Colore del vestito, la spiegazione

Il vestito è blu e nero o bianco e oro o? Molto dipende da come interpretiamo la luce, racconta un esperto su Slate

di Pascal Wallisch - Slate

Il colore del vestito visibile in una foto messa online dalla cantante scozzese Caitlin McNeill sul suo Tumblr è diventato l’argomento più discusso su Internet nel fine settimana: il vestito è bianco e oro, oppure blu e nero? La foto del vestito è stata commentata da molte celebrità e ne sono già state fatte diverse parodie. Pascal Wallisch, docente di psicologia e neuroscienze alla New York University ha spiegato su Slate alcune cose sul perché non vediamo tutti gli stessi colori.

Il cranio umano è completamente ermetico alla luce, e il cervello, che si trova dentro il cranio, è nell’oscurità più completa. L’immagine del mondo circostante che arriva al cervello dipende perciò esclusivamente dagli occhi: ci sono però molti passaggi tra la trasformazione dell’energia luminosa in impulsi elettrici, che avviene nell’occhio, e l’attività neurale che corrisponde a una percezione cosciente del mondo. In altre parole, il cervello gioca a una specie di telefono senza fili, e – contrariamente a quanto si può pensare – la nostra percezione corrisponde a un tentativo di interpretazione fatto dal cervello, non necessariamente a come sono le cose davvero. Questo si sa da almeno 150 anni, dai tempi di Hermann von Helmholtz. Ieri se ne sono rese conto moltissime persone su internet, che hanno discusso animatamente su quella che dovrebbe essere una semplice domanda: di che colore è questo vestito?

Molte parti del cervello contribuiscono a ogni singola percezione, e non dovrebbe sorprendere che persone diverse possano ricostruire il mondo circostante in modi diversi. Questo vale per molte qualità percettive, come la forma o il movimento. Il cervello di una persona, inoltre, può anche non limitarsi a una sola interpretazione: può cambiare tra diverse, avanti e indietro. Lo si può dimostrare con delle immagini particolari, che suggeriscono come il cervello, quando tenta di interpretare il mondo, alla fine tiri semplicemente a indovinare. Solo che normalmente dispone di una quantità di informazioni tale da aiutare a chiarire l’interpretazione.

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Il fatto che il cervello costruisca un suo modello interpretativo di come il mondo appare realmente è vero anche per quanto riguarda la visione del colore. La sfida fondamentale nella percezione è di identificare il colore di un oggetto nonostante i cambiamenti delle condizioni di illuminazione. L’insieme delle lunghezze d’onda che raggiunge il nostro occhio sarà interpretato dal cervello come colore, ma quale parte di questo insieme è legata alla luce che l’oggetto riflette e quale all’illuminazione circostante?

(vedete i pallini muoversi in orizzontale o in verticale?)

È una situazione ambigua: il cervello deve decidere se prendere per buono l’oggetto così come appare o se tenere in considerazione la variabile dell’illuminazione e usarla come parte dell’informazione per capire che cosa ha davanti. Non è interessato tanto alla corretta rappresentazione delle tonalità, quanto piuttosto alla possibilità di capire sempre di che oggetto si tratta, anche quando le condizioni di luce variano molto (per esempio: nella prima mattina e nel tardo pomeriggio la lunghezza d’onda della luce è maggiori). Il cervello lavora per la “coerenza del colore” – riconoscere lo stesso oggetto come avente lo stesso colore indipendentemente dall’ora del giorno – e lo fa piuttosto bene. Qualcosa deve essere però sacrificato: perciò non siamo bravi a distinguere con precisione il colore vero e proprio di un oggetto. Per esempio: una superficie bianca illuminata con una luce rossa sembrerà rossastra. La stessa superficie bianca illuminata con una luce blu sembrerà bluastra. Per riconoscere in entrambi i casi la superficie come bianca, si deve considerare il colore della sorgente luminosa. Perciò non dovrebbe stupirci che il riconoscimento dei colori sia influenzato molto dal contesto. La stessa sfumatura di grigio può sembrare quasi nera su uno sfondo chiaro, ma quasi bianca su uno scuro.

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Non è che sia un difetto. È una qualità. È un compromesso necessario per avere una percezione stabile dello stesso oggetto, indipendentemente dal contenuto.

