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  • Mercoledì 21 gennaio 2015

Cosa ha detto Obama, in ordine

Nel rituale discorso sullo stato dell'Unione il presidente degli Stati Uniti è stato «spavaldo»: ha detto che la crisi è finita e ha chiesto ai Repubblicani di fare cose che non faranno

di Francesco Costa – @francescocosta

WASHINGTON, DC - JANUARY 20: U.S. President Barack Obama delivers the State of the Union speech before members of Congress in the House chamber of the U.S. CapitolJanuary 20, 2015 in Washington, DC. Obama was expected to lay out a broad agenda to address income inequality, making it easier for Americans to afford college education, and child care. Also pictured are Vice President Joe Biden (L) and Speaker of the House John Boehner (R) (R-OH). (Photo by Mark Wilson/Getty Images)
WASHINGTON, DC - JANUARY 20: U.S. President Barack Obama delivers the State of the Union speech before members of Congress in the House chamber of the U.S. CapitolJanuary 20, 2015 in Washington, DC. Obama was expected to lay out a broad agenda to address income inequality, making it easier for Americans to afford college education, and child care. Also pictured are Vice President Joe Biden (L) and Speaker of the House John Boehner (R) (R-OH). (Photo by Mark Wilson/Getty Images)

Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha pronunciato martedì sera davanti al Congresso riunito in seduta plenaria – mentre in Italia erano le tre del mattino di mercoledì – il suo penultimo discorso sullo stato dell’Unione: uno dei più importanti riti annuali della politica americana, durante il quale il presidente degli Stati Uniti rende conto al Congresso delle condizioni del paese e annuncia impegni e priorità per il futuro.

Dato che il Congresso è interamente controllato dai Repubblicani, il discorso di Obama non è stato soltanto programmatico, anzi: ha tentato di descrivere una visione politica, un approccio generale, sperando con quello di condizionare il dibattito politico dei prossimi mesi, piuttosto che limitarsi all’enunciazione di proposte concrete (che pure ci sono state). Il New York Times ha scritto che ha parlato «ostentando sicurezza», che è stato «fiducioso e a tratti spavaldo», e tutti i giornali in generale fanno notare come non abbia nemmeno menzionato la dura sconfitta subita dai Democratici alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre, rafforzato anche dalle vittorie politiche di questi due mesi (l’accordo sul clima con la Cina, quello con Cuba e soprattutto i dati positivi sull’economia) che hanno sorprendentemente riportato dopo anni il suo tasso di popolarità sopra il 50 per cento. A un certo punto, alludendo al fatto che non ha più obiettivi politici personali, ha detto: «Non ho più campagne elettorali da fare, i miei scopi…» e i Repubblicani lo hanno interrotto, applaudendolo sarcasticamente. Obama si è fermato e ha detto: «Lo so, è perché ho vinto tutte e due le volte», facendo applaudire i Democratici molto più forte.

Complici gli ottimi dati sull’economia del 2014 – la disoccupazione è al livello minimo dall’inizio della crisi, la crescita economica al livello massimo, tra le altre cose – Obama ha detto che gli Stati Uniti hanno finalmente voltato pagina, dichiarando chiusa la crisi economica e i tempi difficili dei primi 15 anni del nuovo secolo. «Lo stato dell’Unione è forte», ha detto Obama per la prima volta in tutti i suoi discorsi sullo stato dell’Unione. «Ora sta a noi scegliere cosa vogliamo diventare nei prossimi 15 anni. Vogliamo un’economia in cui solo pochi di noi se la cavano spettacolarmente bene? O ci impegneremo ad avere un sistema che genera introiti e opportunità crescenti per chiunque si impegni? Il verdetto di questi ultimi anni è chiaro. Le politiche per la classe media funzionano. Espandere le opportunità funziona. E queste politiche continueranno a funzionare finché la politica non si metterà in mezzo».

