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  • Venerdì 26 dicembre 2014

Lo Stato Islamico, che non è uno stato

I miliziani del Califfato Islamico sono disorganizzati, non hanno le capacità e l'esperienza per governare i territori che hanno conquistato, dice il Washington Post

di Liz Sly - The Washington Post

FILE - In this undated file image posted on Monday, June 30, 2014, by the Raqqa Media Center of the Islamic State group, a Syrian opposition group, which has been verified and is consistent with other AP reporting, fighters from the Islamic State group parade in Raqqa, north Syria. In the early dawn of Nov. 2, militant leaders with the Islamic State group and al-Qaida gathered at a farm house in northern Syria and sealed a deal to stop fighting each other and work together against their opponents, a prominent Syrian opposition official and a rebel commander said. Such an alliance could be a significant blow to struggling U.S-backed Syrian rebels. (AP Photo/Raqqa Media Center of the Islamic State group, File)
FILE - In this undated file image posted on Monday, June 30, 2014, by the Raqqa Media Center of the Islamic State group, a Syrian opposition group, which has been verified and is consistent with other AP reporting, fighters from the Islamic State group parade in Raqqa, north Syria. In the early dawn of Nov. 2, militant leaders with the Islamic State group and al-Qaida gathered at a farm house in northern Syria and sealed a deal to stop fighting each other and work together against their opponents, a prominent Syrian opposition official and a rebel commander said. Such an alliance could be a significant blow to struggling U.S-backed Syrian rebels. (AP Photo/Raqqa Media Center of the Islamic State group, File)

L’ambizioso piano dello Stato Islamico (IS) di creare uno stato vero e proprio sembra si stia sgretolando man mano che le condizioni degli abitanti del Califfato Islamico peggiorano. Allo stesso tempo stanno emergendo i limiti di un gruppo che dedica buona parte delle sue energie a combattere battaglie e a far rispettare regole di comportamento molte severe. Diversi abitanti dei territori dell’Iraq e della Siria controllati dall’IS dicono che i servizi stanno crollando, i prezzi stanno aumentando e i medicinali sono scarsi. Di fatto smentiscono gli annunci dei miliziani del gruppo che sostengono di avere creato un modello di governo per tutti i musulmani. I video molto curati dello Stato Islamico – dove vengono mostrati uffici governativi in funzione e meccanismi per la distribuzione di aiuti – non corrispondono alla realtà. La leadership dell’IS sembra per lo più inefficace e disorganizzata e sta contribuendo all’impoverimento generale. La tanto strombazzata moneta dello Stato Islamico non esiste ancora, e nemmeno altri documenti promessi di recente, come i passaporti. Le scuole funzionano a malapena, i medici sono pochi e si stanno diffondendo molte malattie.

Un giornalista che vive a Mosul, in Iraq, ha raccontato che in città l’acqua non è più potabile a causa dei mancati rifornimenti di cloro (il giornalista ha voluto rimanere anonimo, come molte altre persone che hanno dato la loro testimonianza per questo articolo). L’epatite si sta diffondendo e beni come la farina sono sempre più scarsi. Il giornalista ha aggiunto che “non c’è più vita in città, è dura come se stessimo vivendo in una gigantesca prigione”.

Nella città siriana di Raqqa, che è stata proclamata dall’IS “capitale” del Califfato, acqua ed elettricità non sono disponibili per più di 3-4 ore al giorno, mentre l’immondizia continua ad accumularsi nelle strade. Gli abitanti di Raqqa hanno raccontato che spesso vengono organizzati dei mercatini per cercare di vendere tutto ciò che si riesce ancora a trovare in giro. Alcuni video girati da gruppi di attivisti mostrano donne disperate con i loro bambini intenti a elemosinare del cibo. Altre foto circolate online mostrano miliziani stranieri che fanno pasti molto abbondanti: una differenza di condizioni che comincia a creare del risentimento tra la popolazione.

 

Gli aiuti offerti alla popolazione provengono in buona parte da agenzie umanitarie occidentali, che senza dare troppo nell’occhio continuano ad aiutare le aree della Siria sotto il controllo dell’IS. Un funzionario americano ha detto che gli Stati Uniti finanziano gli ospedali e forniscono coperte e indumenti per aiutare la popolazione in difficoltà. Gli impiegati governativi che si fanno carico di ciò che rimane delle istituzioni continuano a essere pagati dal governo siriano: per ricevere la paga fanno la spola dai luoghi dove lavorano verso le città controllate ancora dal governo di Damasco. «L’IS non ha idea di come si facciano queste cose» ha spiegato un funzionario statunitense. «Quando qualcosa di rompe, c’è molta disperazione. L’IS non ha ingegneri e personale in grado di gestire le città, quindi non c’è manutenzione e le cose semplicemente smettono di funzionare».

Ci sono anche primi segnali di cedimento tra alcuni miliziani, le cui aspettative di una vittoria facile e rapida sono crollate dopo l’inizio degli attacchi aerei statunitensi. Un comunicato diffuso questo mese a Raqqa chiedeva ai miliziani di tornare al fronte, dopo che diversi miliziani si erano rifiutati di combattere. Di recente è stata anche istituita una nuova forza di polizia incaricata di andare casa per casa per trovare e riportare gli uomini a combattere.

