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  • Domenica 14 dicembre 2014

Gli arresti dei giornalisti in Turchia

Tra cui il direttore del più grande quotidiano turco: sono accusati di cospirazione contro il governo, ma molti credono che sia una mossa di Erdogan per colpire le opposizioni

Il direttore di Zaman, Ekrem Dumanli, mentre viene portato via dalla polizia turca, fuori dalla sede del suo giornale a Istanbul, il 14 dicembre 2014.
(OZAN KOSE/AFP/Getty Images)
Il direttore di Zaman, Ekrem Dumanli, mentre viene portato via dalla polizia turca, fuori dalla sede del suo giornale a Istanbul, il 14 dicembre 2014. (OZAN KOSE/AFP/Getty Images)

Domenica 14 dicembre la polizia turca ha arrestato almeno 23 persone (il Wall Street Journal dice 27) in tredici province della Turchia, tra cui molti giornalisti che lavorano nei media critici verso il governo. Tra le persone fermate ci sono anche Ekrem Dumanli, direttore di Zaman, il più grande quotidiano del paese e Hidayet Karaca a capo della televisione Samanyolu. L’accusa nei confronti delle persone arrestate è di avere cospirato, insieme a Fethullah Gülen (un religioso turco che vive in una sorta di esilio auto-imposto negli Stati Uniti) per rovesciare l’attuale governo guidato dall’ex ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu. Nei prossimi giorni ci saranno molto probabilmente nuovi arresti, visto che sono stati emessi anche altri mandati di cattura.

Domenica a Istanbul, un grande folla si era radunata fuori dagli uffici di Zaman prima dell’arrivo della polizia perché gli arresti erano stati annunciati su Twitter da Fuat Avni, un misterioso giornalista che negli ultimi mesi ha anticipato diverse operazioni della polizia (a volte prendendoci a volte sbagliandosi). Negli scorsi giorni Fuat Avni aveva pubblicato una lista di decine di giornalistaiche secondo lui sarebbero stati arrestati. Nei confronti di molti di loro domenica è stato effettivamente emesso un mandato di cattura.

 

L’operazione di domenica è probabilmente la più grande e spettacolare di una lunga serie con cui nell’ultimo anno il presidente della repubblica Recep Tayyip Erdogan e il governo del suo partito (il Partito Giustizia e Sviluppo, AKP la sigla in turco) hanno colpito gli oppositori, la magistratura e le stesse forze di polizia. Secondo molti osservatori, queste operazioni sono una risposta al grande scandalo della corruzione nel governo turco rivelato quasi esattamente un anno fa.

All’epoca, la magistratura turca autorizzò una serie di operazioni di polizia che portarono all’arresto con l’accusa di corruzione di decine di persone legate all’AKP. Lo scandalo causò le dimissioni di tre ministri e molte critiche all’allora primo ministro Erdogan, anche da parte di alcuni alleati minori. Erdogan, comunque, è riuscito a mantenere un consenso interno al paese molto alto, come ha dimostrato l’importante vittoria nelle elezioni amministrative e la sua elezione a presidente della repubblica.

Allo stesso tempo Erdogan ha iniziato una specie di “contrattacco” nei confronti delle forze che, secondo lui, hanno manipolato la magistratura per creare lo scandalo, le stesse che finanzierebbero i giornali dell’opposizione, come Zaman. Anche se non lo ha quasi mai esplicitamente nominato, Erdogan ritiene che il suo “nemico” sia Fethullah Gülen: il predicatore musulmano Gülen (che vive in Pennsylvania dal 1999 e che ha sempre negato di lavorare contro il governo) ha creato una grande rete di scuole private e religiose in tutto il Medio Oriente, ha fondato un movimento, Hizmet (“servizio”), di cui secondo Erdogan fanno parte molti esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine turche. Zaman, così come gli altri media colpiti dagli arresti di oggi, è considerato molto vicino al movimento di Gülen.

Secondo Erdogan e i suoi alleati, Hizmet rappresenta uno «stato nello stato», una specie di organizzazione segreta che ha l’obiettivo di rovesciare l’attuale governo. Il governo ha usato queste accuse per giustificare la rimozione o il trasferimento di centinaia di agenti di polizia e magistrati coinvolti nelle operazioni dello scorso dicembre e per far approvare dal parlamento una serie di nuove leggi che limitano la libertà della magistratura e della stampa.

Nel frattempo, ci sono state diverse reazioni agli arresti di domenica. Dal Giappone, il leader del principale partito di opposizione al governo (quello del Partito Repubblicano del Popolo, CHP) ha detto che quello che è successo è un “colpo di stato”. Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, e il commissario alla Politica di vicinato Johannes Hahn hanno dichiarato in un comunicato congiunto che gli arresti dei giornalisti «vanno contro i valori europei e gli standard a cui la Turchia aspira di fare parte» e sono «incompatibili con la libertà di stampa, che è il fondamento della democrazia». Hanno inoltre aggiunto che l’Unione europea si aspetta che «i principi di presunzione di innocenza prevarranno e anche l’inalienabile diritto a un’indagine giusta e indipendente, nel caso di presunti illeciti, nel pieno rispetto dei diritti della difesa».