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  • Venerdì 12 dicembre 2014

Cosa significa “precettare” i lavoratori?

Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, lo aveva deciso per lo sciopero di oggi dei lavoratori delle ferrovie: poi ha cambiato idea

Gian Mattia D'Alberto/LaPresse16-12-2011 Milanocronacastazione Centralenella foto: la stazione Centrale di Milano Gian Mattia D'Alberto/LaPresse16-12-2011 Milanin the photo: Milan's Central Rail Station
Gian Mattia D'Alberto/LaPresse16-12-2011 Milanocronacastazione Centralenella foto: la stazione Centrale di Milano Gian Mattia D'Alberto/LaPresse16-12-2011 Milanin the photo: Milan's Central Rail Station

Nell’ambito dello sciopero generale dei trasporti di venerdì 12 dicembre – proclamato da CGIL e UIL contro il Jobs Act approvato dal governo Renzi – quello relativo ai dipendenti delle ferrovie è stato indetto, precettato e poi solo ridimensionato. Nelle ore scorse il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha infatti deciso di ritirare l’ordinanza di “precettazione” contro lo sciopero di questa categoria di lavoratori – cosa che avrebbe comportato la sospensione dello sciopero stesso – a seguito di una riduzione da otto a sette ore decisa dai sindacati.

La decisione di Maurizio Lupi
Maurizio Lupi aveva deciso di precettare lo sciopero dei dipendenti delle ferrovie dopo una segnalazione della Commissione di garanzia e sciopero, autorità amministrativa indipendente istituita nel 1990 che si occupa, tra l’altro, di tutelare i diritti delle persone coinvolte dagli scioperi. Sul proprio sito, la Commissione di garanzia e sciopero aveva spiegato di aver richiesto al ministero dei Trasporti la precettazione dello sciopero del 12 dicembre perché secondo la Commissione stessa non era possibile organizzare più di uno sciopero per lo stesso settore nel giro di dieci giorni (un accordo fra sindacati e Commissione del 2004 indica in maniera generica un intervallo minimo di dieci giorni fra uno sciopero e un altro). L’11 novembre il sindacato CAT aveva già indetto uno sciopero del personale addetto alla circolazione dei treni a partire dalle 21 del 13 dicembre e fino alle 21 del giorno seguente per protestare contro il Jobs Act del governo Renzi; successivamente, si erano uniti allo sciopero altri due sindacati dei ferrovieri, lo USB e il CUB, che ne avevano proclamato uno simile per otto ore, dalle 9 alle 17 del 14 dicembre. A tutto questo si era aggiunto lo sciopero generale, con il risultato di tre scioperi consecutivi a partire da oggi per lo stesso settore.

Il presidente della Commissione di garanzia e sciopero Roberto Alessi (che è un esperto di diritto e ha collaborato con molte università italiane) ha spiegato di aver chiesto «più volte ai sindacati di escludere dalla manifestazione del 12 l’intero comparto del trasporto ferroviario», ma che «i sindacati hanno ribadito la volontà di non adeguarsi alle indicazioni dell’autorità». Susanna Camusso, segretario della CGIL, si è difesa sostenendo genericamente di aver proclamato lo sciopero «più di un mese fa»: la decisione di proclamare lo sciopero generale, però, era stata presa durante una riunione di CGIL, CISL e UIL il 19 novembre, una settimana dopo la proclamazione del CAT. La CGIL e la UIL avevano comunque fatto sapere che avrebbero rispettato l’ordinanza del ministero dei Trasporti.

La precettazione
Il termine “precettazione” deriva da una forma tarda del verbo latino praecipĕre, che fra i suoi diversi significati ha anche “ordinare”: nel linguaggio giuridico italiano, “precettare” definisce l’attività di un’autorità che ordina a un dato soggetto di comportarsi in una certa maniera e che punisce la violazione di questa norma. Il termine è applicato all’ambito degli scioperi ed è una pratica prevista dalla legge italiana, anche se attuata piuttosto raramente.