Per ora non sembra che le difficoltà del Califfato Islamico possano portare a una ribellione vera e propria, per lo meno non in tempi rapidi. Secondo diversi abitanti dell’area – intervistati mentre si trovavano in Turchia o usando una connessione internet – la paura di punizioni molto dure e l’assenza di alternative disincentivano proteste troppo rumorose. Il progressivo sgretolamento del Califfato sta però insidiando un aspetto importante dell’identità dell’IS: la capacità di governare. L’IS si definisce uno stato nato con l’obiettivo di riportare in auge il califfato del settimo secolo, che allora controllava il mondo musulmano. Il fatto stesso che l’IS non stia riuscendo a fornire servizi nelle aree che controlla mette in discussione la praticabilità delle sue ambizioni. Un attivista della città siriana orientale di Deir al-Zour ha detto: l’IS «non è un mostro in grado di controllare tutto e di sconfiggere tutti. L’idea in generale che sia bene organizzato e che abbia capacità amministrative è sbagliata. È solo l’immagine che prova a dare a se stesso».

È a Raqqa – la prima grande città a essere caduta sotto il controllo dello Stato Islamico più di un anno fa e la culla del suo esperimento di governo – che la discrepanza tra ciò che viene promosso e la realtà sembra più evidente. Un uomo d’affari di Raqqa che di recente ha viaggiato fino a Mosul ha raccontato che la città irachena è messa molto meglio rispetto a quella siriana. A Raqqa la popolazione deve fare i conti con il problema della fame e dei devastanti bombardamenti aerei, che fra l’altro hanno avuto un ruolo centrale nel danneggiare le infrastrutture cittadine. Gli attacchi degli Stati Uniti verso obiettivi dell’IS hanno spinto i miliziani ad abbandonare molti edifici governativi e hanno danneggiato le attività delle piccole raffinerie su cui facevano affidamento molti cittadini per guadagnare qualche soldo.

Alcuni siriani dicono anche l’IS non ha mai avuto le capacità amministrative che sosteneva di avere. Chi in passato ha voluto allontanarsi dalle aree controllate dallo Stato Islamico – compresi gli amministratori e i funzionari che di solito hanno conoscenze tali da essere essenziali per governare – lo ha potuto fare. I siriani dicono che l’amministrazione dell’IS è gestita da una rete di emiri e principi piuttosto oscura. Le posizioni di basso livello sono occupate da siriani o stranieri che spesso non hanno alcun tipo di conoscenza o di abilità amministrativa. «L’IS è diventato troppo grande per controllare se stesso», ha spiegato un operatore umanitario siriano che ha spesso a che fare con funzionari dello Stato Islamico. Dice che sono volenterosi e cooperativi «ma non sono molto svegli, e non sono competenti: non hanno esperienza».

Molte persone hanno a che fare con l’IS per le sue forze di polizia e di sicurezza, compresa l’ormai famosa hesbah, che pattuglia le strade per controllare che non ci siano violazioni della legge islamica. Gli esercenti devono chiudere i loro negozi cinque volte al giorno per i momenti di preghiera. Molti hanno smesso di fumare nella paura di finire in prigione per tre giorni se scoperti, e per un mese se sono scoperti una seconda volta. Le esecuzioni pubbliche per furto, blasfemia o per avere dissentito con i miliziani continuano ad aumentare. Una nuova forma di punizione per gli omosessuali, che consiste nel lanciare la persona accusata da un edificio molto alto, è già stata utilizzata almeno un paio di volte nelle ultime settimane.

In compenso il crimine si è ridotto rispetto a quando a comandare erano i ribelli siriani. Un funzionario del governo siriano che ha lavorato nel dipartimento del Fisco ha detto: «I miliziani non sono crudeli come lo era il precedente regime. Se non si fa niente di male – secondo i loro standard, non i nostri – non ti verranno a dar noia». L’applicazione molto rigida delle regole a volte complica comunque gli sforzi per fornire alcuni tipi di servizi. Quando alcuni elettricisti sono corsi a riparare alcuni cavi danneggiati dai bombardamenti governativi nella città di Deir al-Zour, l’IS li ha imprigionati e puniti con alcune frustrate per avere violato la regola che impedisce di lavorare nelle ore di preghiera. Tutti i membri dello staff di uno dei quattro ospedali da campo della città sono stati imprigionati perché sono stati scoperti a fumare mentre erano in riunione.

Non ci sono prove sul fatto che i ricavi dell’IS, stimati intorno ai 12 milioni di dollari al mese, stiano diminuendo. I funzionari dell’IS continuano a riscuotere i tributi andando casa per casa e chiedendo denaro anche per servizi come le forniture di corrente elettrica e il telefono. «Se il regime non fornisse le telecomunicazioni e gli stipendi, non penso che lo Stato Islamico potrebbe sopravvivere», ha spiegato Hassan Hassan, analista siriano che lavora presso il Delma Institute di Abu Dhabi. «Riscuote denaro per cose che sono fornite dal regime. Ma non è uno stato che si sostiene da solo».

Ci sono poi tensioni che iniziano a emergere tra la popolazione locale e i combattenti stranieri, che secondo gli Stati Uniti sono circa 15mila, ovvero più o meno metà dell’intero numero di miliziani. I combattenti dell’IS, per esempio, vengono curati nei loro centri medici disposti sul territorio in posizioni segrete, mentre i civili sono obbligati a fare affidamento sugli ospedali privati ormai in rovina. Abu Mohammed, un attivista del movimento “Raqqa viene silenziosamente massacrata”, ha detto: «La gente ne ha abbastanza e vorrebbe sbarazzarsene, ma non ne ha le capacità».

© Washington Post 2014