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  • Venerdì 2 gennaio 2015

Due giovani donne da ammirare

Adriano Sofri sul rapimento di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo in Siria, sull'opportunità di pagare un riscatto e sull'"abietto versamento di insulti, a loro e famiglie"

Adriano Sofri ha scritto su Repubblica un lungo commento alla recente pubblicazione di un video in cui sono visibili, per pochi secondi, Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze italiane rapite in Siria alla fine del luglio 2014. Il Fronte al Nusra, gruppo che di fatto rappresenta al Qaida in Siria, ha rivendicato il sequestro e nel video si parla di trattative in corso per la loro liberazione. Sofri ricorda l’«abietto versamento di insulti, a loro e famiglie: stiano a casa a giocare con le bambole, sono andate a farsi il selfie coi terroristi, non ci si sogni di riscattarle con “i nostri soldi”, paghino gli irresponsabili genitori» dell’estate scorsa, chiedendosi come e se sia mai possibile riuscire a dissuadere qualcuno che sta preparando «scatoloni di farmaci e giocattoli» per portare soccorso a qualcun altro e riflette sull’opportunità di cedere o meno al ricatto dei sequestratori, in questo caso come in passato.

Quella coi capelli chiari era Greta, Vanessa era quella coi capelli neri. Durante quasi cinque mesi, avevamo imparato così a distinguere Greta Ramelli da Vanessa Marzullo, che nelle foto si fondevano l’una nell’altra, avvolte in una bandiera fiduciosa o illusa di libertà. Nel breve filmato hanno i capelli coperti, e c’è stato bisogno di aiutarsi con le didascalie. Il 31 dicembre quella coi capelli neri ha compiuto 22 anni. Greta ne ha uno di meno. La veste nera non è un’imposizione dei carcerieri, ma l’abito che avrebbero indossato nella Siria devastata di cui erano conoscitrici. Ora però non è più loro, è una divisa da condannate. Lascia scoperti i visi, e basta a misurare e far temere che cosa abbia voluto dire la loro lunga manomissione.

Tengono gli occhi bassi: si può pensare che Greta li tenga bassi per leggere il messaggio che le è stato preparato, ma quando Vanessa li alza per guardare verso chi filma, li riabbassa subito, come per rimediare a una trasgressione. Dura in tutto 23 secondi, abbastanza per mostrare che sono ancora vive, per avvisare che sono in grave pericolo, in pericolo di morire, per costringere a immaginare da quante mani, e quali, siano passate. Lo si riguarda, una volta studiando il viso dell’una, la volta dopo il viso dell’altra, vicine e così separate: il filo di voce di Greta, l’incombenza di Vanessa che regge una data inaffidabile. Personaggi di una Pietà di cui sono anche le vittime. E’ un video rudimentale a mostrare le due giovani donne ostaggi della qaedista al Nusra, e fa nonostante tutto confidare nella liberazione, ammesso che la ragionevolezza abbia ancora uno spazio in quel territorio dall’umanità sequestrata. Non è un video di propaganda, sembra proporsi di rifinire una trattativa. Ora non c’è che da sperare con tutto il cuore che vada in porto.

Furono istruttive certe reazioni al sequestro. Con tanti auguri di uscirne sane e salve, per carità, ma con un abietto versamento di insulti, a loro e famiglie. Stiano a casa a giocare con le bambole, sono andate a farsi il selfie coi terroristi, non ci si sogni di riscattarle con “i nostri soldi”, paghino gli irresponsabili genitori… Un genitore si sentì costretto a spiegare che sua figlia era maggiorenne, che lui l’aveva dissuasa, che non poteva legarla… Io mi sforzerei di dissuadere una ragazza che, per amore dei bambini senza cibo senza medicine e senza amore, volesse partire per la Siria. Non potrei legarla, e soprattutto non potrei fare a meno di ammirarla. Non si è impiegato un simile livore a persone in gamba come Domenico Quirico. Ma lui è un giornalista provetto, direte, un professionista, uno che sa il fatto suo. Infatti: ciò che non gli ha risparmiato la terribile avventura. Greta e Vanessa erano donne, e giovani: troppo giovani e troppo donne, verrebbe da dire, in questa euforica infantilizzazione anagrafica universale. Avevano alle spalle un’esperienza da invidiare di conoscenza e aiuto al proprio prossimo in Africa e in Asia, e della stessa Siria erano veterane. Questa volta andavano ad Aleppo col proposito preciso della riparazione di tre pozzi, per gente privata anche dell’acqua. Si erano finanziate a Varese e a Milano vendendo fotografie e libri, fino a raggiungere la cifra, che era sembrata adeguata, di 6 mila euro. I ritratti che ne fanno delle creaturine in balia di slogan e smancerie sono contraddetti da una loro mania contabile scrupolosa ed efficiente, e dall’idea che la rivoluzione sia l’autorganizzazione di ospedali, scuole, mense… Una donna di vent’anni – anche un uomo – non è incapace di intendere la pena del mondo e di volerne la riparazione. Gli insulti contro Vanessa e Greta avevano argomenti come il tifo per Bashar al Assad e il precetto di farsi gli affari propri: farsi gli affari di Bashar al Assad, insomma.

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