dati sono un tentativo di tradurre le opinioni dei cittadini e delle cittadine spagnole, ed è un fatto dato per certo e condiviso dai principali giornali e analisti spagnoli che ci sia grande scontento verso i due partiti che hanno governato negli ultimi anni il paese, PSOE e PP.

Sono principalmente due gli elementi che hanno contribuito a questa disaffezione. Il primo è la crisi economica, con le misure di austerità e una diffusa riluttanza ad attribuire al governo stesso i segnali di una ripresa economica presenti da tempo in Spagna. Una netta maggioranza – 58 per cento contro 34, sempre secondo i sondaggi – non crede che i miglioramenti dell’economia nazionale siano dovuti alle misure adottate dall’attuale governo: «La rabbia non è favorevole all’equanimità», precisa El País.

Dopo una grave crisi economica e finanziaria iniziata nel 2008 e nove trimestri di seguito in negativo, la Spagna è uscita dalla recessione nell’ottobre del 2013. Il deficit pubblico resta molto alto, così come il tasso di disoccupazione. Le diseguaglianze economiche sono inoltre cresciute a un ritmo più veloce rispetto a qualunque altro paese europeo, colpendo in particolare i giovani e quelli che erano già poveri all’inizio della crisi. Al miglioramento del tasso di occupazione hanno contribuito la diminuzione della forza lavoro complessiva del paese (il numero di lavoratori stranieri è sceso di 51 mila unità nel terzo trimestre dell’anno) e l’introduzione di una legge di riforma del mercato del lavoro che ha reso il mercato stesso più flessibile (sono stati ridotti della metà, per esempio, i costi dei licenziamenti per le imprese in difficoltà ed è stato reso più semplice ridurre i loro stipendi).

Il recupero economico in generale è stato causato soprattutto dall’aumento dei consumi privati, da una forte ripresa della fiducia da parte dei consumatori stessi, da una ripresa degli investimenti delle imprese e da un miglioramento delle esportazioni. Sono aumentate le tasse per rafforzare le entrate fiscali (come quelle universitarie); gli ammortizzatori sociali, gli investimenti pubblici e i costi della pubblica amministrazione sono stati tagliati, il settore finanziario è stato reso più solido (anche grazie al prestito da 41 miliardi di euro alle banche da parte dell’UE e della BCE); è stato rivisto il sistema pensionistico. Tutti interventi che – almeno sulla carta – hanno portato a dati e numeri positivi, ma che hanno causato nel paese manifestazioni e proteste.

C’è poi una seconda questione che spiegherebbe la perdita di fiducia nei due tradizionali partiti del paese. Partito Socialista e Partito popolare – colpito nel 2013 da una serie di scandali legati alla corruzione – non hanno saputo affrontare al loro interno il rinnovamento di cui avrebbero avuto bisogno, finendo per essere identificati con un passato non troppo felice. La naturale conseguenza dell’attuale situazione è un grande e diffuso entusiasmo verso le nuove forze politiche che sono emerse negli ultimi tempi: PP e PSOE non scompariranno alle prossime elezioni, ma è probabile che ne usciranno ridimensionati.

Podemos
Podemos è stato fondato il 16 gennaio 2014 da Pablo Iglesias, che ne è tuttora il portavoce e membro più in vista. Iglesias, 35 anni, è uno scrittore, giornalista e accademico, ma è famoso in particolare per essere il presentatore di alcuni programmi di giornalismo televisivo e per essere stato spesso ospite di numerosi talk show politici spagnoli: è anche un ex membro del Partito Comunista Spagnolo. Iglesias è stato eletto al Parlamento europeo nelle ultime elezioni, le prime a cui ha partecipato il suo partito. Podemos ha ottenuto l’8 per cento dei voti, conquistando cinque seggi e diventando il terzo partito spagnolo appena quattro mesi dopo la sua fondazione.

Il programma politico di Podemos è centrato sull’ambientalismo, sulla lotta alle grandi imprese, alle banche e alla finanza. Prevede incentivi alla piccola impresa, alla produzione locale di cibo, al trasporto pubblico e la nazionalizzazione di gran parte dei servizi pubblici. Podemos non si oppone soltanto all’attuale classe politica spagnola, che chiama “casta”, ma come Syriza di Alexis Tsipras in Grecia ha preso anche posizioni molto forti contro l’Unione Europea e la Germania, vista come la causa principale dell’attuale situazione economica del paese, facendo appello a tutte le forze che lottano contro il sistema, non soltanto a quelle che fanno riferimento all’area di sinistra. Moltissimi degli iscritti e degli elettori di Podemos sono giovani e secondo il New York Times c’è un collegamento evidente tra i movimenti di piazza dei cosiddetti “Indignados”, che occuparono le piazze di Madrid nel 2011, e il partito creato da Iglesias. Sabato 31 gennaio Podemos ha organizzato a Madrid una grande manifestazione a cui hanno partecipato almeno 100 mila persone. Iglesias ha parlato del “vento del cambiamento” che ha iniziato a diffondersi in Europa, riferendosi alla vittoria alle elezioni greche di Syriza.

Ciudadanos
Ciudadanos è un partito nato in Catalogna nel 2006 con l’appoggio di alcuni intellettuali e importanti professionisti: non si dichiara né di destra né di sinistra, ma post-nazionalista e progressista. Pubblica online i suoi finanziamenti e bilanci e insiste molto sulla questione della trasparenza e della corruzione (ha da poco annunciato per esempio la creazione di un comitato per decidere l’eventuale formazione di accordi post-elettorali).

Il suo leader è Albert Rivera: nato nel 1979, è un ex campione di nuoto ed è laureato in Giurisprudenza. Dice di rivolgersi soprattutto a un elettorato moderato di centro (anche nel suo programma economico) e di essere a favore del matrimonio tra persone dello stesso sesso (sulle adozioni è un po’ più cauto). Sui manifesti della sua prima campagna elettorale compariva nudo accanto alla scritta: «Ci importano solo le persone». Nel 2006 Ciudadanos si è presentato alle elezioni per il parlamento della Catalogna ottenendo 3 seggi. La popolarità del partito da allora è rapidamente cresciuta, così come quella del suo leader che si è fatto notare in diversi dibattiti televisivi su reti catalane rivolgendosi al presidente della Generalitat de Catalunya, Artur Mas, in spagnolo e non in catalano. Negli ultimi sondaggi Ciudadanos risulta il quarto partito del paese.

foto: Pablo Iglesias, leader di Podemos. (PEDRO ARMESTRE/AFP/Getty Images)