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  • Domenica 28 dicembre 2014

Scegliere i giocatori per la loro faccia

Una squadra di basket della NBA ha assunto un esperto di codifica delle espressioni facciali per selezionare le giovani promesse sulla base della loro personalità, oltre che della tecnica

during their game at Time Warner Cable Arena on October 29, 2014 in Charlotte, North Carolina. The Charlotte Hornets defeated the Milwaukee Bucks 108-106 in overtime. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.
during their game at Time Warner Cable Arena on October 29, 2014 in Charlotte, North Carolina. The Charlotte Hornets defeated the Milwaukee Bucks 108-106 in overtime. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement.

Da circa sette mesi i Milwaukee Bucks, una squadra della Eastern Conference della NBA (National Basketball Association, la lega professionistica di basket di Stati Uniti e Canada), hanno assunto nel proprio staff Dan Hill, un noto esperto di codifica delle espressioni facciali. Il compito di Hill è quello di analizzare le espressioni dei giocatori durante il gioco e provare a capire quale sia la loro personalità: le sue valutazioni vengono poi integrate con altri dati per valutare le abilità future dei giocatori più giovani. Hill è stato assunto nel maggio del 2014 dai proprietari dei Bucks, Wesley Edens e Marc Lasry: gli è stato affidato il compito di valutare alcuni giocatori delle università americane, selezionabili ogni anno dalle squadre di NBA nel cosiddetto draft. Una figura professionale del genere è una novità anche nel contesto dell’NBA, in cui le squadre da anni utilizzano vari parametri e statistiche di gioco per selezionare nuovi giocatori, oltre che per allenare quelli già in rosa.

David Morway, vice general manager dei Bucks, ha detto al New York Times che la squadra passa già molto tempo a valutare i giocatori «analiticamente, e per come giocano a basket» – basandosi cioè sulle loro prestazioni – ma che «il pezzo difficile del puzzle sono le caratteristiche psicologiche di ciascuno di loro: e non solo quelle caratteriali o personali, ma anche di chimica di squadra».

Prima dell’ultimo draft, uno dei giocatori più ambiti era il 18enne australiano Dante Exum, che gioca come playmaker. Lo psicologo dei Bucks Ramel Smith aveva già fatto delle ricerche sulla personalità di alcuni giocatori da mettere sotto contratto, fra i quali Exum: dopo che Smith si è confrontato con Hill, però, la prima scelta della squadra è stata Jabari Parker, 18enne ala piccola proveniente dall’università Duke. Exum è invece andato agli Utah Jazz e finora è considerato una delle prime scelte più deludenti del 2014. Quella di Parker è stata invece un’ottima scelta. Fino al suo infortunio al ginocchio, il 15 dicembre, Parker era fra i candidati per vincere il premio di rookie (debuttante) dell’anno, con una media di 12,3 punti e 5,5 rimbalzi a partita (la media di Exum è invece di 4,9 punti e 2 assist a partita). I Bucks, dopo una scorsa stagione disastrosa, oggi sono sesti nella Eastern Conference. Riguardo Exum e Parker, Hill ha detto: «non ho nulla contro Exum, ma la flessibilità emotiva, la solidità e un portamento sicuro di sé sono stati fattori chiave in favore di Parker».

Il metodo di Hill è basato sul Sistema di Codifica delle Espressioni Facciali, un metodo per analizzare la comunicazione non verbale del volto elaborato nel 1978 dagli psicologi statunitensi 80enne Paul Ekman e Wallace V. Friesen, oggi variamente accettato. Il New York Times racconta che il metodo «individua quali dei 43 muscoli del visto sono in azione in ogni momento, e a ciascuno fa corrispondere sette emozioni principali: felicità, sorpresa, disprezzo, disgusto, tristezza, rabbia e paura». Hill compie ulteriori analisi basandosi sul metodo di Ekman e Friesen: divide per esempio i sorrisi in quattro categorie di “intensità” fra minuscolo, debole, robusto e vero. Ad esempio, la buona stagione di Russell Westbrook degli Oklahoma City Thunder può anche essere misurata dall’alto numero di sorrisi “deboli”, che indicano soddisfazione, e di quelli “veri”, che indicano un sentimento di felicità. Ha detto Hill: «le azioni raccontano più delle parole e sono un mezzo per esprimersi più naturale per giocatori che eccellono nelle azioni tecniche e veloci. L’abilità verbale – anche nelle interviste – è una buona caratteristica, ma non strettamente necessaria».

Hill lavora nel campo della lettura delle espressioni del volto da 16 anni, applicandolo principalmente a ricerche di marketing per nuovi prodotti, testati spesso su gruppi di persone “campione”. Hill ha raccontato di aver pensato di applicare la sua competenza agli sport nel 2008, dopo aver osservato il viso del tennista Rafa Nadal nella sua sconfitta nella semifinale degli US Open contro Andy Murray: in quell’occasione Hill ha capito che il volto di Nadal esprimeva “profonda tristezza”, e che di conseguenza ha pensato che studiare le facce di uno sportivo poteva aggiungere qualcosa all’analisi delle sue prestazioni passate.

Nel 2011, Hill è stato assunto da Jeff Foster per lavorare alla NFL Scouting Combine, un evento che si tiene a febbraio nel quale gli allenatori e gli osservatori della National Football League – il principale campionato statunitense di football americano – osservano i giocatori provenienti dalle università che verranno selezionati nel successivo draft. Hill propose di modificare alcune delle domande che venivano fatte ai giocatori in una specie di intervista, inserendone per esempio una che chiedeva “come ti descriverebbe tua madre?”: lo scopo di Hill era quello di osservare le reazioni dei giocatori, più che badare alle loro risposte. Secondo Foster, Hill possiede un “dono speciale” per comprendere la personalità di un dato giocatore.

Alcuni hanno espresso dei dubbi sull’efficacia del metodo di Hill: Martha Farah, il direttore del Centro per le neuroscienze della University of Pennsylvania, ha detto per esempio di dovere ancora capire quale sia l’efficacia del suo metodo applicata agli sport.

«Non è facile ottenere dei dati attendibili, perché le prestazioni di un dato giocatore e il gioco di squadra sono dati complessi e le squadre sportive non sono gestite come esperimenti scientifici. È difficile stabilire se il metodo funzioni bene, se sia necessario dargli un margine di dubbio o se non funzioni affatto».

nella foto: Jabari Parker durante una partita con i Milwaukee Bucks (Streeter Lecka/Getty Images)