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  • Mercoledì 4 marzo 2015

Un’altra brutta storia sul calcio italiano

Secondo Repubblica il denaro raccolto dalla fondazione per finanziare i settori giovanili viene distribuito tra le società per fare trattative e favori

Bayern Munich's French midfielder Franck Ribery places the ball for a corner kick during the German Cup DFB football match Hamburg SV vs FC Bayern Munich in Hamburg, northern Germany on October 29, 2014. AFP PHOTO / ODD ANDERSEN

RESTRICTIONS / EMBARGO ACCORDING TO DFB RULES IMAGE SEQUENCES TO SIMULATE VIDEO IS NOT ALLOWED DURING MATCH TIME. MOBILE (MMS) USE IS NOT ALLOWED DURING AND FOR FURTHER TWO HOURS AFTER THE MATCH. FOR MORE INFORMATION CONTACT DFB DIRECTLY AT +49 69 67880 (Photo credit should read ODD ANDERSEN/AFP/Getty Images)
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Un articolo pubblicato oggi su Repubblica si occupa della “Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre”, in origine creata per gestire parte dei soldi derivanti dalla vendita dai diritti televisivi per la trasmissione degli eventi sportivi. La legge Melandri del 2008 infatti prevede che la Lega di Serie A di calcio devolva una quota degli introiti da diritti tv ai settori giovanili, a progetti e infrastrutture e al finanziamento di due discipline sportive diverse dal calcio. L’articolo sostiene che in realtà la Fondazione utilizzi quei soldi per acquistare consenso tra i presidenti delle altre leghe, o per fare favori: per esempio la Lega Pro ha presentato 60 “progetti” – uno per ogni società rappresentata – che hanno tutti lo stesso preventivo, 33.333,3 euro. Sembra essere più un modo per spartirsi ugualmente quei soldi.

La chiamano Fondazione, ma in realtà è un bancomat, il grande bancomat del calcio italiano. Quello attraverso cui i “soliti noti” riescono a comprare il consenso dei presidenti delle squadre più piccole. Serve una manciata di voti in Lega Pro per salvare il presidente sull’orlo del burrone? E che problema c’è?, “famo un’anticipazione di cassa sui progetti della Fondazione” e il gioco è fatto, come ama dire Claudio Lotito (vedi telefonata con Pino Iodice). È l’ultimo scandalo del calcio italiano. O, meglio, è l’ingranaggio nascosto che completa il meccanismo di quell’unico sistema di potere, riassunto nella persona del presidente di Infront, Marco Bogarelli, che dal 2008 a oggi ha divorato il mondo del pallone, controllandone l’intera filiera.

IL BANCOMAT
Il funzionamento di questo ingranaggio è molto più semplice di quanto il nome ministeriale e la regolamentazione burocratica lascino pensare. La Legge Melandri del 2008 stabilisce che la Lega di Serie A devolva “una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti tv allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche”. Questi soldi, parecchie decine di milioni di euro l’anno, finiscono nella “Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre”, e da questa vengono gestiti, in totale assenza di controllo. In teoria la Fondazione dovrebbe ricevere attraverso un “ente veicolo” (Lega B, Lega Pro, Lega Dilettanti, Federazione basket e Coni) i progetti delle singole società, valutarli, scegliere i più utili o i più importanti e poi finanziarli. In pratica, invece dei progetti, vengono valutati, ovviamente su base esclusivamente politica, i “veicoli” e cioè i presidenti delle leghe a cui fare un favore. Questi poi li spartiscono tra i club a seconda delle convenienze. Il tutto indipendentemente dai progetti (che non vengono mai controllati). Tutto ciò succede nel migliore dei casi. Perché capita frequentemente che il consiglio, saldamente nelle mani di Lotito e di quella che l’opposizione in Lega chiama la gang di Infront, faccia anticipi di cassa o “premi” progetti degli anni precedenti.

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