La possibilità di precettare uno sciopero attraverso un provvedimento amministrativo straordinario è prevista dalla legge 146 del 1990 che disciplina i servizi minimi da garantire in caso di sciopero e in generale dà la possibilità alle autorità statali di intervenire in casi ritenuti particolarmente critici. Tale legge è stata poi parzialmente modificata con la legge 83 del 2000. All’articolo 8 si prevede che in caso di «fondato pericolo di un pregiudizio [cioè di un danno] grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati, che potrebbe essere cagionato dall’interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici, conseguente all’esercizio dello sciopero» il presidente del Consiglio o uno dei ministri del governo (oppure il prefetto, nel caso di uno sciopero locale) possano emettere un’ordinanza.

I diritti alla persona costituzionalmente tutelati sono nominati all’articolo 1 della stessa legge e sono quelli «alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione ed alla libertà di comunicazione». Devono per esempio essere garantite la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani, la continuità dei servizi degli asili nido, delle scuole materne e delle scuole elementari, l’approvvigionamento di energie, risorse naturali e beni di prima necessità e la gestione e la manutenzione dei relativi impianti «limitatamente a quanto attiene alla sicurezza degli stessi». Insomma, un livello minimo di servizio.

La legge prevede anche che prima di emettere l’ordinanza venga fatto un «tentativo di conciliazione» tra le parti per cercare di trovare un accordo con il sindacato per risolvere il problema. Nel caso non si raggiunga un nuovo accordo, viene emessa l’ordinanza e lo sciopero – che non viene annullato, poiché il diritto a scioperare è previsto dall’articolo 40 della Costituzione – viene sospeso per quel giorno e rinviato a un altro giorno o ridotto per «assicurare livelli di funzionamento del servizio pubblico compatibili con la salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati». Anche l’autorità che emette l’ordinanza, comunque, deve rispettare alcuni criteri stabiliti dalla legge: la precettazione deve essere emessa almeno 48 ore prima dell’inizio dello sciopero (nel caso non siano ancora in corso trattative fra ministero e sindacato) e l’utenza dei servizi coinvolti dev’esserne adeguatamente informata.

All’articolo 9 la legge prevede le sanzioni in caso di mancato rispetto della precettazone. Per i singoli lavoratori che non rispettano l’ordine di precettazione, la legge prevede multe «da un minimo di lire 500.000 ad un massimo di lire 1.000.000» al giorno (la legge è del 2000). Possono essere previste ulteriori sanzioni disciplinari anche da parte dell’azienda. I sindacati, invece, ricevono una multa «da lire 5.000.000 a lire 50.000.000» per ogni giorno a seconda della grandezza dell’associazione e della gravità del fatto. I lavoratori e i sindacati multati possono contestare i provvedimenti presi nei propri confronti al TAR. Le somme percepite vengono devolute all’Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione dell’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria.

La precettazione è stata utilizzata per uno sciopero dei trasporti ferroviari nel novembre 2008 dall’allora ministro Altero Matteoli. Nel dicembre del 2007 il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi precettò uno sciopero degli autotrasportatori imponendo che finisse in anticipo rispetto a quanto stabilito dai sindacati. Nel settembre del 2005, invece, il ministro dei Trasporti Pietro Lunardi aveva precettato diversi scioperi del personale di Alitalia durante uno dei tentativi di ricapitalizzazione dell’azienda.

E quindi?
Il ministro dei trasporti Maurizio Lupi ha alla fine deciso di revocare l’ordinanza di precettazione poiché è stato raggiunto un accordo con i sindacati che, ha spiegato, hanno ridotto il tempo sia dello sciopero del 12 – che finisce alle 16 invece che alle 17 «con un grande vantaggio per i pendolari» – sia di quello di sabato 13 e domenica 14 «che salva la fascia serale di sabato iniziando alle 24 invece che alle 21». Nella faccenda è intervenuto anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi, in visita ad Ankara, che durante una conferenza stampa ha detto di non essere d’accordo con le motivazioni dello sciopero generale ma anche che il diritto allo sciopero è garantito dalla Costituzione e «noi lo rispettiamo».

foto: Gian Mattia D’Alberto/LaPresse