La nuova “Google tax” nel Regno Unito

Il governo ha annunciato che alle multinazionali che eludono il fisco – spostando i ricavi in paesi dove si pagano meno tasse – sarà applicata un'imposta più alta a partire da aprile

Durante la presentazione della legge finanziaria per il 2015 davanti ai membri del Parlamento britannico, il ministro delle Finanze (Cancelliere dello Scacchiere) George Osborne ha annunciato che da aprile nel Regno Unito sarà in vigore un nuovo regime di tassazione per le multinazionali che sono attive nel paese e che “spostano artificialmente” i loro utili all’estero per pagare meno tasse. Il provvedimento potrebbe interessare soprattutto alcune grandi aziende tecnologiche come Google, Apple e Amazon, che riescono a pagare meno tasse grazie alla mancanza di un sistema fiscale uniforme nell’Unione Europea. Ma ce ne sono molte altre che seguono pratiche simili, a partire dalla catena di caffetterie statunitense Starbucks.

La nuova legge è stata già chiamata “Google tax” dai media britannici, un’espressione usata in passato per iniziative simili annunciate da altri paesi europei – Italia compresa – e che finora non hanno portato a grandi risultati. Durante il suo discorso Osborne non ha dato molte informazioni su come funzionerà di preciso la nuova tassa, ma una nota del ministero spiega che “se una società è molto attiva nel Regno Unito – per esempio attraverso le vendite – e riesce a evitare di pagare le tasse nel paese spostando i suoi utili generati nel Regno Unito in altri paesi sfruttando le regole internazionali sulla tassazione, il Regno Unito sarà ora in grado di tassare quegli utili al 25 per cento”.

Il tasso del 25 per cento è più alto del 21 per cento di solito applicato nel Regno Unito per le aziende. L’idea è quindi disincentivare la creazione da parte delle società di strutture finanziarie piuttosto arzigogolate, con aziende controllate che fanno poi riferimento ai paesi europei dove la tassazione è molto più bassa, come l’Irlanda o il Lussemburgo. Citando genericamente le aziende tecnologiche, Osborne ha spiegato che il nuovo sistema permetterà di bloccare il fenomeno, garantendo fino a un miliardo di sterline (1,28 miliardi di euro) in più nei prossimi cinque anni alle casse del Regno Unito.

Salvo cambiamenti di programma, il sistema sarà attivo dal prossimo aprile, quindi le società interessate dovrebbero avere il tempo per adeguarsi alle nuove regole, o come osservano gli scettici a organizzarsi per trovare modi per aggirare anche la nuova norma. Come ricorda il Guardian, nel 2012 un’indagine rivelò che sette delle più grandi aziende tecnologiche statunitensi, tra le quali c’erano anche Facebook, Microsoft e Yahoo, avevano pagato appena 54 milioni di sterline (68,9 milioni di euro) di tasse. Nello stesso periodo avevano generato ricavi per 1,7 miliardi di sterline (2,17 miliardi di euro).

Il tema delle aziende tecnologiche che riescono a pagare pochissime tasse nei paesi europei dove sono attive è discusso da tempo, ma fino a ora non si è arrivati a una soluzione condivisa per risolvere il problema. Una proposta italiana qualche tempo fa – soprannominata “web tax” – fu molto discussa e infine accantonata. I governi di Italia, Francia e Germania hanno di recente scritto al nuovo commissario europeo per le politiche economiche e del fisco, Pierre Moscovici, chiedendo che sia attuata al più presto una riforma per impedire alle aziende di sfruttare la scarsa omogeneità dei sistemi fiscali europei a loro vantaggio. La proposta è di adottare entro la fine del 2015 una nuova direttiva, che comprenda regole più rigide anche per la costituzione delle aziende controllate, che le multinazionali utilizzano per trasferire più facilmente i ricavi nei paesi dove la tassazione è più bassa.