Obama ha proposto di alzare le tasse sugli americani molto ricchi, introdurre una nuova imposta su banche e istituzioni finanziarie con più di 50 miliardi di dollari di asset e portare al 28 per cento le tasse sulle rendite finanziarie; e ha proposto di investire la cifra ricavata per tagliare le tasse alle famiglie (soprattutto per quelle con figli in cui entrambi i partner lavorano), per dare accesso gratuito ai college pubblici a milioni di giovani americani, per investire in infrastrutture – fisiche e digitali – e per rafforzare benefit fiscali e sociali dei cittadini. «Queste sono politiche per la classe media: alla base c’è l’idea che questo paese dà il suo meglio quando ognuno ha un’opportunità, quando tutti fanno la loro parte e quando tutti seguono le regole. In questi anni a ogni passo ci è stato detto che i nostri obiettivi erano sbagliati o troppo ambiziosi, che avremmo distrutto posti di lavoro e fatto esplodere il deficit. Invece abbiamo ottenuto la più veloce crescita economica in un decennio, il deficit tagliato di due terzi, il mercato della borsa che ha raddoppiato le sue dimensioni e l’inflazione nel settore sanitario al livello più basso degli ultimi cinquant’anni. Il verdetto è chiaro».

Obama ha più volte minacciato i Repubblicani di usare il potere di veto per rigettare qualsiasi proposta di abolizione della riforma sanitaria, della riforma finanziaria e delle modifiche alle leggi sull’immigrazione: un tema su cui lo scorso novembre ha assunto un’iniziativa di cambiamento senza precedenti. I Repubblicani hanno mostrato nuovamente di trovarsi in difficoltà quando si parla di immigrazione, stretti tra le posizioni rigide della propria base elettorale, quasi esclusivamente bianca e conservatrice, e la necessità di recuperare consensi negli stati con grandi popolazioni di origini latinoamericane: durante il tradizionale discorso di risposta dell’opposizione allo stato dell’Unione, solo quello Repubblicano in lingua spagnola ha parlato di immigrazione; quello Repubblicano in inglese no.

Forse anche per evidenziare come la sua presidenza sia ormai in una nuova fase, meno legata alle battaglie politiche del giorno per giorno e più concentrata sul desiderio di lasciare un’impronta, una “legacy”, nella politica americana, Barack Obama durante il discorso di stanotte ha ripreso le sue parole più famose: quelle che pronunciò alla convention dei Democratici del 2004, nel discorso che lanciò la sua carriera. «Sapete, dieci anni fa feci un discorso a Boston e dissi che non ci sono un’America progressista e un’America conservatrice, un’America nera e un’America bianca, ma solo gli Stati Uniti d’America. Negli ultimi sei anni più di una volta opinionisti e politici hanno detto che la mia presidenza non ha portato a uno scenario del genere, che la nostra politica sembra più divisa che mai. Io continuo a pensare che i cinici abbiano torto».

Obama ha chiesto la collaborazione del Congresso nell’approvazione dei trattati commerciali col Giappone e con l’Unione Europea, tra gli altri, e nel sostegno delle operazioni militari contro lo Stato Islamico in Iraq e in Siria. Ha difeso la politica estera degli Stati Uniti, ha definito il matrimonio gay un «diritto civile», ha definito anacronistiche le differenze di retribuzione tra uomini e donne chiedendo ai datori di lavoro di comportarsi in modo egualitario («Siamo nel 2015. È venuto il momento») e ha fatto cenno a molte altre cose: il discorso sullo stato dell’Unione è uno di quei discorsi lista-della-spesa, di quelli che cercano di affrontare o quantomeno toccare tutti i temi politici. Soprattutto Obama ha chiesto ai suoi avversari «di fare appello alle migliori qualità degli americani, e non alle nostre peggiori paure»: la stampa è concorde nel dire che lo ha fatto più per delineare il suo punto di vista sulle cose, e sperare che condizioni la politica americana nei mesi a venire, piuttosto che nella speranza ormai persa di convincere i Repubblicani a lavorare con lui.

Il discorso sullo stato dell’Unione è stato visto da circa 30 milioni di persone in diretta, in tv, ma molte altre lo hanno seguito in streaming online. Il testo integrale del discorso è qui, il video è di seguito. Per quelli che si erano incuriositi: il “designated survivor”, l’unico membro del governo e del Congresso e della Corte Suprema che non assiste personalmente al discorso ma viene trasferito in una località segreta per restare vivo nel caso di un attentato, è stato il ministro dei Trasporti Anthony Foxx.