E quindi che c’entra il vestito?
La divergenza interpretativa tra chi lo vede bianco e oro e chi blu e nero è piuttosto comune nel caso di uno stimolo complesso. Certo: c’è da tenere a mente che non tutti avranno lo schermo del computer calibrato allo stesso modo, e che non tutti guardano l’immagine con la stessa angolazione. Ma ci sono anche persone che percepiscono colori diversi guardando la stessa immagine sullo stesso schermo dalla stessa angolazione. E la differenza tra le percezioni delle persone sottoposte allo stimolo visivo di questa immagine è molto marcata.

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Ovviamente, la ragione per cui si discute sul vero colore del vestito dipende dal fenomeno della “coerenza del colore” che abbiamo visto prima. Molto probabilmente questo è un vestito blu e nero fotografato con un pessimo bilanciamento del bianco, che gli ha dato un’apparenza ambigua. Ma non cambia il fatto che molte persone lo vedano davvero bianco e oro. Che l’interpretazione della natura del colore dipenda dal contesto lo si può facilmente capire eliminando il contesto stesso. Nell’immagine qui sotto, due strisce sono state estrapolate dall’immagine originale senza che siano state modificate in nessun modo. La striscia “bianca/blu” ora sembra azzurra, e quella “oro/nera” marrone.

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Ma perché ci vediamo colori diversi? Se quest’ambiguità dipende dalla coerenza del colore (e sembra proprio di sì), la spiegazione più plausibile è che ogni persona abbia dato una propria interpretazione su quale fosse la fonte di illuminazione dell’abito. Quelli che hanno pensato che il vestito fosse illuminato da una luce blu lo hanno visto bianco e oro. Quelli che invece hanno pensato che l’illuminazione come rossastra lo hanno visto blu e nero. La cosa notevole è che l’immagine stessa permette entrambe le interpretazioni: l’illuminazione sembra bluastra nella parte superiore, ma giallastra/rossastra in quella inferiore. In sostanza: un vestito blu e nero illuminato da una luce bianca potrebbe essere indistinguibile da uno bianco e oro sui cui si proietta un’ombra bluastra.

Se è questo il caso, uno dovrebbe essere in grado di escludere coscientemente questa interpretazione, una volta che glielo si è fatto notare. Per molte persone, però, non funziona così: non funziona come l’illusione ottica della papera/coniglio. Le persone generalmente riescono a controllare coscientemente quello che vedono.

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Si aprono quindi diverse possibilità interessanti. Per esempio, da un po’ di tempo si sa che la retina umana – con il suo mosaico di coni che recepiscono lunghezze d’onda corte, medie e lunghe – cambia radicalmente da individuo a individuo, cosa che comunque sembra avere un effetto molto ridotto sulla reale percezione dei colori. Forse nel caso del vestito le differenze tra le retine portano a considerevoli differenze di percezione. Per di più c’è un altro tipo di contesto da considerare, ed è quello temporale. Non percepiamo gli stimoli visivi in modo estemporaneo, ma in relazione a quello che abbiamo già percepito in precedenza, in parte perché non tutti gli stimoli hanno le stesse probabilità di presentarsi davanti a noi. Questa specie di previsione è conosciuta come “precedente”. È possibile che persone diverse (ad esempio quelle mattiniere rispetto a quelle più notturne) abbiano un precedente diverso, basato sul tipo di illuminazione con cui hanno a che fare più di frequente. Oppure potrebbe esserci una complessa interazione tra le due cose.

Per ora dobbiamo comunque ammettere che non sappiamo per certo perché alcune persone vedano il vestito in un modo, molte altre in un altro e qualcuno invece lo veda un po’ in un modo e un po’ nell’altre, ma è comunque notevole che chi a un certo punto cambia idea lo faccia in un periodo di tempo piuttosto ampio. Normalmente il cambiamento è veloce, come nel caso del vaso di Rubin, quello che vedete più sopra coi profili delle due persone. Il tempo più lungo del solito potrebbe essere legato a una caratteristica della visione dei colori. Non rimangono alternative se non quella di fare ricerche sulle ragioni per cui si verifica questa pazzesca differenza di percezioni visive.

Nel frattempo una lezione che possiamo imparare da tutto questo è che è saggio assumere una posizione di umiltà epistemica. Solo perché vediamo qualcosa in un certo modo non vuol dire che tutti lo vedranno alla stessa maniera. E inoltre non vuol dire che la nostra percezione corrisponda necessariamente a quello che c’è davvero nel mondo reale. È un grande invito a mantenere una mente aperta, e a ricordarsi di tutto questo la prossima volta che non sarete d’accordo con qualcuno.

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