È nata prima la brutta politica o l’antipolitica?

Se lo chiede Antonio Polito sul Corriere della Sera, riflettendo sulle cose dette mercoledì da Napolitano

In prima pagina sul Corriere della Sera di giovedì Antonio Polito commenta quello che ha detto mercoledì il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sui “rischi dell’antipolitica” e su chi la fomenta. Polito spiega come sia intricata e instabile la riflessione su quello che è successo intorno al ruolo e all’immagine della politica italiana negli ultimi due decenni, e come sia difficile giudicare se abbia cominciato prima la politica a prestare il fianco agli attacchi legittimi mescolati a quelli qualunquisti e strumentali, o i suoi critici a volerla distruggere strumentalmente facendone uscire il peggio. E indica come responsabilità diffuse riguardino molti politici vecchi, molti politici nuovi, e i media pure, come dice Napolitano: senza che nessuno si senta assolto (forse non è tanto di una sterile autocritica – rivolta al passato – che c’è bisogno, come sostiene Polito: ma di un cambio di approccio nel presente e nel futuro).

Giorgio Napolitano ha dedicato gli anni della sua presidenza alla difesa della politica democratica. Si capisce dunque che, forse anche cominciando a trarne il bilancio, indichi oggi con toni accorati nell’antipolitica «la più grave delle patologie del nostro vivere civile», e la bolli addirittura come «eversiva». Non è un fenomeno di questi giorni, e non può essere nemmeno esclusivamente identificato con gli ultimi arrivati come Grillo, che se ne è adombrato, o come Salvini, che lo ha fuso in una miscela esplosiva con l’antieuropeismo, esplicitamente condannata da Napolitano. E infatti il presidente ricorda correttamente come l’antipolitica alberghi tra noi almeno dal 1992, al punto che essa è stata tra le fondamenta su cui è stata edificata la Seconda Repubblica, una Repubblica senza partiti e contro i partiti, il cui frutto non è stato però una rigenerazione democratica ma la degenerazione di una politica che Napolitano ha definito «senza moralità», predatoria, personalistica, non meno ladra di quella che c’era prima, ma per di più scalabile dai poteri criminali, come i fatti di Roma dimostrano. È il punto che merita di essere approfondito nell’analisi del presidente: tra la degenerazione della politica e la degenerazione nell’antipolitica, quale viene prima? E, soprattutto, qual è oggi «la più grave delle patologie»? Napolitano mette l’accento sulla seconda; e sui media, rimproverando loro di essere stati corrivi con l’onda antipolitica, così alimentandola.

(continua a leggere sul sito del Corriere della Sera)