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  • Giovedì 18 dicembre 2014

Il Washington Post critica Obama su Cuba

"Quello che ha fatto davvero è dare una nuova prospettiva di vita a un regime fallito da cinquant'anni", dice un editoriale del giornale

di Washington Post

WASHINGTON, DC - DECEMBER 17: U.S. President Barack Obama speaks to the nation about normalizing diplomatic relations the Cuba in the Cabinet Room of the White House on December 17, 2014 in Washington, DC. Obama announced plans to restore diplomatic relations with Cuba, over 50 years after they were severed in January 1961. In a prisoner exchange, U.S. contractor Alan Gross was freed after being held in Cuba since 2009 and sent to Cuba three Cuban spies who had imprisoned in the U.S. since 2001. (Photo by Doug Mills-Pool/Getty Images)
WASHINGTON, DC - DECEMBER 17: U.S. President Barack Obama speaks to the nation about normalizing diplomatic relations the Cuba in the Cabinet Room of the White House on December 17, 2014 in Washington, DC. Obama announced plans to restore diplomatic relations with Cuba, over 50 years after they were severed in January 1961. In a prisoner exchange, U.S. contractor Alan Gross was freed after being held in Cuba since 2009 and sent to Cuba three Cuban spies who had imprisoned in the U.S. since 2001. (Photo by Doug Mills-Pool/Getty Images)

Oggi il Washington Post pubblica un editoriale molto severo – non firmato, quindi voce ufficiale del giornale – sulla svolta nei rapporti tra Stati Uniti e Cuba e su quello che secondo i giornalisti potrebbe succedere da qui in poi.

Negli ultimi mesi le prospettive per il regime di Castro a Cuba sono andate peggiorando. Le riforme modeste adottate negli ultimi anni per migliorare le pessime condizioni economiche del paese erano in fase di stallo, a causa del rifiuto del regime di lasciare ai cubani maggiori libertà. Il rapido collasso economico del Venezuela ha peggiorato le cose, mettendo a rischio gli enormi sussidi che hanno mantenuto i castristi a galla negli ultimi dieci anni. Un numero crescente di cubani si è messo a reclamare i diritti umani basilari, come la libertà di parola e di riunione.

Poi, mercoledì, Castro ha improvvisamente ottenuto un piano di salvataggio completo da parte dell’amministrazione Obama.

Il presidente Obama ha concesso al regime tutto quello che c’era sulla “lista dei desideri” di Castro, tra quello che era in suo potere garantire: la completa rimozione dell’embargo commerciale, infatti, richiede infatti il via libera del Congresso. Saranno ristabilite relazioni diplomatiche normali, il posto di Cuba nella lista dei paesi che sostengono il terrorismo sarà rivisto e verranno sollevate le restrizioni sugli investimenti degli Stati uniti e per la maggior parte dei viaggi a Cuba. Questa grande liberalizzazione fornirà al regime dell’Avana una nuova fonte di denaro, di cui aveva disperato bisogno, ed eliminerà la capacità d’influenza degli Stati Uniti per ottenere riforme politiche da Castro.

Come parte dell’accordo il regime ha rilasciato Alan Gross, un contractor dell’Agenzia statunitense per lo Sviluppo Internazionale che fu ingiustamente imprigionato cinque anni fa mentre cercava di aiutare gli ebrei cubani. È stato liberato anche un agente statunitense dei servizi segreti non identificato, come sono state liberate le tre spie cubane che erano state condannate per le operazioni in Florida che avevano portato all’abbattimento da parte di Cuba nel 1996 di un aereo che trasportava attivisti anti-Castro. Obama ha cercato di far passare il rilascio di Gross come se non avesse nulla a che fare con lo scambio di spie, ma non c’è alcun dubbio sul fatto che la linea dura del regime cubano ha ottenuto esattamente quello che cercava quando ha preso in ostaggio Gross.

Non c’è da stupirsi se Yoani Sánchez, la principale blogger dissidente cubana, ha concluso mercoledì che «il castrismo ha vinto» e ha predetto che per settimane i cubani dovranno sopportare i proclami da parte del governo riguardo il fatto che «abbia vinto la sua più grande battaglia».

Obama ha sostenuto che questo radicale cambiamento di politica sia dovuto al fatto che la strategia di isolamento del regime comunista “ha avuto poco effetto.” È vero invece che Cuba è stata marginalizzata dall’America per decenni e il regime è stato privato di risorse finanziarie che avrebbero potuto essere utilizzate per diffondere la sua influenza maligna, come ha fatto per esempio il Venezuela. Il fatto che l’embargo non sia riuscito a distruggere il comunismo non rappresenta di per sé un argomento per abolire tutte le sanzioni, in mancanza di concessioni politiche significative da parte di Cuba.

Alcuni funzionari degli Stati Uniti hanno detto che il regime ha accettato di liberare 53 prigionieri politici e di consentire ai suoi cittadini un accesso più facile e libero a Internet. Ma Raúl Castro ha promesso quattro anni fa di liberare tutti i prigionieri politici: la Casa Bianca ha comprato lo stesso cavallo che era già stato venduto al Vaticano e alla Spagna.

L’amministrazione dice che la sua mossa trasformerà le relazioni con l’America Latina, ma questo è un punto di vista ingenuo. Agendo così, i paesi che avevano richiesto la fine delle sanzioni degli Stati Uniti contro Cuba non cercheranno di costringere l’Avana a fare riforme; invece cercheranno di fare pressione sull’amministrazione Obama perché non emetta sanzioni contro il Venezuela, per esempio. Obama dice che la normalizzazione delle relazioni diplomatiche permetterà agli Stati Uniti di essere più efficaci nel promuovere il cambiamento politico a Cuba. Questo è il contrario di quello che è accaduto in passato agli Stati Uniti con i regimi comunisti, come in Vietnam, dove la normalizzazione non ha portato alcun miglioramento in materia di diritti umani in due decenni. Inoltre nulla del passato sostegno – tiepido e incostante – da parte di Obama sul cambiamento democratico nel mondo può dare a Yoani Sánchez, e ai suoi compagni che combattono per la libertà, sicurezza nella sua promessa.

Proprio il risultato ottenuto dagli Stati Uniti in Vietnam è quello su cui contano i castristi: una marea di turisti americani e di investimenti che permettano al regime di mantenere in piedi il proprio sistema totalitario a tempo indeterminato. Obama può dire di aver smantellato una politica fallimentare che durava da cinquant’anni; ma quello che ha fatto davvero è dare una nuova prospettiva di vita a un regime fallito da cinquant’anni.

© Washington Post 2014