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  • Mercoledì 10 dicembre 2014

I medici contro ebola sono le persone dell’anno di Time

La rivista statunitense Time li ha scelti perché nel 2014 "hanno rischiato e insistito, si sono sacrificati e hanno salvato delle vite"

La rivista Time ha scelto i medici impegnati per combattere e contenere la più grande epidemia di ebola della storia come persone dell’anno del 2014. I manifestanti di Ferguson sono arrivati secondi tra i finalisti, seguiti dal presidente russo Vladimir Putin, dal leader politico curdo Massoud Barzani e dall’amministratore delegato di Alibaba, Jack Ma. La lista completa dei finalisti è qui.

Tutte le persone dell’anno di Time

Dalle motivazioni della rivista:

Per decenni il virus ebola ha ossessionato i villaggi rurali africani come una specie di mostro mitologico che a intervalli di anni chiedeva un sacrificio umano e poi tornava nelle sue caverne. Ha raggiunto l’Occidente solo sotto forma di incubo, una specie di dramma hollywoodiano che faceva sanguinare gli occhi, che scioglieva gli organi e faceva disperare i medici.

Ma il 2014 è stato l’anno in cui il contagio episodico si è trasformato in un’epidemia, anche a causa dello stesso progresso che ha permesso di costruire città e strade e sollevare milioni di persone fuori dalla povertà. Questa volta ebola ha raggiunto le baraccopoli della Liberia, della Guinea e della Sierra Leone; ha viaggiato in Nigeria e in Mali, in Spagna, in Germania e negli Stati Uniti. Ha coinvolto medici e infermieri in quantità senza precedenti, cancellando infrastrutture sanitarie pubbliche che erano già debolissime. In un giorno di agosto, in Liberia, sei donne incinte hanno perso i loro bambini perché gli ospedali non potevano ricoverarle. Chiunque volesse curare i malati di ebola correva il rischio di diventarlo.

Questo ci porta ai cuori dei nostri eroi. Non c’era molto che si potesse fare per ostacolare la diffusione della malattia. I governi non erano adeguatamente equipaggiati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha perso tempo. I primi soccorritori sono stati accusati di gridare “al lupo”, anche quando la situazione si stava deteriorando. Ma le persone sul campo, le forze speciali di Medici Senza Frontiere, di Samaritan’s Purse e di molte altre organizzazioni umanitarie da tutto il mondo hanno combattuto fianco a fianco con i medici e le infermieri sul posto, con gli autisti delle aumbulanze e con chi si occupava delle sepolture.

Chiedetegli perché lo hanno fatto. Alcuni parleranno di Dio, altri della patria, altri dell’istinto innaturale che li porta a correre verso il fuoco e non lontano dal fuoco. «Se qualcuno dall’America viene ad aiutare il mio popolo, e qualcuno anche dall’Uganda», ha detto un infermiera liberiana, Iris Martor, a Liberian nurse, «perché non dovrei farlo io?». Foday Gallah, un autista di ambulanza che è sopravvissuto alla malattia, dice che la sua immunità adesso è un dono divino. «Voglio dare il mio sangue per salvare le persone», dice. «Ho intenzione di combattere ebola con tutto me stesso».

L’epidemia di ebola è iniziata in Guinea nel dicembre del 2013 e nei mesi successivi si è diffusa in Liberia e Sierra Leone, interessando con un numero contenuto di casi anche altri paesi dell’Africa occidentale. In circa un anno ci sono stati quasi 18mila contagi e l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che siano morte quasi 6.700 persone, soprattutto in Liberia, Sierra Leone e Guinea, dove si è anche verificato il numero più alto di casi. L’epidemia in Nigeria è stata contenuta rapidamente e l’emergenza è stata dichiarata conclusa dall’OMS il 20 ottobre scorso. Una decina di persone, per lo più personale sanitario, che hanno contratto ebola in Africa occidentale sono state curate nei loro paesi di appartenenza, come Stati Uniti, Spagna e Germania. Un medico italiano di Emergency ha contratto il virus in Liberia ed è in cura dal 25 novembre scorso presso l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. Le sue condizioni cliniche sono migliorate nelle ultime ore.

Ebola fu identificato per la prima volta nella Repubblica Democratica del Congo nel 1976. Il virus causa febbre, vomito, disturbi intestinali con forte disidratazione ed emorragie interne, che possono causare la morte. Non esiste un vaccino per evitare di ammalarsi, anche se ce ne sono diversi in avanzata fase di sperimentazione. Di solito quando viene diagnosticata la malattia si viene ricoverati e messi in isolamento, per evitare il contagio di altre persone. Dopodiché vengono avviate terapie per ridurre il più possibile la febbre, mantenere idratati i pazienti e tenere sotto controllo il decorso della malattia. Chi guarisce lo deve principalmente al proprio sistema immunitario, che riesce a superare l’infezione e a rendere innocuo il virus, come avviene dopo qualche giorno per un’influenza.

Dal 1927 ogni anno la rivista statunitense Time dedica il suo numero di fine anno a una persona: la “persona dell’anno”. La “persona” può anche essere una figura generica e non una persona con nome e cognome: come il “Patriota ungherese” del 1956, la Terra, il Computer, il Soldato Americano e la creativa trovata dello specchio dedicato al lettore, “You”, nel 2006. L’anno scorso la persona scelta fu Papa Francesco.